Ritratto a quattro mani del beato P.G. Frassati. Il suo impegno sociale e politico, ed il nostro, nel nostro tempo di crisi. Vita cristiana, missione, gioia di vivere, poveri.
SOMMARIO:
L’IMPEGNO SOCIO–POLITICO DEI CRISTIANI A PARTIRE DALLA FIGURA DI PIER GIORGIO FRASSATI di Giancarlo Chiapello
– “Semplicemente” cristiano
– L’impegno per i poveri, l’impegno politico
– Sporcarsi le mani… con Dio, con il prossimo
– Il losco lestofante antifascista
– “Verso l’alto”
– Attraverso le inquietudini che agitano la società
– «Sentinella a che punto è la notte?»
– Essere ciò che si è
PIER GIORGIO FRASSATI. UN ALTO IDEALE DI VITA MISSIONARIA di Nicola Di Mauro
– L’impegno missionario
– Lo studio, la montagna, gli amici, i poveri
– Straordinario nell’ordinario
– Fede e carità
– «Per far conquiste»
– Qualcosa di più
– Breve nota biografica
L’IMPEGNO SOCIO–POLITICO DEI CRISTIANI A PARTIRE DALLA FIGURA DI PIER GIORGIO FRASSATI
di Giancarlo Chiapello
In un’epoca di affanni sociali e morali, in cui le nostre comunità, faticano a vivere la dimensione del “noi” a causa di una “egolatria” sempre più pervasiva, la figura del giovane Pier Giorgio Frassati insegna, oggi più che mai, la bellezza di “farsi prossimo” in spirito di servizio e di esercitare con coerenza la virtù della carità. E la politica, come ebbe a dire papa Paolo VI, è un’alta ed esigente espressione della carità che è poi la virtù più grande[1].
“Semplicemente” cristiano
Frassati vive una vita breve ma intensa. Nasce a Torino nel 1901 in una famiglia dell’alta borghesia subalpina, riceve un’educazione assai rigida, ma ha un carattere aperto, ama stare con gli amici, fa parte della goliardia universitaria, adora la montagna: è un giovane di belle speranze con una fede solida che lo porta a preoccuparsi degli altri, in particolare dei poveri. Fa parte dell’Azione Cattolica e della Fuci, la “Federazione Universitaria Cattolica Italiana”, è impegnato nella San Vincenzo, Terziario Domenicano, assiduo nell’adorazione notturna. Scaldato dal suo amore per Dio, è tutt’altro che un tiepido di fronte agli uomini e donne che incontra, e alle vicende della propria vita.
Riflettendo su questo Beato della Chiesa torinese è calzante un pensiero del cardinal Tettamanzi sull’enciclica Deus Caritas est di Benedetto XVI: «[…] il Papa aggiunge che questo amore (ndr. l’amore oblativo, l’agape, quell’amore che definisce l’essenza stessa di Dio) non possiamo trattenerlo dentro di noi, consumandolo egoisticamente, ma lo dobbiamo far debordare sugli altri, sulla società, impegnandoci anche nell’ambito sociale e politico»[2].
Frassati è uno che fa “debordare” amore, e lo fa in anni difficili per l’Italia, uscita dalla prima guerra mondiale e in procinto di cadere nella sciagura della dittatura: egli vuole essere semplicemente un cristiano, e questo, nella Torino di inizio 900, lo rende un gigante.
Debordare, uscire dalle sacrestie dove ci si forma e portare la propria ispirazione cristiana sulla strada, negli ambienti della vita quotidiana, senza confusioni, è una lezione attualissima: Pier Giorgio non confonde mai i piani, quello dell’azione laica e quello ecclesiale, quello della partecipazione politica coerente e coraggiosa con quello della fede, pur nutrendosi il primo del secondo.
