Slow page dei Missionari della consolata

Fratelli tutti. Migrazioni

Chi è lo straniero?

Ecco il primo di tre schemi d’incontro per animare gruppi giovanili a partire dalla lettera enciclica di papa Francesco, «Fratelli tutti».


Tema: migrazioni.
Obiettivo: favorire un processo di conoscenza delle problematiche migratorie e di analisi dei propri comportamenti. Promuovere l’incontro e la fraternità.
Durata dell’incontro: 4h circa.
Destinatari: dai 14 anni in su.
Materiale: uno specchio, una tela, fogli, penne, pc e proiettore.

«Fratelli tutti» (Ft), l’ultima enciclica che papa Francesco ha regalato alla Chiesa, è un invito a riconoscere che siamo tutti fratelli, ma davvero tutti.
Il percorso che presentiamo in questo numero di amico e nei prossimi, articolato in tre tappe, può essere utile per tracciare un cammino di crescita nella consapevolezza di questo legame che unisce gli uomini tra loro, e offre strumenti e suggerimenti per animare i gruppi nella direzione della fraternità con tutti.
Ripercorrendo la parabola del buon samaritano (Lc 10,25-37), ampiamente trattata nel secondo capitolo dell’enciclica, affronteremo tre tematiche differenti.
Attraverso la prima che riguarda il fenomeno migratorio, si potranno aiutare i ragazzi a prendere coscienza del fatto che ciascuno è straniero nei confronti di qualcun altro e che ci sono vari modi di incontrare l’altro.
Faremo una panoramica sulle cause e sui numeri delle migrazioni, e concluderemo invitando a scegliere l’incontro e la fraternità.

Introduzione

Oggi si sente parlare spesso di «straniero», un termine che assume connotazioni diverse a seconda di chi lo pronuncia e del destinatario. Lo «stra» di «straniero», «estraneo», «strano», deriva dalla parola latina «extra», ciò che «sta fuori» rispetto a ciò che «sta dentro». Da qui nasce una conseguenza culturale: ciò che sta fuori dal mio «dentro» è estraneo alla mia vita e potenzialmente nemico.
«Un estraneo sulla strada» è il titolo del secondo capitolo di Fratelli tutti. Di che estraneo parla?
Leggiamo la parabola del buon samaritano.

Leggere o rappresentare il brano di Lc 10,25-37 e fermare l’attenzione sul malcapitato.

1/ Chi è lo straniero?

Dinamica: specchio.

Con l’attività intitolata specchio, aiutiamo i ragazzi a rendersi conto che tutti siamo stranieri.
C’è bisogno di tre ambienti: i ragazzi inizialmente stanno tutti nel primo. Da lì, uno per volta, passano al secondo, e poi al terzo. L’unica cosa che viene detta loro, è che vedranno l’immagine di uno straniero. Non devono sapere come si chiama l’attività, né cosa li aspetta.
Nel secondo ambiente, un animatore tiene in mano lo specchio coperto con una tela. Quando il ragazzo si avvicina, l’animatore gli dice: «Ecco chi è lo straniero», e quindi scopre lo specchio. Poi invita il ragazzo a uscire e chiama il successivo.
I ragazzi che arrivano nella terza stanza sono invitati al silenzio e ricevono un foglietto con alcune domande. Riflettono, ciascuno per sé, per qualche minuto:

  • Come ti sei sentito davanti a quell’immagine?
  • Ti sembra corretto dire che sei straniero?
  • Per chi sei straniero?
  • Quando ti abbiamo detto che ti avremmo mostrato l’immagine di uno straniero, quale immagine ti è venuta in mente?

Quando tutti i ragazzi hanno riflettuto sulle domande, l’animatore li invita a condividere le loro risposte, puntualizzando che nessuno può commentare le parole degli altri e che non ci sarà dibattito. Dopo aver ascoltato le risposte dei ragazzi, l’animatore chiede ad alcuni qualche informazione sul loro futuro: ad esempio, che lavoro farai, con chi ti sposerai, dove abiterai… questo per sviluppare un discorso su quanto sia estraneo a noi anche il nostro futuro e, in definitiva, su quanto ciascuno di noi sia estraneo anche a se stesso: non ci conosciamo fino in fondo, a volte ci meravigliamo delle nostre reazioni, e non sappiamo cosa ci attende in futuro.

