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Casa Milaico. Il Covid agli occhi dei ragazzi

Quello che il Covid ci ha tolto, quello che ci ha restituito.

2020. Un anno che non scorderemo facilmente. Un anno tondo, che le future generazioni ricorderanno senza fatica quando si ritroveranno a studiare questa gigantesca pandemia nei libri di storia.

Ma per essere sicuri di non dimenticare nulla di questo momento così particolare, abbiamo deciso di condividere i pensieri che frullano nella nostra mente a quarantena temporaneamente assopita. Sono i pensieri dei ragazzi del gruppo “angurie wasafiri” di asa Milaico (Nervesa della Battaglia – Tv -). Ragazzi tra i 17 e i 18 anni che hanno visto nella reclusione forzata della scorsa primavera aspetti negativi, ma anche positivi.

I 18 anni, si sa, sono un momento speciale della vita. Un anno importante e ricco di cambiamenti. I ragazzi classe 2002 però lo hanno vissuto in maniera molto diversa da quella dei loro amici più grandi.

«Avrei dovuto festeggiare il mio diciottesimo compleanno con una super festa. Mi immaginavo già un evento indimenticabile, ma alla fine l’ho passato solo con la mia famiglia. Devo ammettere però, che è stato davvero speciale. Aspettare la mezzanotte con i miei migliori amici su Zoom, sciabolare la bottiglia di Prosecco con i miei fratelli e ridere: è stato comunque indimenticabile».

Particolare riguardo è stato dato al contributo della tecnologia, alleata e grande compagna di questo periodo.

«E per fortuna che c’è la tecnologia! Se non ci fosse stata, saremmo stati completamente isolati, e affrontare questa quarantena sarebbe stato ancora più difficile».

Un grande grazie anche al Montello: mai come ora ci rendiamo conto di quanto sia importante stare all’aria aperta, e di quanto siamo fortunati ad avere la possibilità di aprire la finestra e vedere il verde della natura.

«Non mi sarei mai aspettato l’arrivo del Covid-19 in Italia, e di salvare vite umane rimanendo a casa. In realtà non mi sono mai sentito veramente in quarantena perché nel mio tempo libero ho aiutato mio nonno nei campi a innaffiare le piante, coltivare girasoli, patate e altri ortaggi».

Abbiamo vissuto di più la nostra casa, riconoscendoci però sempre più parte di una grande «casa comune». Ci sentiamo più italiani perché sentiamo che stiamo combattendo tutti insieme, forse per la prima volta, «contro» la stessa cosa. Ci sentiamo più umani, perché percepiamo che stiamo vivendo una situazione comune a tutta l’umanità, come se tutto il mondo stesse guardando nella stessa direzione in cui stiamo guardando noi. Che bello se questo fosse possibile anche in altri momenti e non solo a causa di un virus.

«Abbiamo capito il valore della libertà, e scoperto la forza di un Paese che può andare avanti se è unito».

Sulla noia i pareri sono discordanti. C’è chi si annoia da morire e non ne può più di stare chiuso in casa e chi invece ammette, forse un po’ timidamente, che stare a casa è bello.

«Io non l’ho vissuta male questa situazione, mi piace stare a casa».

Chi in questo stop forzato non si è rilassato affatto, a causa della scuola.

«Faccio più adesso di quando non c’era la quarantena!».

Per chi lavora il discorso cambia, la quarantena quasi non si è sentita. È stato importante però vedere le reazioni di altri amici che invece non hanno potuto lavorare e stare loro vicino.

«Ho capito che nei momenti, bui se una persona ha inventiva e voglia di fare, riesce sempre a rialzarsi, a reinventarsi e a mettersi in gioco, sfruttando l’occasione per scoprire nuove passioni».

Ci sono cose che ovviamente sono mancate, come il contatto, gli amici, il calore delle persone, l’incontro dal vivo.

«In questo periodo ho sentito molto la mancanza del senso di appartenenza ad una comunità, dell’incontro settimanale in oratorio con i giovanissimi, le attività mensili a Milaico, la messa alla domenica e tutte quelle altre piccole cose che ti avvicinano agli altri».

Ma anche risorse che al contrario si sono scoperte e rinnovate.

«È stata un’opportunità per scoprire le nostre passioni e quello che ci fa stare bene. Ci ha permesso di apprezzare le cose veramente importanti, come la famiglia, o passare un po’ di tempo da soli con noi stessi. Cose a cui prima non facevamo molta attenzione, un po’ per la mancanza di tempo, un po’ perché le davamo per scontate».

Dare per scontato è un’espressione che si sente spesso in questo periodo. Quando veniamo privati di qualcosa ci rendiamo conto di quanto prima la dessimo per certa, per ovvia. D’altro canto è difficile rendersi conto delle cose quando le viviamo tutti i giorni, perché rischiano di diventare parte dello sfondo e di non essere notate.
Dobbiamo riconoscere a questo virus di aver riportato in primo piano delle cose che erano finite sullo sfondo grigio.

«Rimanendo a casa e vivendo la quotidianità abbiamo imparato ad apprezzare le piccole e belle cose della vita. Io personalmente ho capito che l’amore e l’affetto della mia famiglia non sono scontati, che l’amore va sempre ricambiato perché si mantenga forte. Anche un pensiero, una parola dolce o un aiuto, possono significare tanto per una persona».

Per concludere, un augurio di speranza:

«Confido che ne usciremo tutti un po’ migliorati, con la voglia di creare un mondo migliore di quello in cui vivevamo prima e la consapevolezza che anche i momenti più bui possono essere superati, se solo riusciamo a trovare la forza di accendere la luce».

di Paola, Sandro e i ragazzi del gruppo “angurie wasafiri”

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Giovani IMC

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