L’impegno per i poveri, l’impegno politico
Nel 1920, a un anno di distanza della barbara uccisione da parte dei “rossi” dello studente cattolico Pierino Delpiano (anch’esso, come Pier Giorgio, membro del circolo “Cesare Balbo”), il giovane diciannovenne aderisce al Partito Popolare nato nel 1919. Il fondatore del Ppi, don Luigi Sturzo, ne tratteggia la figura in un suo scritto: «Feci conoscenza con lui nel 1923 a Torino durante il noto Congresso del partito popolare in cui, al Teatro Scribe, tremila delegati dichiararono di formare un fronte unico in difesa della libertà contro il fascismo trionfante. Pier Giorgio era lì nell’avanguardia di questi giovani, ardente di entusiasmo […]. Non era entrato in politica per soddisfare un’ambizione terrena: era un giovane di fede profonda e la fede era la sua vera vita. Tutta la sua attività […] era il risultato della sua fede profonda e della sua religione operante. Temperamento pieno di vita e di iniziativa, sentiva acutamente tutta la gioia di vivere sia nel corpo che nello spirito; il suo motto era “vita nella gioia”»[3].
Figlio dell’ambasciatore Alfredo Frassati, proprietario del quotidiano “La Stampa” (che faceva riferimento alla corrente liberale ed a Giovanni Giolitti), Pier Giorgio faceva parte della cosiddetta “colonna volante” impegnata nell’affissione notturna dei manifesti del partito, attività tutt’altro che tranquilla essendoci sempre il rischio di scontri con gli “attacchini” dei partiti avversari.
L’impegno di Frassati è sorretto da ideali alti, e da una formazione costante che tengono lontana la tentazione di “sentirsi arrivato” e l’aiutano a vivere la politica come un cammino con gli altri e per gli altri.
Sporcarsi le mani… con Dio, con il prossimo
Un laico cristiano che si impegna in politica è operativo, non si abbandona alla sola difesa teorica dei propri valori, si “sporca le mani”, è conscio di essere portatore di una visione sociale che ha nell’uomo, integralmente inteso nella sua duplice dimensione verticale – verso Dio – ed orizzontale – verso il prossimo – il suo centro d’azione e nel magistero sociale della Chiesa la bussola. In un’epoca, come quella attuale, in cui la politica è in crisi d’identità ed è colpita da un dilagante rifiuto causato dalla demagogia e dal populismo di alcuni suoi esponenti, la testimonianza di Frassati è, anche per i giovani di oggi, un richiamo all’impegno, un contributo alla consapevolezza che le scelte politiche incidono nella vita di ciascuno. Ma perché la sua testimonianza venga recepita, e necessario evitare di trasformarlo in un mito, in un modello di santità troppo alto, ineguagliabile e irraggiungibile[4]. Paolo Giuntella in un suo bel libro parte proprio da simili considerazioni per delineare la sua figura: «Pier Giorgio Frassati: ovvero: la possibilità di essere “normali”. Un figlio di papà sugli altari. Ma soprattutto un ragazzo esuberante, allegro, incline alla goliardia. Insomma il contrario del “santino”. Sì questo è in un certo senso il mistero di Pier Giorgio Frassati»[5].
Il losco lestofante antifascista
Il ragazzo che fonda la “Compagnia dei tipi loschi” (un gruppo di amici, «lestofanti e lestofantesse», in cui si vive l’amicizia in piena allegria), che frequenta le malsane soffitte della Torino più povera per soccorrere i meno abbienti, dove contrarrà la poliomielite fulminante che lo porterà alla morte il 4 luglio 1925, è lo stesso che nel 1921 a Roma manifesta la propria devozione al Papa e che si trova al centro dei tafferugli, difensore della bandiera del suo circolo fucino, scoppiati tra universitari e guardie regie, che viene fermato diverse volte dalle stesse guardie nel capoluogo piemontese mentre si trova nelle manifestazioni dei lavoratori e in quelle avverse al regime fascista, che viene espulso dalle Fuci proprio per il suo dichiarato antifascismo. Frassati è anche colui che sostiene con impegno la rivista dei popolari di sinistra “Pensiero Popolare” assumendo posizioni socialmente avanzate, che aderisce, in rappresentanza degli studenti popolari, all’Alleanza universitaria antifascista ed ha il coraggio di raggiungere Giuseppe Donati, il fondatore de “Il Popolo”, che denunciò la responsabilità di Mussolini per il delitto Matteotti, a Bardonecchia, sulla via dell’esilio.
