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Contro la fame

Suggerimenti e strumenti sulla questione del cibo e della fame nel mondo

Ragazza malnutrita in Niger. Nel villaggio di Katanga, vicino a Fakara, in Niger, la ragazza pesta il miglio mentre si prende cura del fratellino. Come molte altre ragazze adolescenti, mostra segni di malnutrizione (foto in CC da ILRI / Stevie Mann). https://www.flickr.com/photos/ilri/5244618523/

Ecco la terza scheda per animare gruppi sul tema degli obiettivi di sviluppo sostenibile: suggerimenti e strumenti sulla questione del cibo e della fame nel mondo.

Il secondo obiettivo di sviluppo sostenibile dell’Onu per il 2030 è «Sconfiggere la fame».
Si tratta di un obiettivo ambizioso, ma non impossibile.
L’estate scorsa abbiamo preso parte a un campo scuola, e ci siamo resi conto di quanto cibo venisse buttato dopo ogni pasto. La quantità di cibo sprecato dopo una settimana di campo ci ha fatto riflettere.
Due anni fa, ai campi scuola di casa Milaico, il cui tema era proteggere la Terra, seguendo come guida l’enciclica di papa Francesco, la Laudato Si’, avevamo escogitato un metodo interessante: indire una gara di «minor spreco», per vedere quale campo avrebbe sprecato meno cibo. Ogni giorno si pesavano i cestini dell’umido e si controllavano il contatore di acqua ed elettricità. Ogni settimana c’era un campo scuola diverso e così alla fine delle quattro settimane era stato eletto il campo più «risparmioso».
Per i ragazzi non c’è niente di meglio che trasformare tutto in una sfida. Chi chiudeva l’acqua quando qualcuno la lasciava scorrere troppo mentre si lavava i denti, chi si assicurava che tutte le luci della stanza fossero spente prima di uscire e a tavola si impegnavano per prendere solo il cibo che sapevano sarebbero riusciti a mangiare. Insomma, l’esperimento era riuscito.

A che serve?

Ma una domanda che spesso sentivamo era: «A cosa serve? Mica salvi i bambini africani che muoiono di fame…». In effetti è così. Spesso di fronte ai problemi del mondo ci si sente profondamente impotenti. Ma pensiamo che il problema della fame nel mondo sia influenzato anche dallo stile di vita che noi assumiamo. Cambiare mentalità, rendersi conto della fortuna che abbiamo può farci cambiare atteggiamento. E se tutti noi cambiamo, forse anche il mondo cambia.
Quando l’anno successivo abbiamo fatto un’esperienza di missione a Vilanculos in Mozambico e abbiamo visto con i nostri occhi bambini che soffrivano la fame, ci siamo resi conto del problema. Spesso si rischia di nominare questi «bambini africani» quasi come un’entità astratta, una sorta di carta da giocare quando si affrontano temi delicati, ma guardandoli negli occhi diventano reali e allora capisci che non puoi più trattarli come qualcosa di ignoto e lontano e quindi trascurabile.

Le cause della fame

Ma non si tratta solo di non sprecare cibo o di mangiarne di meno. Le cause della fame nel mondo sono molteplici: dall’impoverimento di molti paesi determinato da secoli di colonialismo e da poteri locali corrotti ai conflitti armati, dalla disparità di genere al cambiamento climatico. Se ne potrebbe parlare per giorni. Le donne ad esempio sono fondamentali in agricoltura e rappresentano il 45% della forza lavoro. Ma, nonostante questo, non hanno le stesse possibilità degli uomini. Se le donne attive in agricoltura avessero pari accesso alle risorse rispetto agli uomini, il numero delle persone che soffre la fame nel mondo si ridurrebbe di 150 milioni di persone.

Distretto di Da Bac, provincia di Hoa Binh, Vietnam (foto in CC da ILRI / Chi Nguyen). link: https://www.flickr.com/photos/ilri/27941706197/in/datetaken/

Un’altra accortezza fondamentale è modificare il modo in cui si produce il cibo. L’agricoltura intensiva, fonte di inquinamento e responsabile della riduzione della biodiversità, non è più sostenibile. Dal 1900, il settore agricolo ha perso il 75% della varietà delle colture. Una soluzione potrebbe essere quella di investire nei piccoli agricoltori, sia donne sia uomini, per aumentare la sicurezza alimentare e la nutrizione dei più poveri, aumentare la produzione alimentare per i mercati locali e globali sfruttando la Terra in maniera meno invasiva e nociva.
Non è la Terra a non avere risorse, siamo noi che la sfruttiamo erroneamente e distribuiamo le sue ricchezze in modo diseguale. Gandhi diceva che la Terra fornisce le risorse necessarie per soddisfare i bisogni di tutti, ma non l’avidità di ciascuno.
Uno statunitense medio consuma giornalmente circa 3.770 kcal, mentre il consumo medio per un abitante della Repubblica Democratica del Congo è di 1.590 kcal.
Un terzo di tutto il cibo prodotto (circa 1,3 miliardi di tonnellate) non viene mangiato.
Circa 795 milioni di persone nel mondo – ovvero una persona su nove – sono denutrite.
L’Asia è il continente con il maggior numero di persone che soffrono la fame: due terzi del totale. Negli ultimi anni la percentuale si è ridotta in Asia meridionale, ma è aumentata leggermente in Asia occidentale.
La malnutrizione provoca quasi la metà (45%) delle morti nei bambini al di sotto dei cinque anni: 3,1 milioni di bambini all’anno.
Nel mondo, un bambino su quattro soffre di ritardo nella crescita. Nei Paesi in via di sviluppo, la proporzione può salire a 1 su 3.
Nelle regioni in via di sviluppo, 66 milioni di bambini che possiedono un’età per frequentare la scuola primaria vanno a scuola affamati. Di questi 23 milioni sono solo in Africa.
È chiaro che c’è qualcosa che non va.

Fame zero e attività

Il World Food Program ha indetto la sfida «Fame zero» composta da cinque passi fondamentali:
• mettere gli ultimi al primo posto;
• dalle fattorie ai mercati;
• riduzione dello spreco di cibo;
• incoraggiare una varietà sostenibile di colture;
• la priorità della nutrizione, a partire dai primi 1.000 giorni di vita di un bambino.
Dal sito dell’iniziativa (http://it1.wfp.org/fame-zero) è possibile scaricare cinque giochi per i più piccoli per sensibilizzarli sul tema della fame.
Per i ragazzi più grandi si può pensare a un’azione concreta da suggerire loro: il gruppo di cui fanno parte, la classe, la parrocchia può stabilire che per quattro settimane di fila si raccolgono generi alimentari durevoli (pasta, sughi, sale, zucchero, farina…) da destinare ai poveri attraverso associazioni come «Pani e tulipani» o il «Banco alimentare».
Lo sforzo e la spesa richiesti sono minimi, ma è bello sapere di fare qualcosa di concreto e, soprattutto, di non essere da soli a farlo, ma in gruppo, comunitariamente.

di Paola Bassan

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