Slow page dei Missionari della consolata

Il razzismo spiegato a … noi

Tra le cose che ci sono al mondo, il razzismo è la meglio distribuita. È un comportamento piuttosto diffuso, comune a tutte le società tanto da diventare, ahimè, banale.

Tra febbraio e ottobre 1997 Tahar Ben Jelloun, scrittore marocchino, ha scritto il suo libro più famoso, Il razzismo spiegato a mia figlia: una guida nata dalle domande di sua figlia Merièm, che osservava suo padre manifestare in Francia per la causa degli immigrati, del loro ingresso e soggiorno in quel paese. La genesi del libro ha visto elaborarsi svariate versioni: l’intento pedagogico ed esplicativo, unito all’amore per la figlia e per i suoi Paesi, ha obbligato l’autore a correzioni e riformulazioni, per giungere a spiegare con parole semplici ogni concetto base.
Sono convinta che quelle pagine non servano solo ai ragazzi dagli 8 ai 14 anni cui sono indirizzate. Come per le fiabe d’autore, i film di animazione storici, i romanzi di formazione, i libri per ragazzi che parlano del sociale e trattano in maniera diretta e semplice temi scottanti del nostro tempo, sarebbero da leggersi da chiunque. Ogni cittadino del mondo ne trarrebbe beneficio. Per questo ho scelto di accompagnarvi in una lettura guidata di alcuni passi del libro (1), unendovi riflessioni nate dalla mia esperienza personale. Il mio suggerimento è di ascoltare lo Scrittore, osservare i fatti e riflettervi dentro i propri vissuti quotidiani. Buona lettura!

TRA LE COSE CHE CI SONO AL MONDO, IL RAZZISMO È LA MEGLIO DISTRIBUITA.

Tra le cose che ci sono al mondo, il razzismo è la meglio distribuita. È un comportamento piuttosto diffuso, comune a tutte le società tanto da diventare, ahimè, banale.
 
Diventare razzista è possibile: tutto dipende dall’educazione che avrai ricevuto.
Se il razzista è un uomo che ha paura, il capo di quel partito che non vuole gli stranieri deve avere paura in continuazione.

Può succedere a chiunque.
Uscire dalle mura protette della casa provinciale dei Missionari in cui sono ospite per raggiungere Maison P. Oscar, dove mostrare come usare il pc alla nuova bibliotecaria, tentare un dialogo con gli studenti; o più semplicemente andare a cercare i laici missionari spagnoli con cui parlare: dieci minuti di camminata da percorrere sotto il sole cocente dell’equatore, sulla terra senza ombra della “città della brousse” (foresta). Solo dieci minuti quitidiani, eppure, per i primi tre mesi sono stati ciò che di più stancante potessi fare. Mi sentivo deridere, forse insultare, non capivo, tiravo dritto, lo sguardo duro per sopravvivere, le risposte inesistenti o telegrafiche per continuare a respirare. Solo qualche volta venivo a conoscenza del significato delle parole che mi volavano intorno … mai prima di allora avevo avuto paura di essere sull’orlo di diventare cattiva.

PER LOTTARE CONTRO IL RAZZISMO, BISOGNA INVITARSI GLI UNI CON GLI ALTRI.

Dunque, per lottare contro il razzismo, bisogna invitarsi gli uni con gli altri!
È  una buona idea. Imparare a conoscersi, a parlarsi, a ridere insieme: cercare di condividere i momenti di piacere, ma anche le pene, fare vedere che spesso si hanno le stesse preoccupazioni, gli stessi problemi, è questo che potrebbe fare regredire il razzismo.
 
Le termiti piu buone del mondo
Quasi nessuno crede che a Isiro (RDC) un bianco possa diventare sinceramente amico di qualcuno del posto. Nessun colore, religione, professione sostengono un’idea così folle.
La mia amica Noela mi accompagna al mercato, dice ai commercianti di non fregarla, che non pagherà di più solo perché è insieme ad una bianca. Che io studio e non ho tanti soldi. Siamo andate al mercato insieme, abbiamo comprato gli ingredienti per dei piatti che nessuno mi aveva mai preparato prima, quelli che ero curiosa di assaggiare prima di lasciare il Congo; abbiamo trascorso il pomeriggio a cucinare insieme.
Agli amici che passano da casa sua racconta come ho risposto, in lingala, a un venditore di sigarette che mi chiedeva soldi. È orgogliosa di me.

TUTTE LE RELIGIONI PREDICANO LA PACE TRA GLI UOMINI.
 
Tutti i libri sacri sono contro il razzismo. Il Corano dice che gli uomini sono tutti uguali davanti a Dio e sono differenti secondo l’intensità della loro fede. Nella Thorà si dice: “… se uno straniero viene a stare con te, non recargli molestia, sarà per te come uno dei tuoi compatrioti … e tu l’amerai come te stesso!; la Bibbia insiste sul rispetto del prossimo, cioè di qualsiasi essere umano, sia esso il tuo vicino, tuo fratello o uno straniero. Nel Nuovo Testamento è detto: “Vi ordino di amarvi l’un l’altro”. Tutte le religioni predicano la pace tra gli uomini.

Anche viaggiare può essere un modo valido per conoscere meglio gli altri. Già Montaigne (1533-1592) incitava i suoi compatrioti a viaggiare per osservare le differenze. Per lui il viaggio il mezzo “per levigare e lucidare il nostro cervello contro quello degli altri”. Conoscere gli altri per conoscere se stessi. Viaggiare è il piacere di scoprire e di imparare, è capire quanto siano diverse tra loro le culture e come siano tutte belle e ricche. Non esiste una cultura superiore a un’altra cultura.