“Verso l’alto”
Pier Giorgio attinge tanta passione da una fede profonda che ha due capisaldi imprescindibili: l’Eucarestia e la Madonna, quest’ultima venerata in particolare al Santuario di Oropa, vicino alle montagne, luogo prediletto di un vero sportivo, iscritto al Club Alpino Italiano e alla Giovane Montagna, che compie passeggiate, ardue scalate per contemplare, scriveva, in quell’aria pura la grandezza del Creatore. «Un mese prima di morire, a 24 anni, Pier Giorgio Frassati sale con alcuni amici in Val di Lanzo per un’escursione con qualche punto difficile, da superare arrampicando o in corda doppia. Sulla foto che lo ritrae, aggrappato alla roccia con lo sguardo alzato sulla meta, scriverà: «Verso l’alto». Una frase breve, che è la sintesi del suo modo di vivere: cercare sempre quello che eleva, che porta al di là di se stessi, verso il massimo di ciò che si può essere come uomini. Verso la perfezione della vita, che è l’essere santi. Verso la fonte della vita, che è Dio»[6].
Attraverso le inquietudini che agitano la società
I valori, il percorso formativo, l’identità chiara, l’impegno coerente che troviamo nella vita di Pier Giorgio Frassati sono elementi necessari per i giovani che vogliano esprimere la propria fede attraverso l’impegno socio-politico, e che vogliano rispondere positivamente alle diverse sollecitazioni dell’attuale Pontefice per una nuova generazione di laici cristiani impegnati anche in una militanza partitica, che eviti di divenire “tifoseria” intransigente e violenta.
La politica, le tradizioni politiche, sono incarnate da uomini e donne che, immersi nella storia, si ritrovano intorno ad una comune visione sociale e civile, e si danno un’organizzazione come strumento d’azione. Pier Giorgio Frassati si è immerso nella politica “a causa” della propria fede aderendo al Partito Popolare sturziano, laico cristianamente ispirato, aconfessionale.
Un giovane cristiano che voglia impegnarsi, dunque, deve fare opera di discernimento personale perché la politica è una vocazione, una chiamata a prendersi cura del prossimo in modo concreto, sapendo di doversi immergere in problemi che spesso toccano “la carne” delle persone, nelle inquietudini che agitano la società, e di doversi confrontare con molti rischi, a partire dalla seduzione di un potere che, spesso, da strumento si trasforma in fine.
«Sentinella a che punto è la notte?»
Frassati, a contatto con i poveri ed i problemi sociali del suo tempo, c’insegna l’assoluta necessità di affiancare all’imprescindibile formazione – perché non ci si può improvvisare – un profondo radicamento nell’umanità che ci circonda, nella comunità dove chi si impegna a livello politico e sociale può assumere la duplice funzione di sentinella ed avanguardia che cerca di interpretare, calmierare ed indirizzare problematiche, paure, sollecitazioni, verso la costruzione del bene comune. Politici isolati nei palazzi del potere, privi di ancoraggi ideali, comunitari, associativi, rischiano di diventare autoreferenziali e di perdere per strada la caratteristica fondamentale dell’agire politico: il servizio, e di rinfocolare l’antipolitica. L’impegno socio–politico per un cristiano comporta di avere un’idea alta, “nobile”, della cittadinanza che chiede capacità di ascolto, confronto, proposta, azione: secondo il prof. Alberto Monticone per Pier Giorgio Frassati la cittadinanza era «anzitutto vissuta in prima persona, con uno stile che noi oggi definiremmo volontariato […] La [sua] coniugazione tra cristianesimo e laicità, tra virtù religiose e valori civili, tra fede e politica indica un metodo che ha una spiccata modernità e del quale il nostro tempo ha sempre maggior bisogno»[7].
