Ci sono due tipi di incontro: IN e CONTRO. I primi sono gli incontri positivi, ricchi, potenti, quelli da cui nasce qualcosa. Poi ci sono i contro. Gli scontri insomma, da cui non nasce nulla e anzi, a volte qualcosa si distrugge.
Ma a decretare il tipo di incontro non sono le circostanze, il luogo, la simpatia o meno dell’altra persona. La decisione spetta a noi, a priori.
Dobbiamo scegliere dunque: siamo persone da incontri o da scontri? Ogni incontro, anche il più improbabile, può diventare IN, se noi lo vogliamo.
È cominciato così il discorso di don Claudio Burgio, cappellano al carcere minorile “Beccaria”, che nel raccontarci i suoi incontri spesso difficili ci ha regalato una testimonianza di speranza e di coraggio.
In-contro chi?
Il campo di prima, seconda e terza superiore nella casa della Consolata di Bevera è stato senza dubbio un INcontro. Innanzitutto tra due regioni: Veneto e Lombardia, ma non solo, anche tra età, colori, pensieri, idee, esperienze diverse.
Il tema del campo era proprio questo infatti: Incontriamo. Ma incontriamo chi? Noi stessi, gli altri, Dio.
E nel cercare se stessi durante una caccia al tesoro e nello scoprire l’altro, il diverso da noi, abbiamo provato a delineare anche i tratti di Dio.
Io non lo so come sia fatto Dio, ma mi piace immaginarlo umile e sorridente, come gli occhi dei senzatetto nel centro di Milano che una sera abbiamo aiutato, offrendo loro non solo bibite, merendine e panini preparati dai ragazzi nel pomeriggio, ma anche una parola di conforto e speranza; mi piace immaginarlo altruista e travolgente, come Mattia e Corinna, che ci hanno aperto le porte della loro casa condivisa con il parroco di San Rocco, un piccolo paesino nella periferia di Monza, raccontandoci la loro visione di “periferia” e offrendoci un esempio di amore e solidarietà nei confronti del prossimo; me lo immagino come don Claudio, coraggioso e capace di amore verso tutti. Me lo immagino felice come i nostri ragazzi, che sapevano quando era il momento di divertirsi e quando invece quello di impegnarsi, di aiutare, di lavorare, sistemando la casa o imbiancando qualche parete; me lo immagino fiducioso e positivo, come i padri della Consolata, sempre presenti, ma capaci di fiducia, per darci la possibilità di metterci in gioco e dare il meglio di noi; me lo immagino come noi animatori, con la voglia di migliorarsi, di crescere e di aiutare i nostri ragazzi ad aggiungere un piccolo tassello nella costruzione di loro stessi. Lo penso in una particola nel momento in cui affido a Lui le mie relazioni sia virtuali che reali; me lo immagino in una coppia di due giovani, Daniele e Francesca, che a breve diranno il proprio sì davanti all’altare, lo ritrovo, come il profeta Elia, non nel terremoto o nel vento forte, ma bensì nella brezza, nelle quotidianità e nel silenzio. Lo vedo durante i pasti condivisi con i miei compagni di viaggio, durante una partita a Lupus o a carte, in cui la semplicità dell’incontro con l’altro che magari conosco poco diventa un incontro reale e profondo. Infine lo incontro nella messa preparata e celebrata insieme perché abbiamo avuto occasione di offrire le cose che più ci hanno caratterizzato in questa settimana: una macchina fotografica che immortala i momenti migliori e un cuscino che rappresenta le ore di sonno, forse un po’ scarse, ma appunto per questo capaci di farci conoscere un po’ più a fondo noi stessi, l’altro e Dio.
di Paola e Ilaria
Ilaria Ravasi
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