Dinamica: lo conosci?

Per proseguire la riflessione sulla parola «straniero», l’animatore chiede ai ragazzi di dividersi a due a due. A ogni ragazzo viene dato un foglio con diverse domande sull’amico, alcune superficiali, altre più profonde: che numero di scarpe porta, come si chiamano i suoi genitori, la sua canzone preferita, a che ora si alza di domenica, cosa gli fa più paura, quando è felice, il suo sogno, in cosa si sente bravo, in cosa invece un fallimento, e così via.
I ragazzi non dovranno rispondere alle domande, solo contare a quante saprebbero dare una risposta. Lo scopo è quello di far comprendere com’è difficile conoscersi fino in fondo.
L’animatore potrebbe domandare ai ragazzi se sarebbero capaci di rispondere a quelle domande anche riguardo ai loro fratelli o sorelle, ai loro genitori o nonni. Infine commentare insieme il gioco per giungere alla consapevolezza che ciascuno è un po’ estraneo a sé e agli altri.

2/ Per conoscermi, ho bisogno dell’altro

Dinamica: disegna il tuo volto.

L’animatore invita i ragazzi a disegnare il proprio volto e poi, seduti a due a due, a disegnare il volto del compagno.
Questa attività è utile per stimolare la riflessione sul fatto che è più facile disegnare l’altro che me stesso: il mio volto non lo vedo, se non ho uno specchio, e per conoscermi ho bisogno dell’altro che mi rivela a me.
Se gioco a calcio da solo posso fare sempre goal, ma se gioco con gli altri, mi renderò conto se sono bravo o no!

SG visit to Hasanshan Camp, Northern Iraq, 31 March 2017 Hassan Shan Camp, Northern Iraq Hassan Shan camp in northern Iraq. The camp was opened by the UN Refugee Agency (UNHCR) in November 2016 to help accommodate people displaced from Mosul since the start of the offensive to retake Iraq’s second city from ISIL the previous month. Secretary-General António Guterres visited the camp on 31 March. UN Photo/Sarmad Al-Safy 31 March 2017 Northern Iraq, Iraq

3/ Incontrare l’altro

Gioco di ruolo: un invito a cena.

A questo punto l’animatore invita tre ragazzi a realizzare tre brevi scenette. I personaggi saranno: un figlio/a, un padre/madre e l’amico del figlio che viene a trovarlo a casa. Le tre scenette dovranno mostrare tre modalità di accoglienza. Nella prima, il genitore si rifiuta di accogliere l’amico, perché ha altro da fare; nella seconda, il genitore accoglie l’amico del figlio tessendo le lodi del proprio figlio a discapito dell’amico; nella terza il genitore accoglie l’amico del figlio interessandosi a lui e mettendolo a proprio agio.
I ragazzi che assistono alla scenetta, diranno poi le proprie considerazioni.
Provocazione: l’etimologia del termine accoglienza è «apertura, perché l’altro entri in me». Tu come accogli l’altro? Lo sopporti, ti disinteressi? Il tuo modo di vivere è quello giusto e l’altro si deve solo adeguare? Senti di non avere bisogno dell’altro? Ti apri e lasci entrare l’altro nella tua vita? Entri nella sua vita?
L’animatore, dopo aver condotto il dibattito, proietta il video Io non sono razzista, però, sul tema di come stiamo accogliendo lo straniero. Dopo la visione, lo si commenterà insieme.

4/ Diritto a emigrare

«Allarghiamo la nostra cerchia, dando alla nostra capacità di amare una dimensione universale, in grado di superare tutti i pregiudizi, tutte le barriere storiche o culturali, tutti gli interessi meschini» (Ft 83).

Dinamica: dove viaggerai?