Oggi un rinnovato coinvolgimento di giovani nella politica, che vi partecipano con uno zainetto essenziale ma colmo di cose utili come l’esempio dei testimoni cristiani, può contribuire alla riscoperta da parte di tutti del senso della cittadinanza e di un irrinunciabile senso di comunità senza i quali ogni cittadino cresce monco. La figura di Frassati ci invita a camminare innanzi agli altri, senza mai distaccarcene, ben attrezzati, per indicare la via migliore per un equo e sostenibile progresso umano: essere l’avanguardia che si fa vigile e invita alla vigilanza facendo proprio uno sguardo profetico. «Sentinella a che punto è la notte?» è la domanda che risuona dal libro di Isaia e che interroga ancora oggi chi si impegna per il bene comune, chi dovrebbe avere la visuale sgombra, per porre attenzione ai segni dei tempi, all’arrivo del mattino che non si sa quando giunge, ma giunge.
Essere ciò che si è
Pier Giorgio è stato una sentinella del mattino capace di impegnarsi fino in fondo con sbalorditiva coerenza di vita. Il grande teologo Karl Rahner, che conobbe Frassati negli anni in cui il padre fu Ambasciatore d’Italia a Berlino, grazie a padre Karl Sonnenschein, un domenicano “di frontiera” soprannominato “il San Francesco di Berlino” per la sua attività caritativa che influenzò molto il giovane torinese, nell’introduzione alla biografia del Beato, scritta dalla sorella Luciana Frassati, descrive acutamente questa coerenza di vita che è segno di una non omologabile peculiarità cristiana: «Frassati è un cristiano, semplicemente e assolutamente nel modo più spontaneo, come se fosse qualcosa di spontaneo per tutti. Egli ha la forza e il coraggio di essere ciò che è non in opposizione alla generazione dei suoi genitori, non per una prognosi e diagnosi della cultura del tempo, o idee simili, ma per la realtà cristiana come tale: che Dio c’è, che ciò che ci sostiene è la preghiera, che l’Eucaristia nutre ciò che è eterno in noi, che tutti gli uomini sono fratelli e sorelle»[8].
Cristo che dà volto alla carità è l’icona che ci consegnano i ventiquattro anni vissuti su questa terra dal giovane torinese innamorato del Rosario, “facchino” dei poveri, definito da Giovanni Paolo II «uomo delle otto beatitudini»: guardare a lui per costruire un impegno sociale e politico vuol dire fare una scelta ardua perché controcorrente in una società liquida dove l’immagine tende a sostituire la sostanza, e vuol dire anche, prendendo in prestito le parole usate dal prof. Alberto Lo Presti a proposito di un’altra grande figura di cristiano impegnato, Igino Giordani, individuare un modello di comportamento che aiuti a compiere il passaggio «dalla casta della politica ad una Politica casta» a cui i nuovi giovani politici aspirano per una missione che ha come orizzonte un mondo migliore.
Note
[1] Cfr. 1 Cor 13,13.
[2] Arcidiocesi di Milano, Giovani e politica, 2006, Milano, Centro Ambrosiano, pag. 12.
[3] Luigi Sturzo, Problemi spirituali del nostro tempo, 2005, Soneria Mannelli (Rc), Rubettino, pag. 124.
[4] Cfr. intervista a S.E. mons. Angelo Amato, segretario Congregazione Dottrina della Fede, su Santità e pratica eroica delle virtù, apparso su l’“Osservatore Romano” del 30 aprile 2009.
[5] Paolo Giuntella, Il fiore rosso: i testimoni futuro del cristianesimo, 2006, Milano, Paoline, pag. 105.
