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Il pianeta Terra visto da una prospettiva geopolitica

Il libro di Tim Marshal, le 10 mappe che spiegano il mondo

foto di VitalyKuzmin, wikimedia commons
La geopolitica: una scienza utile per spiegare come va il mondo
Tim Marshall, Le 10 mappe che spiegano il mondo, Garzanti Libri, Milano 2017, 313 pagine, 19 Euro.

«La terra su cui viviamo ci ha sempre condizionato. Ha influenzato le guerre, il potere, le vicende politiche e lo sviluppo sociale dei popoli che abitano attualmente quasi tutti gli angoli del mondo. La tecnologia potrebbe apparire in grado di superare le distanze che ci separano sia a livello mentale sia a livello fisico, ma è facile dimenticare che il territorio in cui viviamo, lavoriamo e cresciamo i nostri figli è immensamente importante, e che in qualche misura le scelte di coloro che guidano gli oltre sette miliardi di abitanti di questo pianeta saranno sempre influenzate dai fiumi, dalle montagne, dai deserti, dai laghi e

dai mari che condizionano tutti noi – come hanno sempre fatto». Tali considerazioni sono state esposte nel suo ultimo libro da un esperto internazionale britannico, che risponde al nome di Tim Marshall, un corrispondente della BBC da trent’anni sul campo, inviato di guerra nei Balcani, in Afghanistan, in Iraq, in Libano, in Siria e in Israele. I suoi articoli e reportage sono stati pubblicati sul “Times”, il “Guardian”, il “Sunday Times” e l’“Indipendent”. Egli è anche il fondatore e il direttore del sito di analisi politica internazionale: www.thewhatandthewhy.com. Le 10 mappe che spiegano il mondo, che risale al 2015 ed è stato pubblicato in Italia da Rizzoli nel 2017, ha un titolo originale tanto stimolante quanto emblematico: “Prisoners of Geography” (letteralmente: Prigionieri della Geografia), e fa capire il tipo di approccio adottato dall’autore per esplorare le realtà politico-economiche del nostro pianeta: la geopolitica.

La geografia determina il corso della Storia

Per Marshall è la geografia a determinare il corso della storia dell’umanità, sia quanto è già storicamente avvenuto nel mondo, sia quanto sta avvenendo, e persino quanto avverrà. Il libro in è stato pubblicato in Italia con un titolo anche più consono: “Le dieci mappe che spiegano il mondo”. La Storia del mondo non si può spiegare, a suo parere, senza la geografia. La geografia condiziona culture e realtà politiche, avanzamenti socio-economici o degrado. E il punto di partenza per l’analisi è sempre lo stesso: com’è fatto fisicamente il mondo.

I territori

L’analisi di Marshal ci pare offra una visione di questo tipo: i rapporti di forza e sudditanza politico-economica che si instaurano tra aree e zone del pianeta sembrano il risultato di una sorta di partita a scacchi, giocata nella consapevolezza che non si possa prescindere della conformazione fisica del territorio. Come a dire che la presenza di catene montuose e corsi d’acqua, laghi e fiumi, mari e deserti, pianure e altipiani ha determinato le situazioni di predominio o di subordinazione, di sviluppo o di degrado sul piano sociale ed economico dei singoli Stati rispetto ad altri. È evidente, secondo Marshal, che la natura geofisica dei territori stabilisce a priori l’andamento dei rapporti internazionali, le situazioni di tensione o di relativo equilibrio, le alleanze e i contrasti, i gradi di sviluppo e di benessere di Paesi che si trovano nelle varie parti del mondo.

Il mondo suddiviso in dieci mappe
La carta di Peters.

