Slow page dei Missionari della consolata

Benedetti in lei

Il tempo della figliolanza di Dio

Particolare della «Annunciata» di Antonello da Messina, 1475.


Nella seconda parte del suo inno, Maria esulta per le grandi opere compiute da Dio nella storia. Con lei si apre il tempo del terzo esodo, del rovesciamento delle logiche del mondo, delle promesse compiute, della benedizione, della figliolanza.
Ecco la terza puntata di tre sul Magnificat.


Le precedenti due puntate:
Amico di luglio: Grandi cose ha fatto Dio
Amico di maggio: Magnificat, inno alla nuova alleanza


Nella seconda parte del Magnificat si legge: «Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote. Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza, per sempre» (Lc 2,51-55).
In questi versetti si verifica uno spostamento di enfasi: si passa dall’esperienza di Maria alla storia di Israele, costellata delle grandi azioni operate da Dio.
Nella prima parte dell’inno, si esaltavano la bassezza e l’umiltà di Maria, qui si esaltano tutti gli umili (tapenoi) che hanno uno spirito di umiltà.

Il terzo esodo

In questo segmento dell’inno, le azioni, nonostante siano descritte con verbi al passato, hanno un valore al presente e si proiettano al futuro. Tutti gli atti compiuti da Dio, infatti, investono gli umili sia nel loro presente che nel loro futuro.
Già al versetto 51 si sente l’eco delle azioni che Dio, «con mano forte e braccio teso», ha operato per liberare Israele dalla schiavitù dell’Egitto. La locuzione «con mano forte e braccio teso» è la tipica frase per descrivere le azioni potenti che Dio compie a favore del suo figlio primogenito (cf. Es 4,22; Dt 4,34; 26,8). È interessante notare che questa espressione è anche usata nel deutero Isaia per descrivere l’evento del secondo esodo, quello dell’esilio di Babilonia: «Svegliati, svegliati, rivestiti di forza, o braccio del Signore. Svegliati come nei giorni antichi, come tra le generazioni passate» (Is 51,9).
Il braccio che a suo tempo realizzò il primo esodo e poi il secondo, ora, per bocca di Maria, è annunciato come lo strumento che realizzerà il terzo esodo, quello messianico, quello di coloro che temono Dio, gli umili di cuore e i poveri in spirito, quello che sarà realizzato da suo figlio. Non sarà più un esodo del solo popolo di Israele, ma abbraccerà tutti «coloro che temono Dio», gli anawim di tutti i tempi.
Con questo canto Maria spinge il suo sguardo lontano nel tempo e annuncia una speranza di salvezza per quanti se ne riconosceranno bisognosi.
L’esodo venturo, annunciato da Maria, vedrà l’azione potente di Dio dispiegarsi nel tempo. Essa vanificherà e disperderà i progetti dei superbi che si credono intoccabili.

Il rovesciamento

Rifacendosi alla preghiera salmica, Maria canta i segni e i prodigi operati da Dio, la potenza del suo braccio che disperde l’alterigia degli orgogliosi.
Qui si nota la logica divina che contraddice quella umana. Nel cantico di Maria, infatti, si verifica un capovolgimento: gli umili sono innalzati, i potenti vengono abbassati (cf. Lc 14,11), gli affamati vengono saziati e i ricchi devono guardarsi le mani vuote.
Finalmente si adempie quanto era riecheggiato nel cantico di Anna, madre del profeta Samuele (cf. 1Sam 7,7-8), e sottolineato nel libro del Siracide e in quello di Giobbe: «Dio rovescia dal trono i superbi e fa sedere gli ultimi al loro posto» (Sir 10,14); «Egli ha rovesciato i potenti» (Giob 12,19); «Egli colloca in alto gli umili» (Giob 5,11).

Le promesse compiute

Dopo il canto dossologico delle grandezze di Dio, operate nei tempi antichi e nel fluire della storia della salvezza, si passa al compimento delle promesse fatte al nostro padre Abramo e alla sua discendenza.
Abramo è oggetto di tre promesse da parte di Dio: la discendenza numerosa; il possesso della terra e, infine, la benedizione della sua discendenza.
Si deve notare che nel corso della storia, le prime due promesse sono state pienamente realizzate. Israele è diventata una grande nazione e, dopo un lungo peregrinare nel deserto, ha ottenuto il possesso della terra, dove scorreva «latte e miele» (Es 3,8). Mentre la promessa riguardante la benedizione della discendenza sarà realizzata dal Cristo.
Per capire questo si deve stabilire un parallelo tra Abramo e Maria. Come Abramo, anche Maria diventa fonte inesauribile di benedizioni per tutte le genti. Abramo è benedetto da Melchisedek, mentre Maria da Elisabetta. Nel suo cantico Maria stessa dice che ella sarà benedetta da tutte le genti e generazioni. In aggiunta, Maria, come Abramo, è «benedetta» e «lodata» a causa della sua fede. Abramo e Sara ottengono il figlio della promessa e Maria, pur essendo vergine, diventa madre, come dice Dante, «Vergine Madre, figlia del tuo figlio».
Qui si avverte la grandezza della fiducia di Maria nella parola di Dio. Ella crede senza tentennamenti: «Avvenga di me quello che hai detto» (Lc 1,38). Le leggi della natura si devono piegare alla parola pronunciata da Dio.
Continuando il parallelismo tra Abramo e Maria, rileviamo che, come Abramo è costituito «padre dei credenti» (cf. Rom 4,16; Gal 3,7), così anche Maria, sotto la croce, per mandato del Figlio, diventa la madre di tutti coloro che credono, rappresentati dal discepolo amato (cf. Gv 19,27).
La fede che Maria esprime nel momento dell’annunciazione, la conduce sotto la croce dove diventa la madre della Chiesa.
Nel versetto conclusivo del cantico si legge: «Come aveva detto ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza per sempre». Le promesse che Dio fece ad Abramo si sono realizzate in pieno nella persona di Maria, che inaugura il periodo definitivo della storia salvifica: lei è, infatti, la madre di Cristo Gesù, ultima Parola del Padre.

Per tutte le generazioni

Sia l’alleanza sinaitica sia quella davidica sono state disattese da Israele, ma Dio non rinuncia al suo piano di salvezza e, nella pienezza del tempo, ratifica una nuova alleanza con il sangue del suo Figlio. Compie questo perché vuole estendere la sua misericordia a tutte le generazioni.
Nel cantico di Maria, Luca stabilisce una connessione non con Davide, rappresentante di Israele, ma con Abramo, che la scrittura presenta come colui nella cui persona «tutte le famiglie saranno benedette» (Gen 12,3).
La conclusione mi sembra abbastanza evidente: come Abramo è il padre di tutte le famiglie della terra, Maria è la madre di tutti quelli che nel fluire del tempo credono nel Figlio.
Quando canta il suo magnificat, Maria non parla a Dio, ma racconta alla comunità la sua esperienza di Dio. Il cantico è il racconto all’assemblea cristiana della sua fede. Maria invita le comunità a cantare le grandezze che Dio ha operato per Israele e che continua a operare per tutti quelli che lo temono. Non è un annuncio di eventi, ma un racconto di esperienza. Una esperienza così forte che diventa un’esplosione dossologica all’indirizzo di Dio.

di Antonio Magnante

Leggi, scarica, stampa da MC ottobre 2022 sfogliabile.

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