L’esperienza missionaria di 13 giovani in Mozambico.
Una nutrita rappresentanza del CAM di Torino ha orientato, quest’anno, i propri passi verso il Mozambico. L’esperienza di missione segna un passaggio fondamentale nel cammino di formazione missionaria: offre la possibilità di vivere ciò che, a fatica, si cerca di immaginare, o si conosce attraverso racconti di altri e immagini, sull’Africa.
Un’esperienza in grado di aprire la mente e segnare il cuore in modo definitivo.
L’Africa, vissuta quotidianamente per venti giorni, con le sue realtà di povertà inumana e straziante; con i sorrisi spontanei e «pieni» delle persone che vedono in te, da subito, un amico; con le sue forti contraddizioni – nel mezzo di nulla, dopo un’ora e mezza di pick-up lungo una strada sterrata, giù per il bosco, il cellulare non perde mai il segnale -, prende la tua vita, le tue sicurezze, i tuoi sogni, li scuote e li riorganizza per farti una proposta.
Proprio così. Se mi chiedete cos’è, per me, l’Africa, vi rispondo senza esitazione: una proposta!
Forse la più bella e sfidante ricevuta in 35 anni di vita. Una proposta traboccante di gioia.
La nostra esperienza: immergerci in ondate di bambini festosi che si aggrappano a te e ti stringono, quasi a non volerti lasciare andare; pietrificarci di fronte allo sguardo affaticato dei gemelli Geremia e Florenzia, di 4-5 anni, malnutriti e abbandonati a un destino che non riesci neanche a immaginare, e ritrovarci, improvvisamente, pieni di carica per cercare, se non altro, di regalare loro un giorno diverso, anche uno soltanto, ma magari quello che permetterà ai loro cuori di sognare qualcosa di diverso; stupirci nel sentirci a casa in mezzo a una comunità di cento persone, lontana 50 km dal primo paese, che viene visitata una volta all’anno dal parroco per la santa Messa e che, per tale evento, si presenta nel modo più ordinato, nobile e dignitoso che tu abbia mai visto. E ancora: incontrare due suore, native di quei luoghi, che operano, senza mezzi, nel cuore della povertà e che, accompagnate dal canto e dalla preghiera, diventano uno strumento vivo dell’Amore di Cristo, dotate di una forza e una determinazione in grado di costruire una speranza vera a ogni sorgere del sole.
Marco, Irene, Daniel, Ramona, Virginia, Chiara, Matteo, Francesca, Emanuele, Laura, Paola, Elisabetta, padre Nicholas e io abbiamo ricevuto ciascuno la propria proposta. Ora che siamo tornati, essa è vissuta intimamente e trova il suo significato più autentico nella reciprocità del gruppo.
Abbiamo ricevuto una grazia: quella dell’incontro. Ora abbiamo tutti la responsabilità di costruire la nostra vita intorno a quella proposta, ognuno con i propri carismi, ognuno nel rispetto della propria vocazione. Ora, usando un pensiero del beato Allamano, «dobbiamo attrarre alla vita missionaria con il nostro esempio».
di Marco Palestro
Marco Palestro
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