Con questi presupposti, l’autore individua dieci mappe per spiegare la storia dell’umanità. Assodato che la morfologia del suolo (cioè: la geografia), in cui si identifica fisicamente un Paese, plasmi e cristallizzi, quasi in via definitiva, la situazione politica ed economica, bellica e diplomatica di ogni Stato raffrontato a un altro, il pianeta si presenta nel modo che segue. In primo piano sono posti gli Usa e la Cina, come due superpotenze che si stanno spartendo il dominio del mondo, una contraltare dell’altra. L’Europa, in particolare la parte occidentale, fa fatica a trovare la quadra per realizzare l’ambito obiettivo dell’Unione Europea. L’India, una nazione che segue le orme della Cina ed è in grado di competere. Il Giappone e la Corea del Nord, l’uno che è ben contento della protezione statunitense, l’altro che vede l’America come fumo negli occhi. La Russia, uno Stato che, se pure ha perso il carisma che possedeva durante la guerra fredda con quella che era stata l’Unione Sovietica, non ha affatto abbandonato l’idea di voler assumere la posizione di leader nel mondo. L’Africa, un continente che sta conoscendo da lungo tempo un destino di razzie e depredazioni da parte di terzi (occidentali e cinesi) e guerre, non ancora in grado di rialzarsi dal baratro in cui è stato fatto precipitare. L’America del Sud (dove gli Stati Uniti riescono come sempre a fare il bello e il cattivo tempo), non in grado di raggiungere e mantenere quel livello di sviluppo e avanzamento che i sudamericani auspicano. Il Medio Oriente, una terra in cui le tensioni arabo-israeliane sembrano non conoscere la parola fine. Il Polo Nord o l’Artide, dove alcuni Paesi (tra cui Usa, Canada, Cina, Russia) stanno facendo manovre in sordina per impossessarsi dei ricchi giacimenti lì scoperti.

Una ricognizione geopolitica a volo d’uccello

Nel fare una ricognizione a volo d’uccello sulle varie parti del mondo, Marshall spiega in modo puntuale specifiche ragioni di natura geografica sul perché il Medio Oriente sia al centro di problematiche internazionali in cui gli israeliani, gli arabi, i palestinesi, il terrorismo islamico e gli interessi legati al petrolio rappresentano fattori di estrema gravità che fanno vivere quel territorio in un costante clima di tensione, rendendolo teatro probabili di spargimenti di sangue anche in futuro. L’autore espone le sue considerazioni geopolitiche anche sull’America meridionale, da sempre succube della regia politico-diplomatica concertata manifestatamente dagli Stati Uniti. Egli ritiene che il suo sviluppo economico sia possibile, ma in modo pur sempre limitato, solo nelle regioni costiere, ed è quasi inesistente all’interno. Riguardo alla Corea del Nord, invece, si sofferma sul fatto che è un territorio in cui la politica antiamericana condotta dal suo dittatore rischia di far franare ogni possibilità di intesa con il resto del mondo; e per questa ragione il Giappone si è ultimamente dotato di forze armate e intende avvalersi sempre della protezione statunitense. Inoltre, riguardo all’India, al Pakistan e al Bangladesh, ne spiega a fondo i contrasti anche di natura militare. L’India godrebbe forse di alcune chances in più come Paese in grado di rincorrere in qualche modo la Cina sul podio delle grandi potenze nel mondo, grazie in particolare anche alle sue caratteristiche geo-fisiche. Anche l’Artide ha la sua importanza: per gli americani, i russi e i cinesi in questa zona si gioca una partita importante per l’accaparramento di risorse. Inoltre è luogo di esperimenti tecnologici avanzati.

