Slow page dei Missionari della consolata

Natale. Liberare spazio

Un bimbo entra in casa. Tutto comincia al nido.

Squilla il telefono! L’assistente sociale del C.A.V. (Centro Aiuto alla Vita) ci chiede di accogliere un bimbo per qualche settimana per dare la possibilità alla sua mamma di essere ricoverata in ospedale per un piccolo intervento. Una domanda semplice e chiara alla quale come famiglia rispondiamo con un’altra domanda: «Perché no?».
Ripercorrendo i fatti antecedenti a questa richiesta… tutto comincia all’asilo, quando grazie a nostro figlio, conosciamo Raimondo e la sua mamma, una famiglia in difficoltà, purtroppo come tante. Il piccolo è nato in Italia, lei è immigrata nel nostro paese alcuni anni fa e ora è sola. Deve accudire al piccolo e nello stesso tempo lavorare per portare a casa l’indispensabile per la vita di tutti i giorni. Il lavoro è saltuario (e continua a esserlo ora). Chissà quante preoccupazioni nel vedere il proprio figlio che cresce insieme ad altri bimbi ben più fortunati di lui. La ricerca di un posto di lavoro non porta i frutti sperati, è brutto dirlo in questo modo, ma il figlio da accudire è un ostacolo alla disponibilità che un lavoro richiede! Questo incontro ci provoca, ci fa riflettere, come tante altre volte nella nostra vita di giovani prima e di famiglia ora. Cosa fare? La domanda rimane senza una chiara risposta. Ma ci viene naturale dimostrarci aperti al dialogo, a raccogliere le sue preoccupazioni, i suoi racconti della terra d’origine. Le occasioni d’incontro sono quotidiane presso l’asilo, ma non mancano anche altri momenti occasionali in paese. Da questo punto di vista i bambini sono stupendi, non hanno nessun freno dovuto alla diffidenza, al colore della pelle, alla diversità di abitudini e di lingua. Giocano, si divertono, litigano. Anche questa familiarità non può lasciarci indifferenti. L’invito a casa per giocare insieme scatta naturale tra i bambini, ed è l’occasione per noi genitori per chiacchierare (e in questo le donne sono fantastiche!).
A metà novembre arriva la famosa telefonata dell’assistente sociale. L’ospedale rimanda di settimana in settimana il ricovero e così si arriva alla settimana prima di Natale. L’arrivo di Raimondo ci «costringe» a fare spazio in casa, per un altro letto, per un posto a tavola, per le attenzioni che richiede un altro bimbo di 2 anni.
Da subito ci rendiamo conto che occorre liberare spazio anche nel nostro cuore. Tutte le sere prima di addormentarsi Raimondo piange perché gli manca la sua mamma. Per trasmettergli il nostro affetto e la nostra vicinanza, cerchiamo anche di coltivare la relazione con la sua mamma, per rassicurarlo e farlo sentire «a casa» in nostra presenza. Spingiamo anche i nostri parenti «a fare spazio» perché Raimondo sta con noi tutto il periodo di Natale tra pranzi e festeggiamenti con zii, nonne, cugini, amici in una meravigliosa normalità. 
Da allora sono passati cinque anni e le occasioni di condivisione si sono susseguite di anno in anno.
Ricordiamo ancora oggi la provocazione raccolta durante la predica della messa di Natale di quell’anno: «Arriva Gesù, cosa vuol dire accoglierlo oggi?». Mai come in quel Natale ci è sembrata così chiara la risposta a quella domanda. E ringraziamo il Signore per averci spinto con il suo Spirito a dire di «sì». Il Signore è pronto a incontrarti nella vita di tutti giorni, ma spesso l’incontro dipende dai nostri «sì» e dai nostri «no». Da allora riflettiamo sulla normalità con cui è possibile rendersi disponibili agli altri. Abbiamo voluto condividere questa semplice esperienza proprio per la sua semplicità. Ci ha costretti a rallentare il ritmo per dedicare tempo all’incontro con l’altro e all’ascolto, a ridimensionare i nostri beni per condividerli con altri, ad aprire la porta di casa con lo sforzo di far sentire «a casa» chi vi entrava. Quanto sono vere le parole del vangelo di Matteo «ogni volta che avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me». Più fai spazio agli altri, più Gesù entra nella tua vita, e più la tua vita è piena di gioia. «Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza». Il nostro grazie è per Raimondo e la sua mamma perché ci permettono di incontrare e conoscere sempre di più Gesù che ci riempie della sua Grazia.

di Lella e Riccardo (Lmc Bevera)

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