In questo tempo di crisi economica e finanziaria che vede molti poveri impoverire ulteriormente, si fa sempre più evidente la necessità di solidarietà.
Proponiamo la riflessione di un economista che, prendendo spunto proprio dai due termini solidarietà e crisi, li avvicina per spiegarli l’uno alla luce dell’altro e per cercane il punto d’incontro.
Crisi
La crisi economico-finanziaria che sta agitando il mondo intero da diversi mesi è uno dei temi più presenti nei media nazionali e internazionali, tuttavia la comprensione delle sue cause e dei suoi meccanismi non è affatto scontata. È utile iniziare con quattro puntualizzazioni:
a- Le crisi economico-finanziarie sono elementi strutturali, e quindi ineludibili, del nostro sistema sociale. Appare difficile ipotizzare una quotidianità perennemente indenne da crisi. Basta pensare alle innovazioni tecnologiche che, almeno secondo alcune teorie, possono avvenire esclusivamente grazie a periodi di forte destrutturazione dell’esistente (ovvero di crisi). Il dato problematico della situazione nella quale siamo oggi è il susseguirsi sempre più ravvicinato di tante crisi che imperversano nel sistema economico: questo può essere interpretato come l’espressione dell’instabilità complessiva di un sistema alla ricerca di nuovi equilibri.
b- La matrice finanziaria delle ultime crisi. L’attività finanziaria consente di spostare velocemente enormi quantità di risorse dove queste sono considerate “necessarie”. Si tratta, quindi, di uno strumento molto potente. Se esso, tuttavia, opera in assenza di regolamentazioni condivise (soprattutto internazionali), e di criteri di priorità nell’assegnazione delle risorse, la sua “potenza” si può ritorcere contro il sistema stesso.
c- Il modello sociale attuale è essenzialmente incentrato su un paradigma di crescita economica continua. Così come è messo in pratica esso comincia a dimostrare alcuni segnali di cedimento. Appare utile ripensarne i fondamenti.
d- La crisi economica qui analizzata è una crisi dell’intero sistema. Viceversa la dimensione della solidarietà ha un carattere prettamente individuale. Occorre quindi “gestire” anche un disagio sempre più diffuso che nasce dalla percezione dell’impossibilità di fare qualcosa per cambiare le “regole del gioco”.
Nel nostro quotidiano sono sempre più evidenti gli effetti della crisi: una contrazione dei consumi, una disoccupazione in crescita, imprese anche sane che chiudono per carenza di risorse finanziarie. Inoltre, dal punto di vista del singolo individuo, emerge una certa sensazione di impotenza. La possibilità di opposizione a questo sistema economico globale sembra essere pressoché nulla.
Ricchezza e Benessere
La libera contrattazione di mercato per la regolazione dei rapporti economici tra persone ed organizzazioni può ancora essere considerato uno strumento utile (ancorché non esente da difetti). Anche il modello di sviluppo sociale basato sulla crescita storicamente ha un suo fondamento in qualità di strumento al servizio dell’uomo e non di fine ultimo.
Osservare il mercato e la crescita come strumenti al servizio di un fine (l’uomo appunto) consente di coglierne tempestivamente le inefficienze e permette di correggerne il funzionamento mantenendo ciò che di buono hanno e, ancora di più, fornendo un rinnovato orizzonte per il nostro agire.
Proponiamo un esempio: si legge su Wikipedia che il primo prototipo di macchina per lavare i panni fu sviluppato nel 1767 da un teologo di Ratisbona, Jacob Christian Schäffern. La prima lavatrice elettrica fu prodotta nel 1907 da Alva Fisher (1) . Secondo il paradigma della crescita economica, maggiore disponibilità vi è di uno strumento (utile) come la lavatrice, maggiore è il benessere della popolazione. Quindi: se contiamo il numero delle lavatrici vendute o effettuiamo la somma del loro valore, otteniamo un indice di ricchezza che si avvicina all’indice di benessere. Questo ragionamento, quando riguarda l’introduzione di un nuovo prodotto (utile) sul mercato non appare sbagliato, presenta tuttavia il suo limite quando già ogni persona possiede una lavatrice: è evidente che disporre di 4 lavatrici a testa costituisce certamente ricchezza (2) ma ci sono forti dubbi sul fatto che costituisca anche benessere.
Il problema qui sommariamente descritto richiede uno “spostamento” di prospettiva. La disponibilità di beni economici non costituisce sempre un aiuto.
Anche il concetto di utilità può essere messo in discussione. La stessa convinzione che l’attuale sistema economico sia razionale è da riconsiderare: il singolo operatore economico, infatti, ha una visione parziale del sistema in cui opera e, inoltre, può constatare in esso la presenza di difetti. Si può quindi considerare razionale un modello che ha come orizzonte esclusivo l’interesse del singolo ed il brevissimo termine?