[6] Roberto Falciola, Pier Giorgio Frassati «non vivacchiare ma vivere», estratto di pagine scelte, 2010, Roma, ed. Effatà, Ave e Libreria Editrice Vaticana, pag. 5.
[7] Alberto Monticone, Pier Giorgio Frassati: il cristiano e il cittadino, in Giancarlo Chiapello (a cura di), Le ragioni del servire: l’impegno sociopolitico dei cristiani, 2003, Cantalupa (To), Effatà, pag. 109.
[8] Karl Rahner, Introduzione, in Luciana Frassati, Pier Giorgio Frassati. I giorni della sua vita, 1975, Roma, Edizioni Studium, pp. 8-9.
PIER GIORGIO FRASSATI. UN ALTO IDEALE DI VITA MISSIONARIA
di Nicola Di Mauro
«Cercate di conoscerlo perché a lui affido il vostro impegno missionario». Era il 5 aprile 2001, quando il Papa Giovani Paolo II, nel ricordare il centenario della nascita del Beato Pier Giorgio Frassati, si rivolse con queste significative e appassionate parole a tutti i giovani del mondo che si erano riuniti per celebrare la XVI Giornata Mondiale della Gioventù, allo scopo di far riverberare nei loro cuori l’esperienza squisitamente cristiana, vissuta in modo esemplare ed eroico dal loro coetaneo torinese a inizio Novecento.
L’impegno missionario
Papa Wojtyla utilizzò proprio l’espressione «impegno missionario» per sottolineare la missionarietà che Pier Giorgio Frassati incarnò nei 24 anni della sua breve vita.
Attitudine missionaria a testimoniare il Vangelo che il pontefice polacco additò ai giovani, affinché assumessero Pier Giorgio Frassati come modello personale di riferimento, lo prendessero come esempio luminoso da imitare, lo fissassero come bussola genuinamente cristiana di vita quotidiana.
È indubbiamente bella la figura di questo giovane che visse con grande impegno, con estrema coerenza e con intima gioia la propria fede. E la visse nella preghiera costante e nell’apostolato attivo. Due binari portanti lungo i quali egli faceva procedere i suoi umili ma vigorosi passi di giovane credente in Cristo.
Attraverso la preghiera e la carità, Pier Giorgio Frassati inseriva la sua vita in una prospettiva di eternità, ponendo come perno di tutti valori la ricerca del Regno di Dio, in un anelito fortemente missionario.
Un giovane che metteva tutti i suoi risparmi a disposizione dei poveri della città, che faceva della preghiera e della messa il nutrimento spirituale quotidiano per mettere in pratica il Vangelo, è un’immagine straordinaria di come sia possibile vivere nell’ordinario la missione di vivere l’amore di Cristo.
Lo studio, la montagna, gli amici, i poveri
Per crescere nella carità, Pier Giorgio si impegnava ad ascoltare la Parola di Dio ogni giorno senza superficialità o rilassatezza, ma con costanza, puntualità e profonda attenzione, senza trascurare il suo dovere di studente universitario.
Tra le sue passioni vi era la montagna. In una delle ultime fotografie che lo ritraggono scala una vetta. Su di essa, a penna, scrisse: «Verso l’alto», quasi a profetizzare la sua dipartita avvenuta poche settimane dopo a causa di una poliomielite fulminante presa probabilmente per contagio durante le sue visite nelle case dei poveri della città per portare medicine, cibo e amicizia.
La montagna per Pier Giorgio costituiva un motivo di contentezza senza pari. Lo testimonia quanto egli stesso scrisse in una sua lettera a un amico: «Sono alla vigilia di una bella gita in montagna e tu puoi immaginare quale gioia invada il mio animo in questi momenti». La montagna, dove amava fare scalate e passeggiate, rappresentava per lui uno spazio privilegiato in cui avvertiva la presenza del Trascendente, del Mistero, dell’Eterno.