Russia

La Russia è un territorio vastissimo, a cavalcioni tra Europa e Asia, denso di foreste, laghi e fiumi, con più di 17 milioni di chilometri quadrati copre ben 11 fusi orari. Costituisce il Paese più grande del mondo (due volte gli Stati Uniti o la Cina; cinque volte l’India; venticinque volte la Gran Bretagna). Gli Urali rappresentano il confine con l’Europa, la Siberia si situa a oriente degli Urali e raggiunge il Mar di Bering e l’Oceano Pacifico. Entrambi questi due spazi fisici rappresentano un baluardo sicuro di difesa per il Paese. Ma dove si localizza l’Ucraina non ci sono catene montuose, il territorio è pianeggiante, suscettibile di invasioni esterne contro Mosca. Mai come ora i russi sono preoccupati di vedere le forze Nato spostarsi sempre più verso Est. Di qui la preoccupazione del governo russo di controllare quell’area che sta facendo fuoco e scintille tra sentimenti filorussi e aspirazioni europeiste e altre tendenze neutrali o autonomiste. Anche la Moldavia fa gola alla Russia, perché un suo inglobamento la proteggerebbe da attacchi esterni provenienti dal Mar Nero. In queste aree, del resto, vivono genti di etnia russa. Mosca potrebbe prima o poi applicare una norma insita nel suo Statuto nazionale: proteggere qualunque russo sia minacciato. Anche il dissolvimento dell’Unione Sovietica ha le sue cause nella geografia: laghi, fiumi e montagne hanno determinato la formazione di popoli diversi tra loro e autonomi per lingua e cultura e tradizioni. I Soviet non hanno potuto frustrare questa realtà geografica indiscutibile. La presenza di popolazione russa, d’altronde, comporta fortemente che l’ingerenza di Mosca si faccia sentire, anche perché tutti quei territori, Russia compresa, dispongono di un arsenale ben più potente dei missili a testata nucleare: gas e petrolio. La dipendenza energetica da Mosca è dunque un fatto inequivocabile, che spinge l’Europa e gli altri paesi che importano dalla Russia gas e petrolio a mantenere costanti rapporti di equilibrio e armonia con Mosca.

Cina

La Cina è una grande potenza in continua espansione e questo suo avanzamento economico sempre più consistente è dovuto in origine alle caratteristiche fisiche del suo territorio, una pianura fertile solcata da fiumi che l’hanno resa in grado di produrre talmente tanto da diventare poi una potenza industriale di grande impatto internazionale con intenti manifesti di conquista e acquisizione del resto del mondo. La sua presenza si sta affermando sempre più nel mercato mondiale, e prende il posto degli occidentali nell’accaparrarsi spazi, beni e ricchezze  in Africa. Qui il fatto che i cinesi abbiano buon gioco con i corrotti e avidi leader africani sta nell’idea cinese dei diritti umani: «Non gliene importa assolutamente niente!», affferma Marshal. Se occuparsi dei diritti umani degli individui significa ostacolare il progresso della collettività cinese, ci si passa sopra. Punto e basta. Lo stesso discorso vale per il Tibet: la catena himalayana rappresenta per Pechino un confine analogo alla Grande Muraglia, e con essa la Cina si sente al sicuro, perciò il Tibet deve rassegnarsi a subire il dominio cinese. Altre zone della Cina, come lo Xinjiang, tengono i cinesi in fibrillazione, quando si avvertono i sintomi di indipendentismo. Quella zona costituisce un cuscinetto protettivo dei confini. Inoltre petrolio e altre risorse di quell’area fanno comodo ai cinesi, che non consentiranno mai neppure a un centimetro di quel territorio di venir meno, anche perché quella terra è adatta per testare esperimenti nucleari. Un altro problema assilla Pechino: come sfamare il miliardo e 300 milioni dei suoi abitanti? La soluzione starebbe nel colonizzare altre zone della Terra, facendo migrare i cinesi altrove, e con essi le loro forze armate. Per questo occorrerà che la Cina si doti di una potente flotta della Marina. Ma ci vorrà ancora un po’ di tempo prima che Pechino realizzi pure questo obiettivo. I cinesi sono già all’opera, anche se per ora le loro navi non possono competere con le portaerei americane… Ma i cinesi, prima o poi, secondo le stime di esperti occidentali, dovranno fare i conti con due soluzioni alternative: o fare guerra al Giappone e agli Usa, oppure contro se stessa, ossia implodere, perché i problemi legati all’eccessiva urbanizzazione e industrializzazione comporteranno delle conseguenze letali per la Cina stessa, in termini di collasso economico e persino di sopravvivenza.

