Sono composti, i movimenti lenti e sicuri; entrano uno ad uno per prendere posto nella lunga navata vuota.
Tre volte al giorno, ogni giorno, ogni settimana. È una coreografia ben eseguita che incanta molti. Ma non sono i manichini di una vetrina.
Un uomo alto, magro e ricurvo; un giovane color noce minuscolo nel suo bianco saio; un signore basso con le orecchie a sventola e gli occhiali tondi nato in questo paese, la Francia; un anziano imponente proveniente dalla lontana Cina… È buffo pensarli “fratelli”.
Sono tanti i pellegrini che vengono a pregare con loro, sedendo a terra, riempiendo le due navate laterali prive di panche e sedie. In silenzio offrono se stessi al rapporto personale con Cri-sto, in un pellegrinaggio comune e singolare per ciascuno.
La comunità di Taizé fu fondata il giorno di Pasqua del 1949, sulla collina di Taizé, in Borgogna, intorno alla figura di frère Roger, votata alla comunione e
alla semplicità. Da subito, molti giovani cominciarono a visitarla.
Dagli anni 50 alcuni fratelli si trasferirono in luoghi disagiati per assistere i poveri. Nel decennio successivo iniziarono a visitare sempre più di frequente i paesi dell’Europa dell’Est.
Frère Roger, che sentiva il bisogno di creare una comunità in cui si concretizzasse la riconciliazione fra i cristiani delle diverse confessioni, si fece ispirare dalle parole di papa Giovanni XXIII: «Non cercheremo di sapere chi ha avuto torto e chi ragione, ma diremo: riconciliamoci!».
Oggi sono più di cento i fratelli provenienti da circa trenta nazioni, cattolici e di diverse chiese evangeliche; centinaia di migliaia di giovani sono giunti a
Taizé nel corso dei decenni, anche ortodossi. Papa Giovanni Paolo II, tre arcivescovi di Canterbury, alcuni metropoliti ortodossi, i quattordici vescovi luterani svedesi e numerosi pastori del mondo intero vi si sono recati.
A frère Roger, ucciso all’età di 90 anni durante la preghiera serale, è succeduto a capo della comunità frère Alois che porta avanti il pellegrinaggio di
fiducia cominciato dal fondatore.
Il giorno prima di partire per la Romania nello scorso ottobre frère Alois ha incontrato i giovani riuniti a Taizé durante quella settimana per donare loro tre parole: Fede, Rispetto e Fiducia: «Se tornate a casa con queste, avete bagaglio a sufficienza». Ha parlato loro di ecumenismo, spiegando di essere cattolico perché educato al cattolicesimo fin dalla sua infanzia in Francia e sottolineando come sia importante arricchirsi vicendevolmente. Gli incontri organizzati a Taizé sono indirizzati a chi cerca le radici della propria fede, a chi le ha perse e vuole ritrovarle, a chi le ha salde e vuole far ramificare l’albero della sua vita. Hanno al centro lo spirito di pace e riconciliazione su cui la comunità è fondata. E la fiducia. Quella di ciascuno in Dio e quella di Dio in ciascuno.
Non esiste un movimento di giovani legato alla comunità, poiché ognuno è chiamato a diffondere la fiducia trovata a Taizé nella propria parrocchia, famiglia,
luogo di lavoro.
Gli incontri sono intercontinentali, le preghiere e celebrazioni mescolano lingue dei quattro angoli del mondo. Poche parole vengono pronunciate, eppure nulla viene perso, tutto si riconduce all’essenziale e tutti pregano con esso.
I versetti della Scrittura ripetuti in musica per diversi minuti rendono la preghiera meditativa.
Ogni mattina si può ricevere l’Eucarestia. Chi non si sente pronto, chi non ha fatto la Prima Comunione, chi non è cattolico, può prendere il pane benedetto. Chi ne avesse bisogno può ricevere ostie senza glutine. Nessuno è escluso dalla condivisione del pane spezzato.
Le icone sulle quali soffermare lo sguardo durante la preghiera sono quelle della chiesa ortodossa: piene di simboli, aiutano ad aprire i cuori al mistero della Fede. Quella della Resurrezione è ritenuta essenziale per i cristiani di tutte le chiese: come Gesù scende rapidamente agli inferi per porgere la mano ad Adamo ed Eva, così viene a salvare tutti.
Le campane suonano fino all’ingresso dell’ultimo frate.
Al termine di un soggiorno spirituale a Taizé ci si può stupire davanti all’impossibilità di dare una risposta a chi chiede a quali chiese appartenessero i compagni di stanza. D’altronde, come scrisse una “compagna di secolo” e amica di frère Roger, Madre Teresa di Calcutta, nell’ultimo libro che pubblicarono insieme: «La gente di tutto il mondo può sembrare diversa, o avere una religione diversa, una diversa educazione o posizione, ma è sempre la stessa. È tutta gente da amare».
Di Nadia Anselmo
Nadia Anselmo
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