Un sistema “auto regolante” come quello della concorrenza perfetta (anche ammesso che sia una condizione desiderabile) cui delegare ogni decisione in materia economico distributiva sussiste solo se esistono alcune condizioni preventive come, ad esempio, l’assoluta uniformità nel grado di conoscenza del sistema da parte dei vari operatori economici. Nella realtà queste condizioni non si verificano mai.
Inoltre il termine “economico” non è sinonimo di “immediato” ed “individuale”, ma ha un significato molto più ampio: pianificazione strategica di lungo termine, visione individuale e collettiva dei problemi, rendicontazione delle esternalità del proprio agire, sostenibilità, indici di priorità, ecc.
Molti di questi aspetti, già trascurati in tempo di benessere, vengono ulteriormente accantonati in tempi di crisi in cui il contingente emerge con tutta la sua prepotenza.
Solidarietà
Crisi e solidarietà sono due realtà da analizzare e considerare anche nei momenti di benessere. In particolare nel nostro paese vi è una marcata assenza di cultura della prevenzione. A volte si è fatta confusione tra la spensieratezza (intesa come condizione desiderabile di serenità) e il disinteresse e la negligenza. In tempi di benessere vi sono gli spazi per riflettere sul modello di crescita e di sviluppo, si è slegati da un contesto stringente di difficoltà, disoccupazione, ristrettezze. Si possono accantonare le risorse e si può impostare un modello sociale che investa anche in attività che non richiedano un immediato ritorno economico. Nei momenti di emergenza, quando la stessa sopravvivenza è messa a repentaglio tutto assume contorni più torbidi.
La solidarietà intesa come reciprocità e fratellanza, può essere pericolosamente sostituita dall’assistenzialismo e, pertanto, relegata a momenti di bisogno o ad attività di tipo esclusivamente volontaristico. Si legge nell’enciclica Caritas in Veritate: «Capita talvolta che chi è destinatario degli aiuti diventi funzionale a chi lo aiuta e che i poveri servano a mantenere in vita dispendiose organizzazioni burocratiche che riservano per la propria conservazione percentuali troppo elevate di quelle risorse che invece dovrebbero essere destinate allo sviluppo».
Organizzazioni come quelle descritte dal Papa non sono strumenti di vera solidarietà e non sono nemmeno efficienti dal punto di vista economico perché un organismo parassitario distrugge ricchezza, non la crea. Per converso se si aiuta lo sviluppo di una popolazione senza una prospettiva di collaborazione futura si rischia di far crescere potenziali pericolosi competitori che, a loro volta, nel lungo termine possono mettere a rischio il nostro benessere. L’unica variabile che possa economicamente giustificare un comportamento solidale è quella della reciprocità nella fratellanza.
La Solidarietà dovrebbe nascere già in contesti di benessere, senza attendere la crisi, attraverso la condivisione di progetti, idee, fini di sviluppo congiunto costruendo un substrato solido di conoscenze, rapporti, progetti, un tessuto sociale coeso, pronto a rispondere in maniera armonica alle istanze della crisi quando questa inevitabilmente si presenta. Un rapporto di fratellanza di questo genere non preclude una sana competizione che può essere da stimolo per la crescita di tutti. Impedisce, tuttavia, che questa degeneri in conflitto.
L’uomo: progetto d’amore e soggetto economico
Il Papa Benedetto XVI scrive ancora: «Sì, cari amici, Dio ci ama. Questa è la grande verità della nostra vita e che dà senso a tutto il resto. Non siamo frutto del caso o dell’irrazionalità, ma all’origine della nostra esistenza c’è un progetto d’amore di Dio.[…]» (3).
Come si concilia questo progetto di Dio con il nostro essere soggetti economici? Nel nostro quotidiano, da studenti, da lavoratori e da consumatori noi siamo gli “amministratori” del progetto che Dio ha su di noi.
La maggior parte di noi svolge contemporaneamente sia il ruolo di produttore che quello di consumatore. Se uno stile di consumo etico è strumento valido di solidarietà sociale, ancora di più può esserlo lo stile di produzione. La progettualità economica stessa, se eticamente orientata subisce un cambiamento, può meglio armonizzarsi con il Progetto d’Amore di Dio.
La solidarietà necessita, per essere sostenibile, di una base di reciprocità, la quale, in presenza di relazioni asimmetriche, richiede ad entrambi i soggetti di operare sulla base di obiettivi e valori comuni rinunciando ad un immediato scambio di equivalenti (come richiede il mercato) ma non esentando nessuno dall’apporto di un necessario contributo. Operando da produttore posso, nel mio ambito ristretto, cambiare il quotidiano di tutti i soggetti con cui mi relaziono. Non si tratta di lottare “contro”, ma di “vivere per”, utilizzando i potenti strumenti economici a tal fine.
Il paradigma della crescita, quindi, può essere rimodulato proprio dando un nuovo significato “solidale” alla crescita stessa.
Facciamo un altro esempio: il costo del Riso Basmati proveniente dal commercio equo e solidale è di 2,90 euro per mezzo chilo; il costo del Riso Basmati italiano è di circa 4 euro per un chilo.
