Quattordici modi per fare (ed essere) misericordia oggi.
Vestire, accogliere, visitare, insegnare, seppellire, perdonare, consolare, consigliare, dare, ammonire, sopportare, pregare. Verbi per un cristianesimo semplice. Azioni da realizzare oggi nei confronti di chi è nudo, straniero, afflitto, carcerato…
L’Editrice Missionaria Italiana ha chiesto ad alcuni autori di fama di presentare in testi brevi e dal linguaggio semplice le tradizionali opere di misericordia. Le esigenze immutabili del Vangelo si incontrano con le richieste sempre nuove dei «bisognosi» di oggi, attraverso la creatività e l’intelligenza della carità.
In occasione del Giubileo straordinario della misericordia, la Emi ha preparato un bel progetto dal nome «Fare misericordia»: 13 libretti, brevi ma intensi, che affrontano, ciascuno, una delle tradizionali 14 opere di misericordia (le due opere «dare da bere» e «dare da mangiare» sono affrontate assieme in un unico volumetto).
La misericordia è qualcosa che si fa, come quella del Samaritano nei confronti del malcapitato, come quella di Gesù lungo l’arco di tutta la sua vita terrena: «Ha fatto bene ogni cosa» (Mc 7,37). La misericordia è un attributo di Dio che si «trasferisce all’uomo» attraverso Gesù Cristo: «Come il padre ha amato me, anche io ho amato voi» (Gv 15,9), «Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34). La misericordia è l’aspetto concreto, operativo, visibile dell’amore. È la sua espressione. L’amore che non viene «realizzato», corre il serio rischio di morire. E l’amore che si rende visibile nella misericordia è incondizionato, cioè considera suoi destinatari poveri e ricchi, buoni e cattivi, amorevoli o antipatici, tutti, a prescindere da tutto, da ogni situazione o comportamento. Per questo non si può fare davvero misericordia se non ci si allontana dal piano del semplice avere, e non si arriva al piano dell’essere, a quel piano nel quale si viene coinvolti personalmente, non solo con le proprie sostanze, ma con la propria persona. Non si tratta di «cose da fare», ma di attitudini interiori, di modalità evangeliche con cui costruire relazioni. È quello che, ad esempio, testimonia con il suo Perdonare le offese, il sacerdote di strada francese Guy Gilbert, impegnato personalmente nell’accoglienza di giovani in difficoltà.
Delle «opere di misericordia» si potrebbe stilare una sorta di casistica fin dall’antico testamento: dal Secondo libro delle Cronache (2Cr 28,15) ai Salmi (Sal 112,5.9), dal libro dei Proverbi (Pr 25,21) a quello della Sapienza (cap. 4 e 35), da Isaia (Is 58,6-7) a Zaccaria (Zc 7,9-10), da Giobbe (Gb 31,16-23) a Tobia (Tb 1,16-18). Ma la pagina biblica che forse più di ogni altra ha ispitaro l’elenco delle opere come lo conosciamo oggi, è quella di Matteo sul giudizio universale: «Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? […]. Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,34-40).
Nei duemila anni di storia della Chiesa sono molte le liste delle opere di misericordia stilate. La loro variabilità e la loro presenza costante lungo venti secoli sono una sorta di certificato della loro importanza, e allo stesso tempo la dimostrazione che la creatività dell’amore espresso tramite le opere non si cristallizza in una casistica fissa e chiusa, immodificabile. Ogni tempo ha i suoi bisognosi, e quindi il suo modo di realizzare la misericordia di Dio sulla terra. La proliferazione di liste indica proprio il carattere non contenibile della misericordia.
Non c’è una lista precisa, ma c’è l’invito sempre pressante ad avere gli occhi aperti sulle persone e sulle le situazioni concrete in cui esse si trovano, e il cuore e la mente pronti a rispondere con la creatività e l’intelligenza dell’amore.
Da un lato c’è l’esigenza immutabile di un Dio creatore e misericordioso, che desidera la pienezza per tutte le sue creature, dall’altro c’è la contingenza sempre nuova, ogni volta diversa, della persona bisognosa.
C’è tuttavia una lista delle opere di misericordia che si può considerare tradizionale, almeno dal XIII secolo. Essa ne comprende quattordici, divise in sette opere di misericordia corporali (le sei elencate in Mt 25, più l’opera di seppellire i morti, molto presente ad esempio nel libro di Tobia) e sette opere di misericordia spirituali (che accompagnano quelle corporali e di esse sono in qualche modo un’interpretazione, un’applicazione sulla dimensione interiore dell’uomo).
A queste è dedicato il progetto della Emi che, oltre ai tredici volumi, ha predisposto una mostra catechetica itinerante «con fotografie e testi per conoscere le opere di misericordia corporale e spirituale tramite la parola di Dio e il consiglio di alcuni maestri del nostro tempo», disponibile per parrocchie, gruppi, comunità religiose e chiunque desideri esporla.
Luca Lorusso
da «Missioni Consolata», n.1-2, Gennaio-Febbraio 2016. pp. 75-76.
Vai alla pagina dell’Emi dedicata alla collana «Fare misericordia».
di Luca Lorusso
Luca Lorusso
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