Vedendo le folle ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore.
Matteo 9,35-38
Gesù andava attorno per tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, predicando il vangelo del regno e curando ogni malattia e infermità.
Vedendo le folle ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore.
Allora disse ai suoi discepoli: "La messe è molta, ma gli operai sono pochi!
Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe!".
Ci troviamo all’inizio del discorso missionario del Vangelo di Matteo, che si svilupperà compiutamente nel capitolo 10, dove Gesù manda i Dodici, da lui scelti, ad evangelizzare con passione e gioia.
Il brano di Matteo ci presenta due aspetti dell’essere pastore: l’itineranza e la consapevolezza della penuria di buoni pastori. Alla gente sbandata, senza direzione, che ha perso il senso profondo della vita, il Signore propone la figura di un pastore attento, premuroso e… in movimento, che va a cercare le sue pecore dove sono, che non resta ad attenderle al varco, che non si ferma nell’ovile. Purtroppo, segnala Matteo, questi personaggi sono rari, sicuramente insufficienti rispetto alle necessità che il regno di Dio ci presenta.
Ci troviamo all’inizio del discorso missionario del Vangelo di Matteo, che si svilupperà compiutamente nel capitolo 10. In effetti il nostro testo è un passo di raccordo. Nei capitoli 8 e 9, l’evangelista ha presentato Gesù all’opera nella cura dei malati, nell’incontro con le folle in ansia per i loro problemi, nell’immersione nelle situazioni di peccato di molti. In questi due capitoli, la Buona Notizia dell’imminenza del regno di Dio e la predicazione di conversione si è imbattuta in un’umanità ferita, colpita, bisognosa di una salvezza che desiderava, ma che non riusciva a conseguire.
Nel capitolo 10, Gesù manda in missione i Dodici da Lui scelti, dando loro le istruzioni necessarie, affinché possano svolgere con entusiasmo e fedeltà l’opera di evangelizzazione e di consolazione ch’Egli stesso aveva iniziato a vivere e che ora vuole indicare ai suoi più diretti cooperatori.
Ma da dove nasce questa missione? Che cosa la stimola e che cosa la ispira?
"Gesù andava…”. L’incipit del brano del Vangelo sottolinea un dinamismo di fondo dell’azione di Gesù: Gesù cammina, si muove.
Se dovessi giudicare il modo in cui vivo la mia fede, io personalmente mi reputo più dinamico o più statico? Vado verso l’altro o aspetto che l’altro venga da me? Sono un cristiano che si lancia o sono piuttosto un cristiano in sosta?
"…in tutte le città e i villaggi”. Gesù visita tutto e tutti. La missione del Signore non tralascia niente e nessuno. Tutto e tutti sono importanti agli occhi di Dio. In ogni angolo di mondo, piccolo o grande, ci sono uomini e donne desiderosi di ascoltare un annuncio di salvezza, c’è qualcuno bisognoso di ascoltare un messaggio di consolazione.
“Insegnando nelle loro sinagoghe”. La sinagoga è il luogo in cui si celebra la Parola, in cui il giovane ebreo si forma alla Parola, studia la Parola. È lo stile missionario che Paolo farà proprio nella sua azione evangelizzatrice. Oggi il Signore ci invita a pensare alla nostra presenza evangelizzatrice all’interno delle nostre comunità ecclesiali, delle nostre parrocchie.
Io sono un segno evangelico all’interno della mia comunità cristiana? La visito? L’esperienza che traggo dal mio incontro con la Parola di Dio riesco a trasmetterla?
“… e proclamando il vangelo del regno”. Dalla sinagoga, Gesù esce per andare fino agli estremi confini della terra. L’annuncio è Euanghelion (Buona Notizia), come attestano alcuni passi paralleli che evidenziano la predicazione di Cristo: l’inizio della predicazione apostolica (Mc 1), l’indicazione del regno (Lc 4), il decalogo del regno (Mt 5).
“…curando ogni malattia e infermità”. Silvano Fausti chiama il Vangelo “logoterapia”, una cura che ha come base del trattamento la Parola di Dio, terapia nel senso etimologico più profondo (therapeyo), che significa assistere, prendersi cura. È il Signore che si prende cura di noi e ci invita ad un cammino, un cammino volto a farci ri-guadagnare il rispetto, a ridare dignità a chi è colpito da un male. Qui non è tanto importante il male, quanto il rimedio, e la Parola di Dio diventa strumento “omeopatico”, che nasce dalla natura stessa del Padre e in piena attenzione della natura dell’uomo, che di Dio è scintilla, immagine e somiglianza e compie il fine.
Ugo Pozzoli
Ugo Pozzoli
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