Slow page dei Missionari della consolata

Padre Giovanni Calleri. Br-174, la strada di un amore coraggioso

Che lo Spirito Santo mi mandi la sua luce quando sarà tempo!

Padre Giovanni Calleri, missionario della Consolata, con gli amici Yanomami, Roraima, Brasile.
Padre Giovanni Calleri tra gli indios Yanomami.

Un giovane prete, missionario della Consolata esemplare per generosità e coraggio. Un turbine di attivismo e di apostolato. Padre Giovanni Calleri, originario di Carrù (Cn), perde la vita a soli 34 anni. La perde in Brasile, nella foresta amazzonica, il 1° novembre 1968, insieme a otto dei suoi nove compagni di spedizione (sei uomini e due donne), durante una missione pacificatrice da lui guidata fra gli indios Waimiri-Atroarí del rio Alalaú nello stato di Roraima. Lo scopo era quello di pacificare le comunità indigene e convincerle a spostarsi dal percorso della strada Manaus-Caracas, la Br-174, che il governo voleva costruire invadendo i loro territori ancestrali e facendo piazza pulita di ogni resistenza. La spedizione aveva poche settimane di tempo per raggiungere lo scopo, ma troppi interessi erano in gioco. Un’impresa che si capisce solo nella logica dell’amore.

L’ultima lettera

Cara mamma e care sorelle,
[…] Vi dò una notizia: mi trovo in questo momento a Manaus, capitale dell’Amazzonia, per preparare una missione straordinaria: stavolta è molto difficile e dura. Il governo nazionale, che sta costruendo una grande strada intercontinentale tra il Brasile e il Venezuela, e detta strada (la BR-174, ndr) è costretta a passare in una zona occupata completamente da Indios ferocissimi, di dove nessuno è mai riuscito a venir fuori vivo, ha chiesto ufficialmente l’intervento del nostro Istituto, il quale scelse me per eseguire l’impresa. Centoventi persone, in questi ultimi anni, hanno perso la vita sotto le frecce degli Indios, nel tentativo di pacificarli. La cosa è parecchio grossa: ne parlano giornali e radio…. Ma io accettai. Il coraggio non mi è mai mancato. Se il nostro Istituto non accettava di intervenire erano duemila indios che venivano massacrati con bombardieri. Sinceramente, non sono sicuro di farcela. Ci metterò, però, tutta la prudenza e lo studio per evitare momenti brutti. Ma una cosa è certa: che questi gruppi di Indios sono espertissimi nel cogliere l’individuo quando meno se lo aspetta. Che lo Spirito Santo mi mandi la sua luce quando sarà tempo! In Catrimani, ora, le nove tribù con cui sono venuto in contatto, sono miei amici, molto… È costato parecchio duro lavoro, ma tutto andò bene: questa volta, invece, non lo so… Non è nemmeno il caso di dirvi di pregare. Già lo farete e lo farete fare. Sono con Dio e la sua buona collaborazione […]. Arrivederci presto! Giovanni.

Con questa lettera, l’ultima della sua vita, padre Giovanni Calleri comunicava il suo entusiasmo missionario e anche le sue paure e ansie per una missione che l’avrebbe portato, da lì a pochi giorni a versare il suo sangue per la vita dei popoli che era stato chiamato a servire. Muore a soli 34 anni, ma non è stata un’improvvisata la sua. La sua fede nel Dio che lo aveva chiamato al servizio missionario e il suo carattere forte e entusiasta formato lungo gli anni lo avevano predisposto a questo passo decisivo.

Hanno detto di lui

Ecco alcune parole di chi lo ha conosciuto e amato:

Sapesse quante volte sono andata a trovarlo in seminario, e tutte le volte, non so per quale misterioso impulso, facevo la parte del diavolo, gli dicevo: “Giovanni, vieni via [dal seminario]. Sai bene che anche tuo padre ti vorrebbe ingegnere! Abbiamo i mezzi per farti studiare”. Ma ogni volta mi rispondeva: “Perché vuoi rovinarmi la strada? Stai sicura la percorrerò tutta, sino in fondo, costi quel che costi”. Era deciso, ostinato, altruista.
(sua mamma 17 dicembre 1968)

Padre Giovanni Calleri tra gli indios Yanomami.

