Slow page dei Missionari della consolata

Mostrare il Padre secondo Giovanni

Generare la fede nel cuore delle persone

Crocifissione in un manoscritto miniato dell'XI sec ad Axum, in Etiopia.

Sin dall’inizio, il Vangelo di Giovanni tratteggia il vero scopo del mandato missionario: generare la fede nel cuore delle persone mostrando chi è il Padre. Ecco la quinta puntata sulla  spiritualità missionaria.

Il vero modello di preghiera che emerge dal Nuovo Testamento è rappresentato dalla persona di Gesù. Questo principio vale a maggior ragione per il Vangelo di Giovanni. Gesù, rivolto ai suoi discepoli, dice: «Io sono la via, la verità e la vita» (Gv 14,6): tre caratteristiche della persona del Maestro che indicano al discepolo missionario la direzione da percorrere per diventare testimone.
Sin dall’inizio, Giovanni tratteggia il vero scopo del mandato missionario: generare la fede nel cuore delle persone. Il Battista è mandato per essere il testimone della luce, ma soprattutto «perché tutti possano credere attraverso lui» (Gv 1,6). Questo stesso scopo viene di nuovo esplicitato alla fine, creando una specie di cornice che include tutto il Vangelo. In Gv 20,31, infatti, si afferma che i segni operati da Gesù sono stati scritti nel Vangelo «perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome».
L’evento decisivo che ci mostra il Padre, e ci dona la salvezza (cf. 3,7), è Gesù.

Inviato dal Padre

La missione di Gesù nasce dal cuore della Trinità: il Padre decide di inaugurare una fase nuova e definitiva per la salvezza del mondo e invia il suo Figlio amato. Gesù, Parola eterna, da sempre rivolto al seno del Padre, discende verso l’umanità.
L’autore del quarto Vangelo, con esplicito riferimento alla creazione, descrive il movimento discendente del Verbo: «Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo» (1,9). Il Verbo entra nel mondo, ma il mondo non lo riconosce. Il caos e le tenebre sono invasi dalla potenza della Parola. Anche se preferiscono rimanere nel disordine e nell’oscurità, il Verbo non si disarma e continua la sua discesa arrivando in Israele. Viene tra la sua gente con l’intento di completare la rivelazione dell’Antico Testamento (cf. 1,11). Nemmeno il suo popolo però è pronto a riconoscerlo. Infine, il Verbo decide di piantare la tenda in mezzo a noi, assumendo la natura umana e diventando uno di noi (cf. 1,14).
Il movimento discendente del Verbo termina dove vive la gente. Egli entra nella vita di quanti vogliono accoglierlo. Che il mondo lo voglia o meno, d’ora in poi deve avere a che fare con lui. Il suo apparire nella storia diventa subito segno di contraddizione.
Il Verbo è venuto nel mondo come Sapienza, in continuazione della Sapienza antica. Come la Sapienza, egli è «dall’alto» (3,1). È disceso «dal cielo» (3,13.31; 6,33.38.41-42.50-51.58). Come la Sapienza antica, egli «fa sentire la sua voce» (cf. 7,28.37), e a tutti annuncia di essere «la luce» (cf. 8,12; 9,5).
Gesù, in quanto Parola, chiede ascolto, attenzione, silenzio, perché si possa sentire il soffio della brezza mattutina che porta alle genti il messaggio di salvezza (cf. 1Re 19,12). Egli ha un messaggio misterioso da rivelare, perché ha vissuto dall’eternità con il Padre e lo Spirito. La sua rivelazione è un’accorata interpellanza, ma le persone sono troppo impegnate per fermarsi e rispondere al suo appello di comunione con lui.