Sulla sedia sdraio, senza rendersi conto
Estate 2011. Spiaggia di Marina di Carrara. In sette sotto un ombrellone, come si fa tra ragazzi per risparmiare sui prezzi inverosimili di un “posto ombra”, si discute. L’argomento da “prima pagina” oggi è la scelta delle piastrelle del bagno della futura casa di una giovane coppia, il conteggio dei centimetri restanti, la posizione del terzo bagno, le volontà della suocera… insomma, tutte le cose essenziali a cui si pensa prima di un trasferimento per la vita (o per due mesi, poco cambia).  Certamente, trattasi di un lavoro pesante da farsi in spiaggia sotto il solleone… ad un certo punto si sbotta: “ma non potevamo avere una casa di 160 m2 su un piano unico invece che su due?”. Respiro profondamente. Lo yoga del mio coinquilino patito per l’India mi farebbe bene oggi. Decido di assentarmi con la mente, viaggiare tra i raggi di sole, godermi un’aria diversa da quelle respirate lontano da qui, far valere la pena di aver viaggiato quattro ore e dover viaggiarne altre quattro stanotte. Ma ecco che  la mia attenzione viene richiamata all’improvviso una seconda volta: la conversazione si è accesa, “così non si può andare avanti, da quando siamo entrati in Europa si vive peggio, i rumeni non appena diventeranno europei se ne andranno tutti a casa loro”, “non ci sono soldi a sufficienza, non li si possono mettere via per la vita, uno stipendio da 1500 €/mese non basta all’età di 24 anni, mica è come una volta”… “I tempi sono cambiati, abbiamo altre necessità, non possiamo mica vivere come vivevano i nostri genitori. Oggi tutti spendono centinaia di euro al mese in vestiti firmati, escono ogni sera e comprano piatti pronti!”.
Avrei tanto, tanto, tanto da dire … “Questi non hanno mai messo il naso fori dalla loro cittadina borghese”… “Il mondo non è così, basta guardare un po’ più in là del proprio naso!” Ma oggi fallisco: non ho energie a sufficienza e non voglio compromettere la situazione con un cugino che non vedo da anni. Mi tuffo nella lettura di un romanzo.
Ritengo sufficiente essermi sentita dire, al mattino, che Marsiglia – città vicino a cui vivo da qualche mese, che mi piace perché città di porto, che è bella perché sa di sud Italia, che ha sapore perché piena di gente che arriva da ovunque – non è un granché perché “ci sono tanti algerini”…
 
 
L’INTELLIGENZA PUÒ ESSERE UTILIZZATA AL SERVIZI O DI UNA CAUSA CATTIVA.
 
– Dunque, se riassumo bene, il razzismo nasce: 1) dalla paura, 2) dall’ignoranza e 3) dalla bestialità.
– Hai ragione. Ma devi sapere anche questo: l’intelligenza può essere utilizzata al servizio di una causa cattiva. Talvolta puoi incontrare persone istruite e colte che, per via di un evento contrario attribuiscono agli stranieri la responsabilità della loro situazione. I razzisti fanno credere che se c’è crisi economica è colpa degli immigrati stranieri. Quello che vogliono è colpire l’immigrazione con i loro slogan. ma qualche poveraccio che si trova senza lavoro è pronto a credere a qualsiasi sciocchezza per poter sfogare la sua collera.
– Ma accusare gli immigrati non gli farà trovare lavoro!
– Già. È evidente. ma si ritrova la paura dello straniero, di colui che accusiamo di tutti i mali e misfatti. È più facile.
– Dunque alla paura, all’ignoranza e alla stupidità bisogna aggiungere la malafede.

 
Ogni faccia è un miracolo. È unica.

Il signor Jean-Marc Luscher, di Ginevra:
“Stavo tornando dall’asilo con Camille. Camille ha tre anni e mezzo. Quel giorno era contentissima perché si era molto divertita con Blaise.
‒ Bene… e chi è questo Blaise, quel è dei tuoi compagni?
‒ Lo sai, è quello che ha il maglione rosso
‒ No, non mi viene in mente. Come è fatto?
‒ Be’… non so… ha un maglione rosso!
Senza insistere oltre, aspetto l’indomani, quando, uscendo dall’asilo, chiedo a Camille di farmi vedere il suo amico Blaise. Lei me lo indica. Ha ancora il maglione rosso. Effettivamente ha un’aria simpatica, e mi fa un largo sorriso. Quel sorriso luminoso che rischiara la faccia nera dei piccoli africani!”

Testimoni di differenza
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Anche chi è abituato a viaggiare può sentire la necessità di tornare a casa, di mimetizzarsi tra la gente e di usare la propria lingua per poter esprimere le sfumature, comunicare con i gesti appresi nel proprio paese, colorare le frasi con il dialetto di suo padre; di non contraddistinguersi per l’odore della propria pelle… di non essere straniero.
Ma l’esperienza è da viversi, almeno una volta. Per capire cosa vuol dire. Per saperne di più. Per sentirlo, per sentire, per sentirsi.

(1) L’edizione da cui sono tratti i brani è Cosa ne pensano ragazzi e insegnanti, Bompiani, 1998.

Nadia Anselmo

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