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Rom e Sinti. Il genocidio dimenticato

Si stima che siano stati 500mila i Rom e Sinti uccisi nei campi di concentramento della Germania nazista. Il 27 gennaio, giornata dedicata alla memoria della shoah, può essere l’occasione per leggere un libro che ricordi anche loro.

 

Un viaggio a più riprese nei luoghi dello sterminio tra Polonia, Germania, Olanda, Francia, Repubblica Ceca, Austria, Ungheria e Croazia per raccogliere documentazione e testimonianze sui Rom e Sinti uccisi o internati nei campi di concentramento dai nazisti.
Carla Osella, fondatrice e presidente dell’associazione Aizo (Associazione Zingari Italiani Oggi), sociologa e pedagogista, da oltre 40 anni al fianco delle comunità sinte e rom, racconta il suo itinerario europeo alla ricerca di una memoria diretta del massacro della Seconda Guerra Mondiale nel libro Rom e Sinti. Il genocidio dimenticato, edito da Tau Editrice nel 2013.

«Mi chiamo Else Baker: da bambina sono stata deportata nei campi di concentramento di Auschwitz-Birkenau e Rovensbruck. […] Mi arrestarono nel 1943: ricordo l’arrivo delle guardie con il mantello di cuoio […]. Arrivammo ad Auschwitz davanti ad un grande stabilimento dove ci dissero di lasciare i nostri averi e i vestiti che avevamo indosso […] facemmo la doccia e alcune persone furono fatte mettere in fila per marciare verso un altro edificio, che più tardi scoprii chiamarsi crematorio».

Il testo si apre con un primo capitolo di inquadramento storico, utile per comprendere come l’antiziganismo, che ha avuto la sua massima espressione nel Terzo Reich, e che ancora oggi continua pericolosamente a serpeggiare nelle democrazie del Vecchio Continente, abbia radici profonde che affondano nella storia dell’Europa fino al Medio Evo. Dal secondo capitolo inizia il racconto del viaggio che si snoda attraverso i campi di concentramento e gli altri luoghi in cui morirono milioni di Ebrei, insieme a centinaia di migliaia di Rom e Sinti, omosessuali, handicappati, testimoni di Geova, oppositori politici. Auschwitz, Treblinka, in Polonia, Lety nella Repubblica Ceca, Dachau in Germania, Westerbork in Olanda, Natzweiler-Struthof in Francia, Mathausen in Austria, Komarom in Ungheria, Jasenovac in Croazia, e molti altri.

«Nel comune di Szczurowa abitavano cento Rom e altrettanti ebrei, i primi furono decimati, i secondi trasportati nei lager. Quella mattina del 3 luglio 1943 arrivarono i nazisti e costrinsero con la violenza tutti i Rom a salire sui loro carri trainati dai cavalli, li hanno obbligati ad arrivare al cimitero cattolico, intanto era stato chiesto a un gruppo di persone del posto di scavare una grande fossa».

Del genocidio compiuto contro i Rom e Sinti non si fa sufficiente memoria. A questo proposito, Marcella Delle Donne, nella sua prefazione ricorda alcune parole dello scrittore polacco, premio Nobel per la letteratura, Günter Grass: «Qualche anno fa, quando si parlò di erigere a Berlino un monumento alla memoria delle vittime del razzismo, lo si dovette dedicare esclusivamente alla memoria degli ebrei sterminati. Con imbarazzo si avanzarono giustificazioni dilatorie per fare in modo di inserire gli zingari in una sorta di lista d’attesa. […] Si deve constatare che si è rimasti fermi a quella rivoltante esclusione, come se sul popolo rom e sulle sue vittime continuasse a pesare il verdetto di appartenenza a una razza inferiore».
È quindi un contributo a rompere il silenzio quello di Carla Osella. L’autrice, infatti, lungo tutto il volume più volte racconta del desiderio di oblio presente nei luoghi dello sterminio e, spesso, nelle stesse comunità romanì: «Noi preferiamo dimenticare il dolore passato […]», «I morti sono mulani (sacri), e vogliamo che tali restino, forse è per questo motivo che non ne parliamo mai, a noi tocca vivere oltre il dolore della guerra; ora ci sono altre necessità per noi».

Non a caso il volume si chiude con un capitolo che parla delle orchestrine rom organizzate anche all’interno dei campi. Già nel momento in cui vivevano l’orrore cercavano un modo per scordarlo: «Spesso la sera gli zingari cantavano, suonavano, ballavano, si sarebbe detto che avevano completamente dimenticato dove si trovavano e in quali condizioni vivessero».

Il lavoro condotto da Carla Osella non è un semplice esercizio di curiosità storica. Lo scopo è quello di affermare con forza «Mai più!» in un contesto odierno in cui non sono ancora venuti a mancare i pregiudizi e il desiderio di esclusione – o addirittura di annientamento – nei confronti delle comunità di Rom e Sinti: «I progetti di sterminio fisico non sono più praticabili […] per questo si adotta la strategia dell’annientamento etnico attraverso l’assimilazione». «L’integrazione è realizzabile solo se la maggioranza è disposta ad accettare, ad accogliere al suo interno la minoranza. Concreti programmi di integrazione dovrebbero perciò mirare a cambiare l’atteggiamento della maggioranza anziché i comportamenti della minoranza».

Luca Lorusso

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