Il tema pedagogico attraversa tutta la Scrittura: Dio educa il suo popolo all’accoglienza del suo Amore.
“Educare alla vita buona del Vangelo” è il tema degli orientamenti pastorali per il decennio 2010-2020 della Cei.
Quando l’uomo è oggetto d’ingiustizia, di sfruttamento. Quando tanti, troppi, bambini si trovano nella condizione di non poter sognare una fanciullezza spensierata e il loro futuro è lasciato in balia di acque malefiche che li trascinano verso l’angoscia della miseria o, peggio, della morte. Quando si analizzano i grandi problemi che affliggono l’umanità viene da chiedersi dove si trovi Dio.
Ci sembra di sentire la voce del Salmista che s’interroga con angoscia sull’identità dell’uomo: «Che cosa è l’uomo perché te ne ricordi, e il figlio dell’uomo perché te ne curi?» (Sal 8,5; cf. Sal 144,3), e che trova, con stupore, una risposta: «Eppure l’hai fatto poco meno di ’Elôhîm, di gloria e di onore l’hai coronato».
Dio ha cura dell’umanità e non potrebbe fare altrimenti perché l’uomo è circonfuso della stessa gloria e onore di Dio. Infatti nel libro della Genesi leggiamo che Dio ha creato l’umanità a sua immagine e somiglianza (cf. Gen 1,26-27; 5,1-2). È questo sigillo divino che ci distingue dal resto del creato e che “costringe” Dio ad aver cura di noi anche attraverso insegnamenti precisi: Dio l’educatore e noi gli educandi.
Al momento della creazione Dio non crea Adamo ed Eva, ma crea un Adam, che è simultaneamente maschio e femmina. Dio chiama le sue creature “Adam” (cf. Gen 5,2) e non “uomini” come si trova in tante traduzioni della Bibbia. Un Adam maschio e un Adam femmina, creati ad immagine e somiglianza di Dio. Qui si capisce la vera vocazione dell’Adam creato: egli deve realizzare l’unità, divenendo da due – maschio e femmina – uno, come Dio che è Uno (Dt 6,4).
Gesù stesso prega per questa unità (cf. Gv 17,20-26). La Bibbia racconta che l’unità viene subito infranta: Caino uccide suo fratello Abele (Gen 4); la costruzione della torre di Babele genera la confusione delle lingue (Gen 12). Dio offre ad Israele un’alleanza d’amore, ma le parole di quest’ultimo: «Tutti i comandi che ha dato il Signore, noi li eseguiremo» (Es 24,3.7), vengono subito contraddette quando Israele si prostra in adorazione del vitello d’oro (cf. Es 32) cambiando «la gloria dell’incorruttibile Dio con la figura dell’uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili» (Rom 1,23).
Allora Dio interviene per correggere ed educare il suo popolo. Paradigmatico ci sembra il seguente testo del Levitico: «Se nemmeno dopo questo [castigo] mi ascolterete, io vi castigherò sette volte di più per i vostri peccati… Se vi opporrete a me e non mi ascolterete, io vi colpirò sette volte di più, secondo i vostri peccati» (Lv 26,18-28). Il libro del Deuteronomio ci presenta la figura paterna di Dio, che educa il suo «figlio primogenito» (cf. Es 4,22) Israele, mentre soggiorna nel deserto in cammino verso la terra promessa: «Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore e se tu avresti osservato o no i suoi comandi. Egli dunque ti ha umiliato, ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto, per farti capire che l’uomo non vive soltanto di pane, ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore. Il tuo vestito non ti si è logorato addosso e il tuo piede non si è gonfiato durante questi quarant’anni. Riconosci dunque in cuor tuo che, come un uomo corregge il figlio, così il Signore tuo Dio corregge te» (Dt 8,2-5).
Attraverso l’alleanza stipulata al Sinai, Israele impara a conoscere l’amore che Dio nutre per lui: «Dal cielo ti ha fatto udire la sua voce per educarti; sulla terra ti ha mostrato il suo grande fuoco e tu hai udito le sue parole di mezzo al fuoco» (Dt 4,36).
I libri dell’Antico Testamento mostrano quanto Israele trovasse difficile accettare le correzioni che Dio gli impartiva anche attraverso i suoi profeti. Lo stesso Stefano, prima di essere lapidato, citando Dt 9,13 e Is 63,10, dice di Israele: «O gente testarda e pagana nel cuore e nelle orecchie, voi sempre opponete resistenza allo Spirito Santo; come i vostri padri così anche voi» (At 7,51). Si legge nelle parole di Stefano l’eco del ritornello che spesso troviamo in Geremia: «Ma essi non vollero ascoltare né prestare orecchio, anzi indurirono la loro cervice per non ascoltarmi e per non accogliere la lezione» (Ger 17,23); «Essi mi voltarono la schiena invece della faccia; io li istruivo con continua premura, ma essi non ascoltarono e non impararono la correzione».
Senza perdere la pazienza, Dio continua a impartire i suoi insegnamenti e le sue correzioni ad un popolo che sembra essere sordo, dal cuore indurito e dalla mente ottusa (cf. Rom 1,21). È fuori dubbio che anche oggi l’umanità abbia bisogno di un paziente educatore per “tornare” all’unità.
Per rispondere alla cura amorosa di Dio è necessario che ciascuno fermi la propria corsa sfrenata e si metta in cammino verso il mistero della sua interiorità per riscoprire lì l’immagine di Dio, quell’impronta divina lasciata dal dito del Creatore. Solo in questo santuario imparerà a conoscere, amare e adorare il proprio Signore. Tutte le altre voci, anche quelle dei profeti moderni, rischiano di volar via sospinte dai venti delle troppe ideologie.
Antonio Magnante
Di Antonio Magnante
Antonio Magnante
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