Slow page dei Missionari della consolata

Un sindaco musulmano a Londra

… e uno cristiano a Jakarta. Contro lo scontro di civiltà.

A inizio maggio in tanti hanno festeggiato l’elezione a sindaco di Londra di Sadiq Khan, figlio di un conducente d’autobus immigrato pachistano in Gran Bretagna, avvocato, filo-europeo, musulmano.
Ovviamente una delle dimensioni più sottolineate del suo profilo è stato proprio il suo essere musulmano. La sua identità religiosa è stata letta, in positivo, come segno di vera integrazione e realizzazione di quello che Londra rappresenta per tanti, cioè un crogiuolo di culture e religioni, come segno di speranza in contrasto con il cosiddetto scontro di civiltà. Per molti altri, però, la sua religione è stata anche fonte di critiche e sospetti, di accuse di legami con il terrorismo islamista e di paure per un rischio di islamizzazione di Londra.
Anche in Italia molti sono intervenuti sul tema, benché lo spazio a esso dedicato dai mass media sia stato molto inferiore rispetto, ad esempio, a quello dato agli attentati a Parigi o a Bruxelles. Di certo entrambe le vicende (il sindaco musulmano di Londra e gli attentati islamisti in Europa), a seconda di come vengono affrontate dai media, possono avere un impatto più o meno positivo sulle relazioni del nostro paese e della nostra società con i musulmani, particolarmente con i più giovani.

La trasmissione televisiva Porta a Porta ha trattato l’argomento del sindaco musulmano a Londra invitando a discuterne il parlamentare del Pd Khalid Chaouki, trentatreenne nato in Marocco, naturalizzato italiano, musulmano. Purtroppo il servizio che ha preceduto quello sul sindaco di Londra e su cui il parlamentare era stato invitato a commentare, era riferito agli arresti di soggetti, immigrati Afgani e Pakistani, sospettati di avere legami con il terrorismo e il traffico di esseri umani attraverso il Mediterraneo avvenuti nello stesso giorno in Puglia. L’associazione di questi due temi, ha contribuito più a rinnovare l’idea del legame tra Islam e terrorismo che non quella della compatibilità tra Islam e istituzioni democratiche, impegno sociale e partecipazione politica, come invece avrebbe potuto essere il caso di una discussione approfondita sull’elezione di Khan.

A parte il caso di Porta a porta, è stato bello, però, appena qualche giorno dopo l’elezione di Khan, vedere che alcuni giornali (facendo eco a un articolo pubblicato su Mondoemissione.it, sito del mensile del Pime) hanno provato a rispondere a coloro che si chiedevano se fosse possibile l’elezione di un sindaco cristiano in un paese musulmano.
La risposta è che almeno un caso molto significativo esiste già (e non è neanche il primo): si tratta di Basuki Tjahaja Purnama, governatore di Jakarta, in Indonesia, paese con il maggior numero di musulmani al mondo. Basuki è cristiano e di etnia cinese, minoritaria nel paese. Occorre precisare che Basuki non ha vinto le elezioni direttamente, ma ha sostituito il governatore Joko Widodo, di cui era il vice, quando questi è stato chiamato a diventare presidente dell’Indonesia, nel 2014.
Come per Khan anche per Basuki molti si sono scandalizzati, e Basuki ha subito diversi attacchi razzisti (per il suo essere di etnia cinese e non-musulmano) soprattutto dagli ultraconservatori e da alcuni movimenti islamisti locali (tra cui l’FPI, il “Fronte dei difensori dell’Islam”). Altri gruppi musulmani invece gli hanno offerto il loro sostegno lanciando anche la campagna sui social media “I am a Muslim and I support Ahok”. E, forse proprio per queste somiglianze, anche il sindaco di Jakarta si è congratulato via Twitter con il neoeletto sindaco di Londra.

Quando si è presentato in politica a livello nazionale Basuki ha spiegato che, secondo lui, l’Indonesia era pronta per vivere un “effetto Obama” e andare oltre a una lunga storia di pregiudizi, violenze e risentimento tra i diversi gruppi etnici e religiosi del paese. La minoranza cinese infatti dall’indipendenza alla fine degli anni ’90 era stata costretta a un’assimilazione forzata, sperimentando forme di esclusione e discriminazione rispetto ai “nativi” indonesiani.
Oggi è sempre più importante seguire con attenzione elezioni e amministrazioni come quelle di Khan e di Basuki. Ci auguriamo che essi sappiamo essere veramente rappresentativi di tutti quelli che li hanno eletti, e non solo di una parte della società, magari connotata etnicamente o religiosamente, e che cerchino di portare a compimento l’impegno che si sono presi, contro la corruzione e per una società più giusta ed equa, in grado di prevenire divisioni al proprio interno e di garantire a tutti eguali opportunità.

di Viviana Premazzi

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