Attualità, ricerca e memoria per la pratica della nonviolenza.
La strada maestra che OPAL propone è quella – duplice – della conoscenza precisa del quadro internazionale entro cui si svolgono i trasferimenti di armamenti, mantenendo una memoria viva e critica sui disastri della guerra e promuovendo i metodi della cultura nonviolenta.
Autore:
OPAL – Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere
Una onlus promossa da diverse realtà dell’associazionismo bresciano e da singoli cittadini per diffondere la cultura della pace.
Contenuti:
Questo quinto Annuario di OPAL parte dalla cronaca quotidiana (prima sezione, L’attualità) per segnalare i temi prioritari su cui dovrebbe concentrarsi il dibattito pubblico, a cominciare dalle vicende giudiziarie dell’azienda Beretta e del "riciclaggio" di pistole usate destinate all’Iraq, vero case study internazionalmente noto e finalmente approdato – nel marzo 2012 – a un’aula di tribunale dopo nove anni d’inchiesta. Abbiamo constatato la presenza di armi leggere bresciane sulle piazze e negli scontri delle primavere arabe, in particolare in Libia, con Gheddafi prima sotto embargo, poi "sdoganato", quindi cliente dell’industria militare europea, prima di essere eliminato in una guerra andata ben oltre la legalità internazionale. La strada maestra che OPAL propone è quella – duplice – della conoscenza precisa del quadro internazionale entro cui si svolgono i trasferimenti di armamenti, mantenendo una memoria viva e critica sui disastri della guerra e promuovendo i metodi della cultura nonviolenta. Così l’Annuario 2012 propone una sezione (La ricerca) in cui studiosi tra i più autorevoli in Italia forniscono i dati del quadro internazionale, profondamente modificato sotto i colpi della crisi e della finanziarizzazione, per quanto riguarda sia il commercio di sistemi militari che la produzione nei settori di punta dell’industria per la difesa, come quello aerospaziale. Le carenze informative sono infatti tuttora ampie, come è apparso chiaro anche lungo la trattativa diplomatica che sta portando alla storica meta del Trattato internazionale sul commercio delle armi convenzionali, in prossima discussione all’Onu. In una terza sezione (La memoria) indichiamo come esemplari di una pratica nonviolenta e antimilitarista le esperienze degli obiettori di coscienza bresciani al servizio militare negli anni Settanta, e quelle degli "obiettori professionali", cioè dei lavoratori occupati presso aziende armiere, che negli anni Settanta-Ottanta manifestarono la loro volontà di non collaborare alle produzioni belliche.
anno: 2012
formato: 17×24
pagg. 272
euro 17,00
INDICE
Introduzione, 7
Prima parte – L’ATTUALITÀ
Nove anni di inchiesta sulle "pistole fantasma" di Beretta
di Carlo Tombola, 11
Le esportazioni europee di armi alla Libia: un caso da manuale
di Giorgio Beretta, 29
Per un trattato sulle armi convenzionali: il mondo delle Ong visto dall’interno
Intervista a Sergio Finardi, a cura di Carlo Tombola, 51
Seconda parte – LA RICERCA
Il commercio internazionale di armamenti: dalla caduta del muro di Berlino alla crisi finanziaria internazionale
di Giorgio Beretta, 75
L’industria aerospaziale e della difesa in Europa tra integrazione e cambiamenti strutturali
di Gianni Alioti, 143
Terza parte – LA MEMORIA
"Non fate niente contro la vostra coscienza". Obiezione di coscienza e antimilitarismo nonviolento a Brescia negli anni Settanta: una storia possibile
di Mimmo Cortese e Roberto Cucchini, 171
Alcune riflessioni sull’obiezione professionale alla produzione militare
di Elio Pagani, 255
Recensioni
di Carlo Tombola, 267
PRESENTAZIONE
La necessità di un dibattito ampio e approfondito sulla "questione delle armi", sul ruolo dell’industria militare, sulla trasparenza dei trasferimenti internazionali di armamenti è continuamente ribadita dall’attualità. La corruzione che accompagna la compravendita dei grandi sistemi d’arma, la legalità solo apparente di molti trasferimenti verso i paesi del "Sud del mondo" – dove ancora si alternano al potere molti regimi militari –, le "insurrezioni" sostenute militarmente da "paesi democratici" contro dittatori fino a ieri armati da quegli stessi paesi (come Saleh in Yemen, Gheddafi in Libia, l’ivoriano Gbagbo), la copertura fornita dai governi a quelle che vengono presentate come questioni che concernono il cosiddetto "interesse nazionale" quando si tratta meramente di affari giganteschi: ebbene, tutto ciò passa sotto gli occhi dell’opinione pubblica, talvolta anche nella forma dell’inchiesta giudiziaria, più spesso su sollecitazione di ricercatori e giornalisti, ma fatica a proporsi al centro del dibattito politico.