Chiedere ai ragazzi che scrivano su un post-it dove piacerebbe loro fare un viaggio e perché. Se immaginano che un giorno potranno andare all’estero per studio o lavoro.
L’animatore fa poi emergere che non tutti nel mondo possono andare dove vogliono, e proietta il sito www.passportindex.org dal quale si ricava che un italiano può viaggiare in 98 paesi senza visto, mentre, ad esempio, un congolese in dodici, un iracheno in quattro. Ai cittadini di molti paesi, poi, il visto non viene concesso. Così, l’unico modo per loro è spendere molto più denaro rispetto a un biglietto aereo e, soprattutto, rischiare la vita viaggiando in modo irregolare.
I migranti italiani che sono andati o nati in altri paesi del mondo nell’ultimo secolo sono tra 60 e 80 milioni, cioè pari agli attuali abitanti del nostro paese. Perché noi possiamo emigrare ma non tutti vogliamo accogliere gli immigrati?
L’animatore legge il seguente testo, alla fine chiederà di chi parla: «Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura. Molti di loro puzzano perché tengono lo stesso vestito per molte settimane. Si costruiscono baracche di legno e alluminio nelle periferie delle città, dove vivono vicini gli uni agli altri. Quando riescono ad avvicinarsi al centro, affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. […] Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili. Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina, ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini anziani invocano pietà con toni lamentosi e petulanti. Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti fra loro. Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti».
Si tratta della relazione dell’Ispettorato dell’immigrazione per il Congresso Usa dell’ottobre 1932 riferita ai migranti italiani.

5/ I migranti oggi

L’animatore mostra il video Global Trends 2019: l’1% dell’umanità è stato costretto a fuggire.

Lavoro di gruppo

Dopo aver spiegato la differenza tra migrante e rifugiato, l’animatore divide i ragazzi in gruppetti per rispondere a queste domande: Quali sono le nazioni di provenienza dei rifugiati? E le nazioni di destinazione? Quali i fattori che li spingono a emigrare e quelli che li attraggono verso una determinata meta?
Dalla condivisione dei lavori di gruppo e alla luce anche di Ft 37-38, l’animatore fa emergere una visione del fenomeno migratorio non condizionata da pregiudizi.

In conclusione dell’incontro sarebbe utile e bello ospitare la testimonianza di un migrante.

Conclusione

L’esistenza di ciascuno di noi è legata a quella degli altri: la vita non è tempo che passa, ma tempo d’incontro (cfr. Ft 66).
Avere una visione realistica del fenomeno migratorio ci aiuta a capire che l’accoglienza è una questione di giustizia. Si potrebbero approfondire anche i motivi per cui i paesi di provenienza dei migranti, spesso molto ricchi di risorse, sono poveri.
Al di là di ogni lettura o diagnosi, ritorniamo a Gesù che invita a guardare l’uomo mezzo morto sulla strada e a soccorrerlo, a non essere indifferenti e a donargli tempo e vicinanza.
L’animatore legge ancora Ft 81 e 129 e lo commenta.
Chiamata all’azione: infine l’animatore invita i ragazzi a far emergere attraverso il confronto alcune proposte da attuare, insieme e personalmente, per crescere nell’accoglienza.
Concludiamo l’incontro con la lettura della poesia A mio fratello bianco di Leopold Sedar Senghor.

A mio fratello bianco

Caro fratello bianco,
quando sono nato, ero nero
quando sono cresciuto, ero nero
quando vado al sole, sono nero
quando ho paura, sono nero
quando sono malato, sono nero
quando morirò, sarò nero.

Mentre tu, uomo bianco,
quando sei nato, eri rosa,
quando sei cresciuto, eri bianco,
quando vai al sole, sei rosso,
quando hai paura, sei verde,
quando sei malato, sei giallo,
quando morirai, sarai grigio.

Allora, di noi due, chi è l’uomo di colore?


Preghiera: Ave Maria presentando alla Madre ogni figlio che cerca la vita.

di Felicia Romano e Gonzalo Salcedo (Comunità Missionaria di Villaregia)

Leggi, scarica, stampa da MC maggio 2021 sfogliabile.

A mother speaks with her daughter while standing in the shade at Dayniile IDP camp on the outskirts of Mogadishu, Somalia, on March 6, 2017. UN Photo/Tobin Jones
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