La differenza di prezzo è pari a circa il 45%. Qual è l’origine di questa differenza? Lo sfruttamento industriale, spesso intensivo e indiscriminato di persone e ambiente che sta dietro al prodotto “non equo e solidale” per ridurre i costi di produzione? L’inefficienza del canale etico, che fa salire il prezzo dei suoi prodotti? Altro?
Può il prezzo da solo riassumere tutte le caratteristiche del prodotto?
Da consumatori potremmo mutare il paradigma della crescita rinunciando ad un aumento quantitativo del riso a nostra disposizione decidendo (eventualmente) di comprare il riso del commercio equo e solidale.
Purtroppo, soprattutto in tempo di crisi, non è sufficiente agire da consumatore etico, è necessario agire anche da produttore etico: nello svolgimento della nostra attività professionale, dove siamo chiamati istituzionalmente a sviscerare le cause dei problemi, a comprendere le dinamiche di settori molto tecnici, lì siamo chiamati ad essere “fecondi” ed anche a farci portatori di conoscenza verso tutti coloro che operano da “consumatori” di una determinata realtà.
In questo modo potremo con efficacia rispondere all’istanza della Caritas in Veritate: «Non posso “donare” all’altro del mio, senza avergli dato in primo luogo ciò che gli compete secondo giustizia».
ASPETTO MISSIONARIO e CRISTIANO
Un buon modello economico, riguardo al rapporto con beni la cui disponibilità è limitata, può suggerire il modo migliore per impiegarli, il modo più fruttuoso per godere di ciò di cui si dispone, eliminando le inefficienze che per egoismi, incomprensioni, tensioni, incapacità, si producono.
Per poter andare oltre, per vivere la fratellanza in senso Cristiano occorre interrogarsi sul senso ultimo dell’uomo e prendere in considerazione variabili quali, ad esempio, la Provvidenza che calata in un qualsiasi modello economico lo fanno letteralmente “impazzire”.
Un monito cruciale per i Cristiani è presente nella Caritas in Veritate al punto 19: «La società sempre più globalizzata ci rende vicini, ma non ci rende fratelli. La ragione, da sola, è in grado di cogliere l’uguaglianza tra gli uomini e di stabilire una convivenza civica tra loro, ma non riesce a fondare la fraternità. Questa ha origine da una vocazione trascendente di Dio Padre, che ci ha amati per primo, insegnandoci per mezzo del Figlio che cosa sia la carità fraterna».
Concludiamo questa riflessione su solidarietà e crisi economica con tre pensieri:
1) Oggi risulta essere particolarmente difficile raccordare le istanze del cristianesimo con le contingenze economiche. Esplorare questa “terra di mezzo” tra teoria e pratica è una grande sfida di quest’epoca che vale la pena raccogliere creando laboratori di modelli economici sostenibili, aggregazioni produttivo/lavorative fondate su criteri di giustizia e di solidarietà, portando nel contesto produttivo attuale forza lavoro competente, cristianamente orientata, in grado di uscire dalla logica per cui le regole economiche possono essere una “zona franca” dell’etica.
2) Distinguere tra volontariato ed attività ordinarie. Tutto ciò che si svolge nell’ambito del volontariato, pur essendo essenziale, resta pur sempre relegato ad un ambito della vita “facoltativo”. La partita economica si gioca, invece, nel cuore dell’attività di scambio e di produzione. Poter lavorare su questo aspetto ogni giorno con competenza e con potere di influenza (ognuno per il suo ambito) è ciò che può fare la differenza.
3) Come fare quindi? Quello che ciascuno può fare è poco più di una goccia se paragonato all’oceano del sistema economico. Conseguentemente l’influenza individuale che possiamo avere è marginale. Non è solo nella divisione/distribuzione dell’esistente, tuttavia, che mettiamo a disposizione i nostri talenti, ma anche nel decidere cosa, come, dove produrre, nel decidere cosa consumare, come trascorrere le ore di svago, che modelli di socialità proporre e vivere.
In un articolo del sole 24 ore dal titolo “Etica al centro del nuovo futuro” (4) si parla del attuale modello sociale basato sulla “ragione economica e sul calcolo razionale”. Esso viene criticato perché basato sull’uso della ragione nell’orizzonte ristretto della pura “sopravvivenza” e viene auspicata un’estensione dell’orizzonte alla «[…] vita buona che, non a caso, per Arisotele è –ad un tempo- del singolo e di tutti, oppure semplicemente non è».
NOTE:
1 http://it.wikipedia.org/wiki/Lavatrice del 16 settembre 2011.
2 Definita come “abbondanza di beni materiali”.
3 Alcune delle parole di papa Benedetto XVI pronunciate durante la veglia del sabato sera della GMG di Madrid.
4 Il sole 24 ore – Mercoledì 14 settembre 2011 – Angelo Scola “Etica al centro del nuovo futuro”.
Di Marcello Allasia
Marcello Allasia
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