Canto: Grandi cose.
Preghiera di invocazione allo Spirito (Vieni Santo Spirito, dona a noi dal cielo un raggio della tua luce…).
Guida: Se ci guardiamo intorno, ciò che accade nel mondo ci lancia una grande sfida: essere missionari oggi, quando la paura è il sentimento più naturale. Testimoniare la fede, porre le fondamenta nella roccia, in un Dio Amore, in un tempo di incertezza e precarietà.
Lettore 1: dal Vangelo di Matteo (10,27-31)
«Quello che vi dico nelle tenebre ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio predicatelo sui tetti. E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l’anima e il corpo nella Geenna. Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure neanche uno di essi cadrà a terra senza che il Padre vostro lo voglia. Quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati; non abbiate dunque timore: voi valete più di molti passeri!».
Silenzio. Scruto dentro di me e cerco le mie paure. Nella mia debolezza sono amato: «Non temere, sono con te».
Guida: Stefano, il primo martire, docile all’azione dello Spirito santo, contempla la gloria di Dio, e ne dà testimonianza.
Lettore 2: dagli Atti degli apostoli (6, 8-12 e 7,55-60)
«Stefano intanto, pieno di grazia e di fortezza, faceva grandi prodigi e miracoli tra il popolo. Sorsero allora alcuni della sinagoga detta dei “liberti” […] a disputare con Stefano, ma non riuscivano a resistere alla sapienza ispirata con cui egli parlava. Perciò sobillarono alcuni che dissero: “Lo abbiamo udito pronunziare espressioni blasfeme contro Mosè e contro Dio”. E così sollevarono il popolo, gli anziani e gli scribi, gli piombarono addosso, lo catturarono e lo trascinarono davanti al sinedrio. […]
Ma Stefano, pieno di Spirito Santo, fissando gli occhi al cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla sua destra e disse: “Ecco, io contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio”. Proruppero allora in grida altissime turandosi gli orecchi; poi si scagliarono tutti insieme contro di lui, lo trascinarono fuori della città e si misero a lapidarlo. E i testimoni deposero il loro mantello ai piedi di un giovane, chiamato Saulo. E così lapidavano Stefano mentre pregava e diceva: “Signore Gesù, accogli il mio spirito”. Poi piegò le ginocchia e gridò forte: “Signore, non imputar loro questo peccato”. Detto questo, morì».
Lettore 1: Il termine «martire» deriva dal greco e indica «colui che fa da testimone». Il martire cristiano è colui che professa la verità in cui ha posto la sua fiducia. Anche quando è scomoda. Siamo deboli e la verità ci smaschera per ciò che siamo. Ma proprio per questo ci rende liberi.
Per seguire Cristo bisogna morire. Deve morire l’uomo vecchio che è in noi, ci insegna Paolo, per lasciare posto all’uomo nuovo. L’uomo nuovo è Cristo che nasce in noi, in noi desidera abitare, perché noi rinasciamo in Lui. «In verità ti dico, se uno non è nato di nuovo, non può vedere il regno di Dio». (Gv 3,3)
L’anno santo della misericordia ci ha insegnato che il primo modo per rinascere, per morire a noi stessi, per compiere il martirio-testimonianza è appunto la misericordia: «Misericordia io voglio e non sacrificio» (Mt 9,13), una misericordia vissuta con la consapevolezza che è il Signore a posare il suo sguardo d’amore per primo su di noi, prima di ogni nostro sforzo o sacrificio. È l’esperienza vissuta da Pietro al canto del gallo, quando il Signore si voltò e fissò lo sguardo su di lui (Lc 22,58-61).
Non è l’uomo a volgersi per primo a Dio, ma Dio per primo si volge con uno sguardo d’amore verso l’uomo e lo chiama.
Lettore 2: Ma allora qual è l’uomo vecchio che deve in noi morire, qual è il martirio-testimonianza cui siamo chiamati?
L’uomo vecchio è la resistenza a Dio. È l’orgoglio. È paura che Dio non mi ami davvero ma voglia «comandare dall’alto», oppure paura di non riuscire, di non essere all’altezza, magari dopo l’ennesimo dolore, l’ennesimo fallimento.
È la paura di essere solo: questa è la vera morte, non la morte del corpo, ma l’assenza di Dio.
Silenzio. Penso ai momenti più difficili della mia vita: cosa ne sarebbe stato di me se fossi rimasto completamente solo, se Dio non mi avesse amato, anche attraverso un gesto di una persona a me vicina? A volte basta poco, per sopravvivere.
Lettore 1: E di fronte a tutto questo, alla vera morte che ci spaventa, come risponde Dio?
Dio, forse, non risponde, ma vive: «Io sono la via, la verità e la vita» (Gv 14,6). La sua risposta è vivere ciò che noi viviamo.
Vive con noi e prima di noi l’agonia, nel Getzemani, la morte, la solitudine.
Gesù, che è Dio, attraversa con noi e per noi l’assenza stessa di Dio: «Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?» (Mt 27,46), grida sulla croce con le parole del salmo 22.
Gesù non risponde, non dà spiegazioni, ma ama. Ci ama sino a vivere la nostra morte e a trasformarla in vita.
Tutti a cori alterni
Voci femminili: Ma se io, Signore,
tendo l’orecchio e imparo a discernere i segni dei tempi,
distintamente odo i segnali
della tua rassicurante presenza alla mia porta.
Voci maschili: E quando ti apro e ti accolgo
come ospite gradito nella mia casa
il tempo che passiamo insieme mi rinfranca.
Vf: Alla tua mensa divido con te
il pane della tenerezza e della forza,
il vino della letizia e del sacrificio,
la parola della sapienza e della promessa,
la preghiera del ringraziamento
e dell’abbandono nelle mani del Padre.
Vm: E ritorno alla fatica del vivere
con indistruttibile pace.
Il tempo che è passato con te
sia che mangiamo sia che beviamo
è sottratto alla morte.
Vf: Adesso,
anche se è lei a bussare,
io so che sarai tu a entrare;
il tempo della morte è finito.
tutti: Abbiamo tutto il tempo che vogliamo
per esplorare danzando
le iridescenti tracce della Sapienza dei mondi.
E infiniti sguardi d’intesa
per assaporarne la Bellezza.
(Carlo Maria Martini, Ma tu stai alla mia porta, in Sto alla porta, Centro Ambrosiano, 1992)
Silenzio. Contemplazione della croce.
Dopo il silenzio, la guida invita alla condivisione di pensieri, preghiere, sentimenti nati dalla Parola.
Padre nostro
Canto: Il canto dell’amore (Is 43).
Leonardo Bussola
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- Amati e chiamati - 1 Marzo 2017