Pier Giorgio Frassati, atleta dello spirito, «il ragazzo delle otto beatitudini», come lo definì Giovanni Paolo II, sia in montagna, sia in città, profondeva le stesse energie: nello studio, nel servizio ai poveri, nell’impegno sociale, associativo, comunitario, e nei momenti ricreativi con gli amici durante le frequenti gite in montagna. In tutti questi frangenti Frassati era missionario: desiderava far capire a tutti che c’è qualcosa di più importante a cui aspirare: l’adesione totale a Cristo.
Straordinario nell’ordinario
Il coraggio e la tenacia di questo giovane nel dimostrarsi a tutti i costi cristiano li evidenziò Giovanni Paolo II nel discorso che pronunciò per la sua beatificazione il 20 maggio del 1990: «A uno sguardo superficiale lo stile di Pier Giorgio non presenta granché di straordinario. In lui la fede e gli avvenimenti quotidiani si fondono armonicamente, tanto che l’adesione al Vangelo si traduce in attenzione ai poveri e ai bisognosi. Anche in questo, il giovane Frassati è un esempio da seguire. In lui il Vangelo diventa solidarietà ed accoglienza, si fa attenta ricerca della verità ed esigente impegno per la giustizia. La preghiera e la testimonianza, il silenzio e la pratica dei sacramenti, danno sostanza e tono al suo molteplice apostolato e tutta l’esistenza, vivificata dallo spirito di Dio, si trasforma in avventura meravigliosa. Tutto diventa offerta e dono; anche la malattia, anche la morte. Questo è il suo messaggio e così egli continua a parlare a tutti e in particolare ai giovani del nostro tempo».
Fede e carità
«Che cosa sarebbe la fede se non la rivestissimo di carità?». Questa frase fu sentita pronunciare da Pier Giorgio Frassati rivolto a un amico. A dimostrazione di come fede e carità costituissero per il beato torinese un binomio inscindibile, un duplice pilastro su cui la sua missione si realizzava quotidianamente in ogni relazione che instaurava con i suoi coetanei e soprattutto con ogni categoria di persone bisognose, inclusi i bambini, i malati e gli anziani. Ed era la sua una carità che traeva forza dalla preghiera, da un’intimità con il Signore i cui segni esteriori erano la recita quotidiana del rosario, la partecipazione alla Santa messa, l’adorazione eucaristica. La sua attenzione per gli ultimi aveva le sue radici nella fede: «Gesù mi fa visita con la Comunione ogni mattina ed io gliela restituisco nel modo misero che posso: visitando i suoi poveri».
La carità di Per Giorgio non era costituita da gesti sporadici o superficiali o straordinari, limitati alla distribuzione di elemosine, ma era caratterizzata dall’ordinarietà, da una prassi quotidiana. Capitava che facesse a piedi il percorso per tornare a casa, perché aveva donato i soldi del biglietto del tram a un bisognoso, che lo si vedesse camminare scalzo o senza soprabito, per aver dato le sue scarpe o il cappotto a un povero.
In punto di morte il suo ultimo pensiero fu per una persona bisognosa: diede a un amico un biglietto pro-memoria su cui aveva scritto con mano mal ferma alcune raccomandazioni per beneficarla.
Così si esprimeva con gli amici, parlando degli ultimi: «Il prossimo ha bisogno di noi e noi dobbiamo essere al suo servizio, in qualunque giorno»; «Il vero bene deve essere fatto inavvertitamente, poco a poco, quotidianamente, confidenzialmente». Questo era lo stile di Pier Giorgio Frassati. Questa era la sua missione.
Pier Giorgio sentiva una particolare predilezione per quelle persone che vivevano nel disagio. In quei frangenti la sua sensibilità umana e la sua generosità traboccavano di un profondo spirito di carità. E i primi a beneficiarne erano i suoi stessi familiari, i suoi amici, verso cui la delicatezza del suo animo corrispondeva sempre sentimenti di rispetto e di riguardo.