Gesù rivela il Padre
Un volto di padre.
Un padre porta la figlia sulle spalle mentre i residenti fuggono dall’acqua in cerca di un riparo, dopo che le forti piogge causate dalla tempesta tropicale “Noel” hanno allagato le loro case a Cité Soleil, ad Haiti.
30 / Ott / 2007. Port-au-Prince, Haiti. Foto ONU / Logan Abassi. www.un.org/av/photo/

Lo scopo primario della venuta di Gesù sulla terra è che tutti possano conoscere il Padre, e colui che egli ha inviato (cf. 17,3). Gesù realizza la sua missione rendendo testimonianza dell’esperienza che ha avuto sin dal principio (cf. 1,18). Egli è qualificato a rendere testimonianza perché «lui e il Padre sono una cosa sola» (10,30) e perché lui proviene dal Padre. Gesù fa e dice esattamente quanto il Padre fa e dice. Il Verbo si manifesta nel tempo e nello spazio come irradiazione di quello che è: luce (cf. 1,4; 8,12; 9,5) e verità (cf. 14,6).
Gesù in quanto verità e parola, non ha il ruolo di eliminare le tenebre dal mondo e neppure la funzione di confutare gli errori. Il suo ruolo principale è di dare la vita e darla in abbondanza (cf. 10,10). Egli si manifesta come luce che illumina la via che conduce al Padre.
Ancora meglio: la sua missione è quella di comunicare la sua esperienza di quanto ha visto e sentito. Infatti dice: «Noi parliamo di ciò che sappiamo e testimoniamo ciò che abbiamo veduto; ma voi non accogliete la nostra testimonianza» (3,11); e ancora: «Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro» (8,38); «ma colui che mi ha mandato è veritiero, e le cose che ho udito da lui, le dico al mondo» (8,26; cf. 8,40); «chi viene dal cielo è al di sopra di tutti. Egli attesta ciò che ha visto e udito» (3,31-32).
Il Vangelo usa di proposito i termini «sentire» e «vedere». Queste sono le categorie che ci permettono di comprendere appieno la sua missione. In quanto parola egli va ascoltato. Il Verbo fatto carne non ha alcun altro messaggio se non quello del Padre. Egli si è avventurato tra l’umanità con il solo scopo di partecipare a tutti la sua esperienza di comunione con il Padre.

Revisione della vita

Il fatto che il Maestro è venuto a comunicare la sua esperienza del Padre richiede che noi, da parte nostra, rivediamo sia il nostro modo di intendere la missione sia la nostra spiritualità. Si deve mettere in atto una revisione radicale della nostra vita di missionari. La spiritualità missionaria deve essere contrassegnata da un’attitudine contemplativa, deve diventare un’eco che si riverbera sulle pareti del cuore dell’umanità.
Solo in forza di una propria esperienza di comunione con Cristo, il missionario può «rivelare», «mostrare», «insegnare», «proclamare», «annunciare», «rendere testimonianza».
Questo è esattamente quello che accade a Gesù al momento del compimento dell’ora. Egli è rivolto verso «quell’ora», per la quale è venuto (cf. 12,27), per rendere testimonianza alla verità, come afferma davanti a Pilato (cf. 18,37), ed esattamente per svelare finalmente la vera natura del Padre. Al culmine della sua «ora», il suo essere filiale si manifesta, nella trasparenza assoluta, come pura obbedienza al Padre e come pura espressione dell’amore del Padre per il mondo.
Nel momento in cui Gesù raggiunge l’apice dell’umiliazione sulla croce, ottiene anche la sua massima glorificazione (cf. 12,23.28; 13,31). È giunto il grande momento della teofania del Padre, che nel Figlio sulla croce si rivela come amore. La grandezza dell’amore del Padre per l’umanità si manifesta nelle braccia del Figlio stese sulla croce come per abbracciare l’umanità intera.
Gesù sulla croce è la trasparenza dell’amore infinito del Padre e come tale si costituisce modello della spiritualità missionaria. Dovunque il missionario si trovi e qualunque compito gli sia affidato deve essere la trasparenza del Padre che continua ad agire nella storia umana, perché tutti siano salvi.

di Antonio Magnante

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