Lati negativi: don Calleri è portato all’indipendenza nell’assolvere gli incarichi ricevuti: non per ambizione ma per una certa frenesia nell’azione che lo spinge facilmente a strafare. Ha una salute di ferro e perciò non bada al riposo; passa i limiti soliti della resistenza propria e altrui. Chi lavora con lui presto si sfianca.
Lati positivi: ha una pietà solida e costante, ha un vero entusiasmo per le missioni e lo comunica agli altri suscitando collaboratori e offerte nelle giornate missionarie. Ha un dono quasi eccezionale di persuasione con poche parole dette nelle prediche. Si accaparra l’aiuto disinteressato di volenterosi. Concepisce l’obbedienza in modo un po’ … spartano. Non rifiuta nessun comando e ubbidisce senza discussioni; però per agire fa notare che vorrebbe una certa libertà. Se lo si tiene imbrigliato con le redini tese in giusta misura si potrà avere da lui un rendimento ottimo; se non lo si controlla potrà avere sbandamenti per troppo zelo. Io spero che avremo in lui un bravo padre della Consolata.
(relazione di padre Andrea Salvini, suo formatore)

Sacerdote idealista, con una personalità forte. Quando parlava del suo lavoro missionario, mostrava una gran passione, la passione per gli indios, per aiutarli ad essere persone. Egli aveva idee originali e lottava per esse.
(Mons. Benvegnù, parroco dell’Ausiliatrice di Porto Alegre, Brasile)

Un missionario, vulcano nelle idee e nelle iniziative, instancabile nell’attività, dal cuore grande, buono e generoso. Qui al Catrimani ha sviluppato un nuovo metodo di contatto e dialogo con gli indios. Metodo che avrà importanza e sviluppi sempre maggiori.
(padre Saffirio, missionario della Consolata al Catrimani, Brasile, 1968)

Era un giovane con una carica, come dire, provvidenziale, esplosiva dentro il cuore. Tutto per gli altri, niente per sé. Freddamente, davanti alla tragedia che lo ha visto vittima, potremmo dire che laggiù, nella selvaggia Amazzonia, aveva trovato il suo posto. Là soltanto c’era aria per i suoi polmoni.
(Don Cafasso, parroco di Carrù, Cn, 17 dicembre 1968)

Non si accontentava delle mezze misure.
(sua sorella Margherita)

Pietà profonda, volontà tenace, studioso con vocazione sicura.
(don Oderda, suo parroco)

Un gioco per conoscere padre Giovanni

Materiali
Silvano Sabatini, Sangue nella foresta amazzonica, Emi, 2002. Il libro sulla vicenda del massacro di padre Calleri e degli altri otto membri della spedizione.

Un gioco introduttivo per rompere il ghiaccio e per iniziare a far conoscere padre Calleri ai ragazzi.
Dividere i ragazzi in diverse squadre di 5-6 membri ciascuna.
I ragazzi membri della stessa squadra si siedono affiancati l’uno all’altro in fila ciascuno su una sedia.
Ciascun ragazzo deve avere un piccolo secchio vuoto tra le mani.
Sia da una parte della fila che dall’altra c’è un tavolino.
Sun uno dei due tavolini l’animatore posiziona i seguenti oggetti:
1) Un foglio con il testo della vita di padre Giovanni Calleri. Si può usare il breve testo introduttivo di questo articolo. Gli animatori che volessero approfondire possono leggere il dossier di Missioni Consolata di ottobre 2018 dedicato a padre Giovanni: Ricordando padre Giovanni Calleri, vulcano d’amore oppure il libro di padre Silvano Sabatini, Sangue nella foresta amazzonica. La spedizione di padre Giovanni Calleri tra gli indios waimiri-atroari, EMI, Bologna 2002.
2) Una piccola scatola vuota
3) Tanti pezzi di carta sui quali i ragazzi scriveranno delle frasi
4) Una penna per scrivere

Foto del funerale.
Come si svolge il gioco

1) Al via i primi più vicini al tavolino si alzano, leggono il breve testo della vita di padre Giovanni e scrivono su un pezzo di carta una parola chiave che secondo loro riassume la vita di padre Giovanni.
2) Dopo aver scritto la parola chiave sul foglietto, lo ripiegano e lo inseriscono nella scatolina che ciascuno trova sul suo tavolino.
3) I ragazzi tornano al loro posto con la scatolina, si siedono e lanciano la scatolina al compagno di squadra accanto a loro facendo canestro nel secchio. Il secondo ragazzo prende la scatolina dal secchio e la lancia nel seccio del terzo, e così via fino all’ultimo ragazzo della squadra. Quando la scatolina cade a terra, il ragazzo che l’ha lanciata la raccoglie e ritenta il lancio nel secchio finché non riesce.
4) L’ultimo apre la scatola, apre il bigliettino e lo mette sul secondo tavolino, poi porta la scatolina sul primo tavolo.
5) A questo punto si alza il secondo ragazzo della fila per fare la stessa cosa del primo, e così via fino a che tutti i ragazzi hanno letto il testo e scritto la loro parola chiave.
6) Vince la squadra che per prima fa arrivare tutte le parole chiave al secondo tavolino.