«Per far conquiste»
Quando Pier Giorgio andava a fare le sue visite come confratello della San Vincenzo usava dire che lo faceva «per far conquiste», andando alla scoperta di nuovi casi di disagio e di povertà da risanare.
Egli soccorreva il prossimo con discrezione, delicatezza, sensibilità, facendo in modo che nessuno si sentisse umiliato o mortificato. I suoi doni erano sempre accompagnati da sguardi pieni di serenità, simpatia e comprensione, sorridenti e calorosi.
La sua carità non era semplice beneficenza, ma era sostenuta da profonde istanze di giustizia sociale. Nel suo apostolato missionario non faceva mai mancare, oltre al sostegno materiale, parole di conforto ispirate al Vangelo. Non si limitava a fare solo dell’elemosina, ma si impegnava a cercare per chi era nel bisogno un’occupazione, un alloggio, un vestito, una medicina allo scopo di restituire dignità, salute, decoro, ed invitava i poveri, nel contempo, ad avere fiducia nella Provvidenza, a pregare, ad andare a Messa. I suoi gesti, le sue parole, i suoi sguardi erano, per quelle persone indigenti, un antidoto contro la disperazione.
Frequenti erano le visite del giovane Frassati alla Piccola Casa della Divina Provvidenza, al Cottolengo, tanto che un giorno fu udito dire: «Una visita al Cottolengo farebbe bene a tutti gli uomini. Attraverso il Cottolengo sarebbe facile a chiunque comprendere bene i valori autentici della vita, al di fuori di ogni esteriorità e di ogni abbandono incosciente all’esistenza di tutti i giorni».
Qualcosa di più
Il teologo Karl Rahner, nel delineare la figura di Pier Giorgio Frassati, lo descriveva in questo modo: «Egli è stato qualcosa di più di un giovane puro, allegro, orante, aperto alla vera bellezza e libertà, pieno di comprensione per i problemi sociali. È uno che ha avuto il coraggio e la forza di essere un cristiano perché ha compreso il cristianesimo stesso, che ci insegna a credere in Dio, nel valore della preghiera e dei sacramenti, alimento dell’eterno nell’uomo, e nella fraternità universale».
Per concludere queste brevi note sulla figura di Pier Giorgio Frassati, che aveva fatto della sua fede e della missione il perno della sua vita, espressa fervidamente nella carità, nella solidarietà e nella fraternità, accompagnate dalla preghiera, dai sacramenti e dall’adorazione, ecco di seguito alcune parole del giovane a proposito della virtù della fede: «Stolto è colui che va dietro alle gioie del mondo perché queste sono sempre passeggere e arrecano dolori, mentre l’unica vera gioia è quella che ci dà la Fede, ed i compagni amati specialmente attraverso questo potente vincolo resteranno sempre uniti anche se le contingenze della vita ci sbalestreranno lontano, lontano»; «Poveri disgraziati quelli che non hanno una Fede: vivere senza una Fede, senza un patrimonio da difendere, senza sostenere in una lotta continua la Verità non è vivere, ma vivacchiare. Noi non dobbiamo mai vivacchiare, ma vivere perché anche attraverso ogni disillusione dobbiamo ricordarci che siamo gli unici che possediamo la Verità, abbiamo una Fede da sostenere, una Speranza da raggiungere: la nostra Patria».
Pier Giorgio, alfiere della carità, sapeva trasmettere una profonda fiducia nel Signore e mostrare in modo concreto e sereno la bellezza della fede. Il suo apostolato missionario che si contraddistingueva per l’attenzione al prossimo sul piano della carità, della solidarietà e della giustizia sociale, e proponeva l’amore di Cristo per tutti, soprattutto gli ultimi, è ancora oggi un esempio vivo e vicino.
Breve nota biografica
6 aprile 1901
Pier Giorgio Frassati nasce a Torino, due anni dopo la morte della sorella Elda spentasi a 8 mesi, da Alfredo Frassati, fondatore nel 1895 del quotidiano “La Stampa” e Adelaide Ametis, nota pittrice.