Questo quinto Annuario di OPAL riparte (si veda la prima sezione, L’attualità) proprio dai fatti del giorno per segnalare non solo le carenze del dibattito pubblico ma i temi prioritari su cui l’attenzione dovrebbe concentrarsi: a cominciare dalle vicende giudiziarie dell’azienda Beretta e del "riciclaggio" di pistole usate destinate all’Iraq, vero case study internazionalmente noto ma rimasto dal 2003 al marzo 2012 nei cassetti della Procura di Brescia, forse anche a causa dell’alto livello dei funzionari pubblici coinvolti.
Abbiamo poi visto la presenza di armi leggere bresciane – insieme a sistemi convenzionali di produzione italiana – sulle piazze e negli scontri delle cosiddette primavere arabe, e in particolare nel teatro della guerra libica, dove esattamente un secolo prima fece le sue prove l’imperialismo in versione tricolore. Le vicende libiche sono esemplari dell’atteggiamento dei governi europei nei confronti dei dittatori: il "terrorista" Gheddafi , una volta "sdoganato" dal lungo embargo, è divenuto ambito cliente, prima, dei grandi complessi militar-industriali inglesi, francesi, tedeschi, americani e anche italiani, attirati dai petrodollari del colonnello; poi, al primo manifestarsi di una seria opposizione interna, Gheddafi è divenuto oggetto di sanzioni preventive di natura finanziaria e quindi bersaglio di una campagna militare che è andata ben oltre il mandato della comunità internazionale.
Va da sé che i "ribelli" siano diventati subito disponibili ad accettare l’appoggio e le forniture militari occidentali, mentre promettevano lucrosi contratti per la ricostruzione e la spartizione delle risorse energetiche con i nuovi alleati.
Di fronte a questi fatti, la strada maestra che OPAL propone è quella – duplice – di una conoscenza approfondita e anche "tecnica" del quadro internazionale entro cui si svolgono i trasferimenti di armamenti, e di una memoria mantenuta sempre viva e critica intorno non soltanto agli storici disastri della guerra ma soprattutto ai metodi e ai temi della cultura nonviolenta, per un’educazione pacifica, per una riconversione culturale ed economica.
Così l’Annuario 2012 propone anche una sezione (La ricerca) in cui studiosi tra i più impegnati in Italia forniscono i dati di un quadro internazionale che negli ultimi anni si è profondamente modificato sotto i colpi della crisi e della finanziarizzazione, sia per quanto riguarda il commercio – e quindi la proiezione internazionale dei paesi leader nella produzione armiera – sia per la produzione nei settori di punta dell’industria per la difesa, come quello aerospaziale. Le carenze informative sono infatti tuttora ampie, come è apparso chiaro anche lungo la negoziazione diplomatica che sta portando alla storica meta del trattato internazionale sul commercio delle armi convenzionali, in prossima discussione all’Onu.
Una terza sezione (La memoria) è dedicata infine a indicare come esemplari di una pratica nonviolenta antimilitarista (ma non solo) le esperienze degli obiettori di coscienza bresciani al servizio militare negli anni Settanta, e quelle dei cosiddetti "obiettori professionali", cioè di lavoratori occupati presso aziende armiere, che tra gli anni Settanta e Ottanta dichiararono la loro volontà di non collaborare alle produzioni belliche.
di EMI – Editrice Missionaria Italiana
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