Stati Uniti d’America

«Lo scenario naturale è meraviglioso, i panorami sono splendidi, l’acqua non manca di sicuro, i collegamenti sono ottimi… e i vicini? I vicini sono perfetti, non c’è il minimo problema». Così scrive Marshall nel suo libro a proposito degli Usa. E aggiunge: «Ci sono cinquanta stati, ma formano un’unica nazione, cosa che i ventotto stati sovrani dell’Unione Europea non potranno mai fare». Insomma, la configurazione geografica e la storia dell’unificazione degli Stati Uniti hanno fatto di questo Paese un colosso, una superpotenza continentale ineguagliabile. Riguardo ai nativi americani (gli indigeni, gli indiani o i pellerossa per capirci), però, l’autore esaurisce l’argomento più o meno in questi termini: «Arrivati i coloni dall’Europa, si sbarazzarono della presenza degli abitanti precedenti originari e presero possesso del territorio». L’egemonia americana nel mondo è ora messa in discussione solo dalla Cina. Entrambi i Paesi si guardano a vista, giocando come il gatto con il topo: la Cina per superare gli Usa, questi ultimi per evitare di essere superati. Ma gli americani per ora, secondo il parere di Marshall, possono dormire sonni tranquilli, il loro primato resta imbattuto.

Europa occidentale

La felice disposizione geografica di pianure, fiumi e monti ha consentito la nascita e lo sviluppo degli Stati europei. Forse il Sud dell’Europa è stato meno fortunato per la presenza di meno distese pianeggianti costiere e per la maggiore siccità. Marshall coglie come esempio anche il meridione d’Italia, sempre in svantaggio rispetto al più florido Nord della nostra penisola (le regioni della Pianura Padana sono le più floride del continente, anche più di quelle della Baviera). Per quanto riguarda l’unificazione europea, la strada è irta di ostacoli non indifferenti, dovuti ai nazionalismi sempre radicati nelle coscienze istituzionali e culturali dei singoli stati. Un forte sentimento di anti-immigrazione poi pervade quasi tutto il continente e ciò non lo aiuta certo sul piano demografico, perché il processo d’invecchiamento della popolazione europea preoccupa in modo molto marcato.

Africa

«Le coste africane? Spiagge veramente meravigliose, ma pessimi porti naturali. Fiumi incredibili, ma inadatti a trasportare alcunché, con tutte quelle cascate. Sono solo due dei tanti problemi che aiutano a spiegare perché l’Africa non è tecnologicamente e politicamente di successo come l’Europa occidentale o il Nordamerica». Con questo suo commento l’autore introduce il capitolo dedicato al continente africano. Altrove prosegue così: «L’Africa, un continente immenso, ha sempre avuto regioni diverse, con climi diversi e culture diverse, accomunate peraltro dall’isolamento reciproco e nei confronti del mondo esterno». Per queste ragioni, dunque, l’Africa è rimasta indietro rispetto al resto del mondo. Marshall, tuttavia, non dimentica di far notare le responsabilità dell’uomo circa i tanti e gravi problemi che martoriano i popoli africani, dovuti a meccanismi perversi di sfruttamento e discriminazione. Dal momento che la terra africana è ricchissima di materie prime e risorse, che fanno gola alle multinazionali e non solo, impedendo agli africani stessi di goderne i frutti autonomamente. Non si contano i reati e i delitti, impuniti, di cui i Paesi dell’Occidente e la Cina si sono macchiati, con la complicità dei leader locali.

Una visione realistica, ma forse limitante e discutibile

Rimane da capire, però, con quale metro di giudizio si procede nel fare questo tipo di analisi. Da un’ottica di civiltà, basata sulla cultura occidentale, democratica e capitalistica, è ovvio desumere che le aree del mondo che interessano questa specifica riflessione geopolitica si classifichino in questo modo: Nord e Sud del mondo, Oriente e Occidente, Medio ed Estremo Oriente. Focalizzando ancora di più l’obiettivo, l’indagine geopolitica riguarda queste determinate zone del mondo, poste adesso all’attenzione della ribalta internazionale: Stati Uniti d’America, Cina, India, Russia, Europa occidentale, Africa, Medio Oriente, Korea del Nord, Sud America, Polo Nord.