18 agosto 1902
Nasce la sorella Luciana.
1907-1910
I fratellini Frassati studiano in casa per conseguire la licenza elementare.
1911-1913
Essi frequentano il ginnasio presso il liceo classico D’Azeglio di Torino.
1913-1914
Pier Giorgio è bocciato in latino ed è iscritto alla scuola dei Gesuiti, l’Istituto Sociale; inizia a frequentare alcune associazioni cattoliche.
1914-1917
Pier Giorgio torna a studiare al liceo classico D’Azeglio; consegue inoltre il diploma di agraria presso l’Istituto Bonafous di Torino.
1917-1918
Pier Giorgio viene nuovamente bocciato in latino e torna all’Istituto Sociale dei Gesuiti; s’iscrive inoltre alla Lega Eucaristica, alla Congregazione Mariana e alla Conferenza San Vincenzo e diventa pure socio del Club Alpino Italiano. Decide poi, conseguita con successo la licenza liceale, di frequentare Ingegneria al Regio Politecnico, scegliendo il ramo minerario.
1919-1922
All’interno della FUCI s’iscrive al circolo universitario cattolico “Cesare Balbo”; frequenta il circolo operaio cattolico della Fiat “Girolamo Savonarola”. S’iscrive al Partito Popolare Italiano, fondato nel 1919 da don Luigi Sturzo. S’iscrive inoltre ad associazioni cattoliche come quella dei “Giovani adoratori notturni universitari” e dei “Giovani Operai”. Il padre viene nominato ambasciatore a Berlino e lui si trasferisce in Germania. Vive a Friburgo in casa di Karl Rahner il futuro teologo. S’iscrive alla “Pax Romana”, organizzazione internazionale di universitari cattolici promotori di pace e partecipa a un Congresso a Ravenna, dove si celebra il sesto centenario della morte di Dante Alighieri. Partecipa a Roma al Congresso della Gioventù Cattolica per i 50 anni della fondazione. Torna in Germania e fa un viaggio anche in Austria e Cecoslovacchia. Partecipa poi al Congresso Eucaristico di Torino e fonda l’associazione “Milites Mariae” presso la parrocchia della Crocetta. Diventa Terziario domenicano con il nome di Fra Girolamo, scelto per emulare nella lotta e nella virtù il Savonarola. Dopo la marcia su Roma, con cui inizia l’epoca fascista, il padre dà le dimissioni da ambasciatore e Pier Giorgio fa il suo ultimo viaggio in Germania.
1923-1924
Pier Giorgio partecipa al congresso del partito popolare tenuto a Torino. Presenta le dimissioni al circolo “Cesare Balbo” per divergenze di vedute: non era d’accordo nel far sventolare la bandiera in occasione della visita del duce a Torino. Prima della fine dell’anno le ritira. Fonda la Società dei Tipi Loschi, un modo sano per divertirsi con gli amici. La casa dei Frassati a Torino viene assalita da alcuni squadristi fascisti e Pier Giorgio li mette in fuga da solo con presenza di spirito e coraggio non comuni.
1925 (29 giugno-4 luglio 1925)
A pochi mesi dalla laurea, Pier Giorgio è colpito da una poliomielite fulminante e si spegne alle ore 19 del 4 luglio. Ai suoi funerali partecipa una folla innumerevole all’inverosimile di poveri e indigenti, tutte persone che Pier Giorgio aveva beneficato in segreto con la sua generosità e amicizia.
1990 (20 maggio)
Pier Giorgio viene proclamato Beato.
Per saperne di più
-Maria Di Lorenzo, Pier Giorgio Frassati. L’amore non dice mai basta, Paoline, 2002.
-Carla Casalegno, Pier Giorgio Frassati, Effatà Editrice, 2005
-Luciana Frassati, Mio fratello Pier Giorgio. Una vita mai spenta, Aragno, 2010.
G. Chiapello – N. Di Mauro
Giancarlo Chiapello
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