Sembrano trascorsi pochi giorni dal quel 18 luglio, quando in diciasette siamo partiti per un viaggio missionario promosso e sostenuto dalla Diocesi di Vittorio Veneto nel cuore dell’Africa, in Tanzania, ospitati dai Missionari della Consolata.
Un’esperienza che ci ha visto coinvolti nella normale attività della parrocchia di Iringa e dove abbiamo svolto alcune attività quali: la sistemazione dei magazzini parrocchiali, la visita agli ammalati e ai poveri, l’attività di animazione ai bambini.
Questa entusiasmante avventura in terra africana si è conclusa domenica 6 agosto, con il rientro a Venezia, ma ora ci aspetta un nuovo viaggio, quello in cui rielaboreremo tutte le esperienze vissute, quello in cui rievocheremo volti, parole, sensazioni, emozioni, quello in cui porteremo i frutti raccolti a chi ci sta accanto, ma non solo. Infatti, questo è un percorso da condividere con più persone possibili, per far conoscere a molti la forza, il coraggio e la fatica quotidiana dei Missionari della Consolata nei contesti di maggiore necessità.
La valigia è molto più carica della partenza: piena di nuove consapevolezze, di un nuovo modo di vedere le cose, di stati d’animo indescrivibili e di “asante sana” (che in swahili significa “grazie”) al nostro grande gruppo, ai padri che ci hanno accolto e a tutte le persone che abbiamo incontrato.
Da questa esperienza ci portiamo a casa le parole di suor Pascalina, molto vere e più volte riscontrate nella realtà: “A volte nella globalizzazione inciampiamo nelle troppe cose, mentre è importante stare con le persone”. Abbiamo capito l’importanza di dare tempo agli altri e di mettersi in ascolto veramente di ciò che hanno bisogno di dirci, per poter “imparare”, per essere fonte d’aiuto o per stare semplicemente in compagnia. Portiamo a casa anche una bella sensazione di felicità e gioia interiore, che si può comprendere solo facendo in prima persona un viaggio di questo tipo… che indubbiamente ti cambia dentro!
L’Africa fa riflettere sui contrasti forti: da una parte la velocità della natura, delle albe e dei tramonti, delle nuvole che si spostano, degli animali della savana che cacciano o sono cacciati, dall’altro la lentezza dell’uomo, i ritmi dilatati, la poetica dell’attesa. Fa riaffiorare la lotta interiore tra l’attivismo ubriacante e la ricerca di spazi interiori di senso.
Una riflessione importante va fatta sulla fede della popolazione tanzaniana. La religione cattolica si tramanda di generazione in generazione grazie alla presenza di sacerdoti missionari, religiose, laici e catechisti. Si rimane colpiti dall’enorme presenza di fedeli durante le Messe, nelle quali si respira l’umanità, la gratitudine, l’allegria di dare lode al Signore; tutto si conclude con il bellissimo gesto di donare qualcosa di proprio, frutto della terra, alla comunità. Un’altra cosa che si comprende, è che si deve avere una vocazione speciale per fare il missionario, una vocazione che non s’improvvisa, ma si costruisce. Un’altra riflessione è dedicata alle donne e, in particolare, alle mamme africane che vivono in simbiosi con i loro figli, caricandoli sulla schiena dalla nascita fino all’età di tre anni, con i quali svolgono tutte le azioni della loro giornata. Tutto ciò che fanno le donne, per loro è normalità e non sono abituate a gesti di ringraziamento e riconoscenza, anzi, sono molto timide quando vengono elogiate.
Tornare in Italia dopo un’esperienza così intensa, riempie di nostalgia e malinconia per quello che è stato, ma, al contempo, riempie di felicità per l’arricchimento ricevuto e per l’inizio di un nuovo cammino forte del bagaglio tanzaniano. Fin dal primo giorno siamo stati investiti dalla luce come fosse un monito a spalancare bene gli occhi per osservare la realtà del posto, che si apriva davanti a noi con i suoi forti contrasti. Ci siamo ritrovati catapultati in un luogo senza tempo in cui la lancetta dell’orologio scandiva le ore in base al “pole pole” (piano piano) africano ed ora ci ritroviamo immersi nella nostra regolare e scanditissima vita.
Asante (grazie) Tanzania, chi ha camminato con te non può dimenticarti, perché il nostro cuore ormai è lì, tra i tuoi paesaggi, l’affetto, il sorriso, la fatica e il valore della tua gente. Non dimenticheremo facilmente i tanti bambini che ci hanno insegnato che anche solo con lo sguardo sì può parlare, in una piccola parte del mondo diversa e lontana dalla nostra.
Asante Tanzania.
di Riccardo Carlet
Riccardo Carlet
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