Conclusione del gioco

L’animatore a questo punto legge il testo dal quale tutti i ragazzi hanno tratto le loro parole chiave, e poi legge le parole chiave scritte da tutti per chiedere ai ragazzi di spiegarle.
Dopo questo momento, l’animatore, se vuole, può offrire ai ragazzi un approfondimento sulla figura di padre Giovanni (eventualmente anche mostrando le foto che lo raffigurano).

Preghiera conclusiva

Posizionare sotto l’altare o sul pavimento una o più bandiere del brasile o dell’amazzonia e alcuni bastoni – come i bastoni da passeggio degli anziani, o quelli che si usano per camminare in montagna. Le bandiere devono avere diversi nodi.
Dare a ciascun ragazzo un nastro, una penna e un foglietto con le seguenti due domande:
1. Che cosa è che mi sostiene nella vita (p. Calleri era sostenuto dalla preghiera quotidiana, dal suo ideale e entusiasmo missionario e dai confratelli)
2. Qual’è il mio ideale, cos’è che voglio essere nella vita, a che cosa Dio mi chiama? Quale è la mia missione?

Canto: Vocazione

Con il sottofondo della musica del canto appena fatto, un ragazzo o l’animatore legge le seguenti parole su padre Giovanni (tutte o solo alcune). Dopo ogni brano letto, tutti cantano di nuovo il ritornello:

RIT: Tu Dio che conosci il nome mio
fa che ascoltando la tua voce
io ricordi dove porta la mia strada
nella vita, all’incontro con Te (x2)

  1. Sapesse quante volte sono andata a trovarlo in seminario, e tutte le volte, non so per quale misterioso impulso, facevo la parte del diavolo, gli dicevo: “Giovanni, vieni via [dal seminario]. Sai bene che anche tuo padre ti vorrebbe ingegnere! Abbiamo i mezzi per farti studiare”. Ma ogni volta mi rispondeva: “Perché vuoi rovinarmi la strada? Stai sicura la percorrerò tutta, sino in fondo, costi quel che costi”. Era deciso, ostinato, altruista.
    (sua mamma 17 dicembre 1968)
    Non si accontentava delle mezze misure.
    (sua sorella Margherita)
    Pietà profonda, volontà tenace, studioso con vocazione sicura.
    (don Oderda, suo parroco)
  2. Cara mamma e care sorelle,
    Padre Giovanni Calleri nel giorno della partenza della spedizione.

    […] Vi dò una notizia: mi trovo in questo momento a Manaus, capitale dell’Amazzonia, per preparare una missione straordinaria: stavolta è molto difficile e dura. Il governo nazionale, che sta costruendo una grande strada intercontinentale tra il Brasile e il Venezuela, e detta strada (la BR-174, ndr) è costretta a passare in una zona occupata completamente da Indios ferocissimi, di dove nessuno è mai riuscito a venir fuori vivo, ha chiesto ufficialmente l’intervento del nostro Istituto, il quale scelse me per eseguire l’impresa. Centoventi persone, in questi ultimi anni, hanno perso la vita sotto le frecce degli Indios, nel tentativo di pacificarli. La cosa è parecchio grossa: ne parlano giornali e radio…. Ma io accettai. Il coraggio non mi è mai mancato. Se il nostro Istituto non accettava di intervenire erano duemila indios che venivano massacrati con bombardieri. Sinceramente, non sono sicuro di farcela. Ci metterò, però, tutta la prudenza e lo studio per evitare momenti brutti. Ma una cosa è certa: che questi gruppi di Indios sono espertissimi nel cogliere l’individuo quando meno se lo aspetta. Che lo Spirito Santo mi mandi la sua luce quando sarà tempo! In Catrimani, ora, le nove tribù con cui sono venuto in contatto, sono miei amici, molto… È costato parecchio duro lavoro, ma tutto andò bene: questa volta, invece, non lo so… Non è nemmeno il caso di dirvi di pregare. Già lo farete e lo farete fare. Sono con Dio e la sua buona collaborazione […]. Arrivederci presto! Giovanni.