La mentalità, che, purtroppo, forse, si antepone a questo tipo di analisi è ravvisabile nelle logiche del profitto e della prevaricazione, in cui l’umanità ancora oggi si destreggia e si inabissa, causando tensioni, divisioni, guerre, carestie, discriminazioni e ingiustizie globali. L’autore, tuttavia, è disposto ad ammettere che subentra e vi gioca un ruolo purtroppo preponderante, e in negativo, un altro fattore nel definire le realtà politico-economiche della Terra: la tendenza innata nell’uomo a voler prevaricare sugli altri, l’istinto del dominio e del possesso, la sua avidità di potere e ricchezza anche a danno del suo vicino.

Marshall definisce tale fattore in questi termini: «L’intraprendenza dell’uomo nel voler dominare e soggiogare, rischiando, senza tanti complimenti, di rompere equilibri, causare conflitti e provocare ingiustizie; mantenendo o inasprendo lo status-quo».
Nel suo libro Marshall dimostra una grande capacità comunicativa e una logica ferrea e coerente. Con uno stile alla portata di tutti, egli è riuscito a dare un’idea di come vanno le cose nel mondo e spiegando perché. Le sue considerazioni divulgative si basano su presupposti scientifici inequivocabili, attinenti in maniera estremamente puntuale alla conformazione fisica dei territori e dei confini degli Stati e delle aree del mondo esaminate. Ma il limite, a noi pare, della sua indagine sta nel definire le relazioni tra gli Sati e delle aree d’influenza politico-economica, da una prospettiva monocentrica che risente ancora, e per forza di cose (come non dargli torto?), di una visione neocolonialista di matrice occidentale.
La geografia, gli atlanti e le cartine geografiche hanno, secondo lui, prodotto quanto sta avvenendo e avvenuto sulla Terra sul piano politico ed economico. Il fattore geografico ha favorito a livello globale quelle realtà sociali che si sono uniformate e conformate comunque a un’interpretazione occidentale e neocolonialista. Forse è eccessivo ed esageratamente semplificativo dirlo, ma leggendo il libro, con una certa apprensione, sembra di assistere a una partita di Risiko. E non è un gioco, ma la pura e semplice realtà. Lo scenario geopolitico, al di là delle aree di influenza e di subordinazione in cui si identificano le varie parti del mondo, si configura esattamente così: in base agli armamenti, agli eserciti, alle potenzialità strategiche dei singoli Paesi. Le realtà economiche e politiche viste nel libro sono tali, in virtù non solo delle conformazioni fisiche dei diversi luoghi, ma anche perché questi luoghi hanno consentito e consentono spostamenti e dislocazioni di truppe militari per mare, per terra e varcando i cieli.
Marshall, esaminando le mappe geografiche in scala 1 a 1, delinea i punti deboli di ogni potenza e superpotenza, e con occhio critico anche le loro ansie e frustrazioni, ambizioni e alterigie, come anche descrive il carattere degli Stati, i loro esatti obiettivi, adombrati o ammorbiditi dalla liturgia diplomatica. Ma tutto il pianeta è da lui visto secondo l’ottica dei tradizionali meccanismi di difesa e offesa di natura squisitamente militare, come quando si gioca a scacchi.

foto di VitalyKuzmin, wikimedia commons

Il lettore prende coscienza di come le suggestioni belliche, i contrasti militari fra gli Stati siano molto concrete e realistiche, perché diventeranno realtà quando si faranno le guerre per l’acqua. Tale predisposizione a farsi la guerra è talmente radicata negli uomini – afferma Marshall – che si verificherà persino quando il pianeta Terra non basterà più e sarà la base da cui partire per conquistare gli spazi interstellari, altri mondi, altri pianeti. L’autore conclude la sua analisi, osservando che se l’uomo e i popoli sono in un certo senso «prigionieri» della geografia nel doversi adattare a vivere come si può sulla terra, essi hanno, però, un altro serio problema, che da secoli li assilla e mette sempre gli Stati l’uno contro l’altro: «Una lunga competizione per la supremazia», e il possesso delle risorse. Una cosa che è innata e atavica nella natura umana. Ma egli sostiene infine, e non a torto, che «siamo ancora prigionieri della nostra mente, limitati dal sospetto nei confronti dell’altro».

di Nicola Di Mauro

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