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Nadine Gordimer, la letteratura contro l’apartheid

Una scrittrice che ha saputo lottare contro l'ingiustizia

Nadine Gordimer in un'immagine del 2010.

Nadine Gordimer (1923-2014) è stata una scrittrice e saggista militante sudafricana. Durante tutta la sua vita si è sempre battuta contro l’apartheid. Lo ha fatto, in particolare, attraverso la sua attività letteraria, con le sue opere, racconti, saggi e romanzi, per i quali ha ricevuto numerosi riconoscimenti, sino a meritare anche il Premio Nobel per la letteratura nel 1991.

Letteratura come denuncia sociale

Figlia di immigrati ebrei non praticanti e di livello sociale medio-borghese, il padre lituano e la madre londinese, ricevette una formazione umanistica molto accurata. Lesse molto. Da Tolstoj a Virginia Woolf, da Kafka a Cechov, da Oscar Wild a Italo Calvino. Da questi autori della letteratura occidentale prese spunto per maturare uno stile narrativo incisivo e realistico, che fungeva anche da denuncia sociale, ed era ampiamente descrittivo della realtà che la circondava, di cui esplorava i meandri psicologici ed emotivi, lasciando sempre, però, un finale aperto, a discrezione dell’immaginazione del lettore.
Le sue opere furono anche oggetto di fiction televisive, documentari e film, ma il rapporto con il cinema non vide mai la Gordimer soddisfatta o entusiasta, era piuttosto esigente e pignola.
Si dedicò anche alla stesura di saggi in cui faceva presente le modalità stilistiche in cui si riconosceva come scrittrice e le finalità e le ragioni profonde che la portavano a scrivere come scriveva.

Faccia a faccia

Si accorse ben presto delle condizioni di disagio e di subalternità in cui viveva la popolazione nera, già a Springs, dove visse la sua infanzia, una città mineraria presso Johannesburg. Guardava intorno a sé il modo di vivere di domestici e minatori neri, spesso maltrattati dai bianchi.
Il modo in cui i bianchi di origine olandese o inglese, boeri e Afrikaners, si comportavano nei confronti dei neri e anche verso gli indiani (tra cui lo stesso Gandhi) non piaceva affatto a Nadine Gordimer, la quale trasferì nella scrittura tutto il suo disappunto, la sua amarezza, il suo punto di vista, per niente in accordo con il regime segregazionista del suo paese.
Essa si accorse anche dell’acredine e della conflittualità che esistevano tra i bianchi di origine inglese e i bianchi di origine olandese, boeri e Afrikaners.
Sin da ragazzina, in un giornale della scuola, rese nota la sua disapprovazione per il modo ingiusto in cui bianchi prevaricavano sui neri con un racconto. Scrisse in seguito una raccolta di racconti dal titolo: Face To Face che ebbe una certa risonanza, tanto da insospettire la comunità bianca, che provvide, da quel momento in poi, a censurare quanto scriveva.
Si era verso la fine degli anni Trenta. In questa prima raccolta di short-stories, la scrittrice dimostrava la sua repulsione per il nazionalismo sudafricano dei bianchi che escludeva per i neri, sul piano culturale, giuridico e sociale, ogni diritto paritario.

Una fantasia nutrita di realtà

La popolazione di colore era vittima dell’ingegneria sociale dei bianchi, fondata sull’ipocrisia e il pregiudizio razziale, che affibiava ai neri, privi di diritti, una immagine denigrante che li descrivera come schiavi, selvaggi, privi di intelligenza, capaci di agire solo con l’istinto alla stregua degli animali, cui era assolutamente vietato avere contatto con i bianchi.
All’inizio della sua attività letteraria, la Gordimer descriveva una realtà sudafricana in cui lo stereotipo pseudo-culturale del bianco superiore e del nero inferiore costituiva il filo rosso di ogni trama narrativa, sia che fosse un romanzo, sia che fosse un racconto.
La sua scrittura si rapportava con la realtà, tenendo presente come metro di giudizio sempre la verità, attraverso elementi realistici che erano analizzati, dapprima, forse, superficialmente, ma che si basavano su esperienze dirette, frutto di sguardi e interpretazioni personali di ciò che le capitava intorno e delle sensazioni e dell’avversione che provava, alimentate dai pregiudizi culturali di cui la società bianca era impregnata.
Contribuiva a dare sostanza alle trame articolate dei suoi romanzi e racconti una fantasia che aveva come punto di partenza sempre e solo la realtà, in cui la scrittrice era immersa.

Smuovere le coscienze

La vacuità e falsità della società dei bianchi risaltavano subito agli occhi del lettore, e le istituzioni politiche sudafricane, rette dai bianchi faziosi, intraprendevano sempre nei suoi confronti una messa la bando delle sue opere che durava anni.
Ma all’estero, in occidente, in Europa e negli Stati Uniti, la sua attività letteraria era apprezzata moltissimo. Tra gli anni Sessanta e Settanta, infatti, la Gordimer fu chiamata in diverse Università statunitensi a tenere conferenze anti-apartheid. Il suo scopo era quello di sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale e anche di smuovere ben bene le coscienze degli stessi sudafricani.
La sua attività di scrittrice militante fu prolifica, durò fino al 2012 con il suo quindicesimo e ultimo romanzo: “Ora o mai più”.
Le sue raccolte di racconti e i romanzi le procurarono diversi riconoscimenti in varie parti del mondo. Anche in Italia le fu conferito il premio Grinzane-Cavour e il premio Malaparte negli anni Ottanta.