  3. La missione del Catrimani diventa il suo mondo per due anni. 600 km (lungo il fiume) gli separano dalla prossima missione a Boa Vista, la sede della Prelazia. Le sue giornate sono scandite da due ore di preghiera il mattino con la celebrazione dell’eucaristia in privato, e dieci ore di lavoro con gli indigeni. Mette in piedi una capanna che gli possa servire da casa e alcuni magazzini. Avvicina la gente e da loro cerca di imparare la lingua: per lui è una priorità. Cura le persone con le poche medicine che ha a disposizione. Non regala niente, anche perché la gente già conosce il baratto. Offre oggetti indispensabili in cambio di ore di lavoro («mamo» sono dei cartoncini che usa come «moneta di scambio» in base alle ore di lavoro fatte). Disbosca, costruisce, dissoda terreno per piccole coltivazioni. La gente impara a conoscerlo e collabora volentieri con questo straniero gentile, rispettoso e tanto laborioso. L’inizio di questa missione è incoraggiante.
  4. Carissimi fratelli, la storia del nostro Istituto, specialmente nei suoi inizi, passa attraverso i piccoli cimiteri di missione. Semplici croci su umili tombe segnalano il passaggio di Dio in quelle terre lontane. È la vecchia storia, tante volte ascoltata, e frequentemente dimenticata, del chicco di grano che muore sottoterra per dare vita a un nuovo germoglio. Visitando i cimiteri di missione si ha l’impressione di assistere a un vero miracolo: il miracolo di alcune vite che, anche se sotto terra, continuano a vivere. È il miracolo di quelle persone che credettero quando nessuno credeva, che sperarono contro ogni speranza. Una lapide con un nome e due date, quella della nascita e quella della morte. Due date che la polvere e il tempo cancellano, ma che sono le orme dei passi di Dio in quella terra. Così sono le tombe coperte dalla sabbia o dalle erbacce dei primi missionari che si avventurarono in terre lontane e le tombe dimenticate di centinaia di uomini e donne che decisero di consacrare tutta la loro vita a Dio per le missioni, fino alla morte. (p. Stefano Camerlengo)
In ascolto della parola: Dal vangelo secondo Matteo 5, 13-16
Padre Giovanni Calleri tra gli indios Yanomami.

Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli.

Breve commento della guida seguito da un momento di silenzio nel quale ciascuno può esprimere un’intenzione libera.

Preghiera a cori alterni

Dio nostro, noi ti preghiamo: sui
popoli che camminano nelle tenebre
fa’ sorgere la luce. Rivela tuo
Figlio, Principe della pace, e saranno
distrutti tutti i segni della guerra.
(Is 9,1-6)

Dio nostro, noi ti preghiamo:
manda su tutti gli uomini la tua parola,
sii tu l’arbitro tra le genti e
un popolo non alzerà più la spada
contro un altro popolo. (Is 2,2-5)

Dio nostro, noi ti preghiamo: venga
presto il tuo Messia, nostro Re, egli
disarmi il suo popolo e annunci la
pace a tutte le genti. (Zc 9,9-10)

Dio nostro, noi ti preghiamo: rendici
operatori di pace che rinunciano
a difendersi e vanno come agnelli
disarmati in mezzo ai lupi.
(Mt 5,9-10.10,16)

Dio nostro, noi ti preghiamo: donaci
la capacità di perdonare ogni offesa,
fa’ che amiamo i nostri nemici
e ogni uomo si riconoscerà tuo
figlio. (Mt 5,38-48)

Segno:

Ciascun giovane scrive la sua risposta alla domanda 1 sul nastro e riflette sulla domanda 2. Poi va davanti all’altare, in preghiera, lega il nastro al bastone e sciogliendo un nodo della bandiera chiede la grazia di essere aiutato dal Signore nella ricerca della risposta alla domanda due e alla sua realizzazione.

Signore, insegnami a librarmi con Te,.
Perché vivere non è trascinare la vita,
non è strapparla, non è rosicchiarla,
vivere è abbandonarsi come un gabbiano all’ebbrezza del vento.
Vivere è assaporare l’avventura della libertà.
Vivere è stendere l’ala, l’unica ala, con la fiducia
di chi sa di avere nel volo un partner grande come Te.
Ma non basta saper volare con Te, Signore.
Tu mi hai dato il compito di abbracciare anche il fratello e aiutarlo a volare.
Ti chiedo perdono, perciò, per tutte le ali che non ho aiutato a distendersi.
Non farmi più passare indifferente vicino al fratello che è rimasto con l’ala ,
l’unica ala inesorabilmente impigliata
nella rete della miseria e della solitudine
e si è ormai persuaso di non essere più degno di volare con Te;
soprattutto per questo fratello sfortunato, dammi, o Signore, un’ala di riserva.
(don Tonino Bello)

Benedizione e canto finale: Resta qui con noi

Centro di Animazione Missionaria di Martina Franca (Ta)

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