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Ius soli (#SenatoRispondi)

Riforma della cittadinanza un anno dopo…

È passato un anno dalla votazione alla Camera della riforma della legge sulla cittadinanza.
La legge è ora ferma da un anno e un mese alla Commissione Affari Costituzionali del Senato. Essa cambierebbe la vita a quasi un milione di giovani, nati e/o cresciuti in Italia: introdurrebbe infatti il principio dello ius soli temperato (temperato perché non consentirebbe di diventare cittadini per il solo fatto di essere nati sul territorio dello Stato italiano, come avviene invece, ad esempio, negli Stati Uniti) e dello ius culturae. La cittadinanza si potrà richiedere, cioè, se almeno un genitore ha un permesso di soggiorno EU di lungo periodo, o se si è nati in Italia o arrivati entro i 12 anni e si è completato un ciclo di istruzione nel nostro Paese. Non è la soluzione ottimale all’annosa questione della cittadinanza, ma appare comunque un progresso rispetto situazione attuale…

Ius sanguinis
La legge in vigore, che basa, invece, l’acquisizione della cittadinanza sul diritto di sangue (ius sanguinis), risale al 1992 (L. 91 del 5 febbraio ‘92). Molte cose sono cambiate, eppure, tuttora è più facile che ottenga la cittadinanza un discendente di italiani residente in Sud America che non ha mai vissuto in Italia e che, talvolta, aspira ad avere la cittadinanza italiana solo per ottenere un più veloce ingresso in Nord America, piuttosto che un giovane nato e cresciuto in Italia, figlio di genitori immigrati, che considera l’Italia il suo Paese e per il quale l’italiano è la prima lingua.

La fatica di essere riconosciuti
Questa situazione segnata da difficoltà e procedimenti lenti, complessi e discriminatori per l’ottenimento della cittadinanza, ha portato, anche, a casi sempre più frequenti di giovani che, cresciuti in Italia e ottenuta la cittadinanza dopo 10 anni o più di residenza continuativa e molte file e richieste per il rinnovo del permesso di soggiorno, esasperati hanno poi usato quella cittadinanza per andare all’estero in cerca di maggiori opportunità e riconoscimento. Siamo dunque di fronte a una generazione di giovani che faticano ad essere riconosciuti come italiani, nonostante lo siano di fatto, e che, quindi, una volta ottenuto il riconoscimento dello status di cittadini di diritto, poiché esasperati, lasciano l’Italia alla ricerca di migliori occasioni. Nella peggiore delle ipotesi, inoltre, il mancato riconoscimento e il perpetuarsi di situazioni di discriminazione possono anche portare allo sviluppo di identità reattive, caratterizzate da odio e rabbia verso la società “ospitante” e a fenomeni di radicalizzazione violenta.

Italiani con permesso di soggiorno
Il 13 ottobre 2016, un anno dopo la votazione alla Camera della riforma, molti giovani di origine straniera, seconde generazioni, figli di coppie miste, attivisti, simpatizzanti e sostenitori della riforma, dato l’immobilismo delle istituzioni e delle organizzazioni che negli anni passati avevano sostenuto la causa, molti giovani di origine straniera, seconde generazioni, figli di coppie miste, attivisti, simpatizzanti e sostenitori della riforma, hanno deciso di auto-organizzarsi nel gruppo “Italiani Senza Cittadinanza” (#ItalianiSenzaCittadinza) e di riunirsi davanti alle Prefetture di diverse città d’Italia e, a Roma, vicino al Senato, promuovendo un flash mob: hanno mostrato dei lenzuoli bianchi che testimoniavano il loro sentirsi come fantasmi, “cittadini invisibili” di uno Stato che fatica a riconoscere la loro esistenza e i loro diritti e perpetua la loro condizione di “italiani con il permesso di soggiorno”, la “generazione involontaria” di Tahar Ben Jelloun, di coloro che si trovano migranti senza averlo deciso. Una delegazione, composta da alcuni rappresentanti del gruppo e dalle associazioni promotrici della Campagna l’Italia sono anch’io (campagna che, nel 2011 e 2012, aveva raccolto più di 200mila firme su due proposte di legge di iniziativa popolare sulla riforma della cittadinanza e il riconoscimento del diritto di voto amministrativo dei cittadini stranieri), ha, inoltre, incontrato, sempre il 13 ottobre, la presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato, Anna Finocchiaro, che ha assicurato l’impegno di portare avanti la riforma. Successivamente, il 26 novembre, la delegazione ha incontrato, anche, il presidente del Senato, Pietro Grasso per sollecitare una rapida calendarizzazione della proposta di riforma della legge. Il presidente ha assicurato il suo personale impegno per la sua approvazione.
La mobilitazione ha avuto molta eco e diverse sono state le azioni intraprese offline e online. Oltre al flash mob, infatti, è stata lanciata anche la condivisione di una serie di cartoline (#CartolineCittadine) che rappresentavano l’infanzia italiana dei giovani di seconda generazione attraverso foto di classe, di gite scolastiche, di vacanze estive.

Il CoNNGI
A fine ottobre si è, inoltre, costituito il Coordinamento Nazionale Nuove Generazioni Italiane (CoNNGI) con l’obiettivo di sostenere la causa e la richiesta di una Riforma della Cittadinanza Subito (#RiformaCittadinanzaSubito). Il gruppo, come dichiarano nella presentazione, è costituito da “italiani con una sola particolarità: non tutti abbiamo un documento che lo possa testimoniare”, giovani e giovani adulti ancora considerati estranei ed estranee nelle comunità delle quali si sentono parte. Il coordinamento non vuole però affrontare solo la questione della Cittadinanza, ma anche altri temi tra cui la Scuola, il Lavoro, la Cultura, l’Arte, lo Sport e la Partecipazione per contribuire a un cambiamento non solo legislativo, ma anche culturale. Conngi, appena costituito, ha deciso di sostenere la Campagna delle #CartolineCittadine di #Italianisenzacittadinanza regalando le foto-ricordo di scuola di alcuni membri.

“Subito era ieri”
La strada della riforma continua a non sembrare facile, nonostante le promesse di diversi rappresentanti delle istituzioni dello Stato, ma è sempre più necessaria perché il mancato riconoscimento è una bomba a orologeria che prima o poi potrebbe scoppiarci tra le mani e allora potremmo solo dire che “subito era ieri”, come hanno più volte affermato, con forza, in piazza, gli organizzatori della manifestazione dello scorso 13 ottobre.

di Viviana Premazzi

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