Verso la fine dell’apartheid

Se nei primi romanzi e racconti il mondo dei neri, che popolava i suoi lavori letterari, era rappresentato indicativamente da domestici e minatori, in un secondo momento, una volta che essa avvicinò intellettuali illuminati, artisti e uomini di colore che si battevano politicamente per i loro diritti, la sua percezione e visione del Sudafrica si arricchì in modo sorprendente. Attraverso le sue opere dimostrò ai bianchi tutta l’infondatezza del sistema dell’apartheid: gli uomini e le donne neri contraddicevano radicalmente ogni pregiudizio che si era, sino ad allora, costruito su di loro. Si trattava di uomini e donne che avevano la stessa dignità e la stessa caratura umana e intellettuale dei bianchi, di persone in grado, con coraggio e fermezza, di dire la propria e farsi valere sul piano sociale, culturale, giuridico e politico.
L’opinione pubblica mondiale, la forza persuasiva delle opere della Gordimer e la potente energia ideale di Nelson Mandela costrinsero il governo sudafricano, solitamente brutale nei confronti di chiunque, uomo o donna, bianco o nero, si opponesse all’apartheid, a procedere con riforme a favore dei neri: erano consentiti i matrimoni misti e i neri potevano entrare nei locali pubblici riservati ai bianchi.

La lotta presegue

La situazione finalmente cambiò una volta per tutte con l’elezione a presidente di Nelson Mandela nel 1994: era il 10 maggio, e quel giorno fu una data storica per il Sudafrica. Ma Nadine Gordimer non si illudeva. La lotta doveva fronteggiare altri ostacoli. Erano sì stati fatti passi avanti. L’apartheid era stata abolita. Ma di fatto continuavano le disuguaglianze sociali ed economiche, la corruzione in politica, e l’Aids imperversava in tutto il Sudafrica.
La scrittrice continuò a lottare, non solo continuando la sua professione di intellettuale militante, ma si prodigò anche a livello umanitario e solidaristico.
Si spense nel 2014, colpita dal cancro. In una delle ultime interviste fece sapere che, per quanto riguardava il futuro del suo Paese, il Sudafrica, lei era molto speranzosa, e si poteva definire «ottimista». Anche se i problemi socio-economici continuavano, e tuttora continuano, ad affliggere il Sudafrica, non si può negare che questo Stato abbia a buon diritto voluto assumersi il ruolo di guida per una rinascita del continente africano. Le istanze di libertà e gli ideali democratici, specificamente identificati nella cultura e nella tradizione africane, possono avvalersi dell’esperienza sudafricana che ha visto una donna, come Nadine Gordimer, spendersi fino alla fine, non solo per la sconfitta dell’apartheid, ma anche per una reale convivenza pacifica all’interno di una società giusta e multirazziale.

I suoi romanzi:

I giorni della menzogna (The Lying Days) (1953)
Un mondo di stranieri (A World of Strangers) (1958) Feltrinelli, 1961, 1982
Occasione d’amore (Occasion for Loving) (1963) Feltrinelli, 1984, 1989
Il mondo tardoborghese (The Late Bourgeois World) (1966) Feltrinelli, 1989
Un ospite d’onore (A Guest of Honour) 1970 [ vincitore del James Tait Black Memorial Prize] Feltrinelli, 1985, 1991
Il conservatore (The Conservationist) (1974) [vincitore del Booker Prize] La tartaruga, 1987; Feltrinelli, 2009
La figlia di Burger (Burger’s Daughter) (1979) Mondadori, 1979; Feltrinelli, 1992, 1995 – Luglio (July’s People) (1981) Rizzoli, 1984; Feltrinelli, 1991
Una forza della natura (A Sport of Nature) (1987) Feltrinelli, 1987
Storia di mio figlio (My Son’s Story) 1990 Feltrinelli, 1991, 1993
Nessuno al mio fianco (None to Accompany Me) (1994) Feltrinelli, 1994, 1999, 2013
Un’arma in casa (The House Gun) (1998) Feltrinelli, 1998, 2001
L’aggancio (The Pickup) (2001) Feltrinelli, 2002, 2003 – Sveglia! (Get a Life) (2005) Feltrinelli, 2006
Ora o mai più (No Time Like The Present) (2012) Feltrinelli, 2012.

Le sue raccolte di racconti:

Face to Face (Faccia a faccia) (1949)
Town and Country Lovers The Soft Voice of the Serpent (La voce soave del serpente) (1952)
Six feet of the Country (1956)
Not for Publication (1965)
Livingstone’s Companions (I compagni di Livingstone) (1970)
Selected Stories (1975)
No Place Like: Selected Stories (1978)
Il bacio di un soldato (A Soldier’s Embrace) (1980) La tartaruga, 1983
Qualcosa là fuori (Something Out There) (1984) Feltrinelli, 1986, 1997
Correspondence Course and other Stories (1984)
The Moment Before the Gun Went Off (1988)
Il salto (Jump: And Other Stories) (1991) Feltrinelli, 1992, 2007
Why Haven’t You Written: Selected Stories 1950-1972 (1992)
Loot: And Other Stories (2003)
Beethoven era per un sedicesimo nero (Beethoven Was One-Sixteenth Black) (2007) Feltrinelli, 2008, 2010
Racconti di una vita (Life Times: Stories 1952 – 2007) (2014) Feltrinelli.

di Nicola Di Mauro

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Nicola Di Mauro