Slow page dei Missionari della consolata

Venite… Vedrete… Gusterete… E annuncerete!

Chiara, 40 anni, Riccardo, 41, sposati da 14 anni, genitori di 3 figli: Paola, 10, Silvia, 8, e Marco, 5. Laici Missionari della Consolata originari della provincia di Lecco, dopo un’esperienza di due anni in Ecuador, dal 2006 sono missionari nella provincia di Treviso, anima gioiosa della casa Milaico di Nervesa della Battaglia e delle sue numerose attività di animazione missionaria.
www.milaico.it

Perché siete diventati missionari e, soprattutto, perché missionari della Consolata?
Non è stata una decisione improvvisa, ma piuttosto un prendere coscienza, attraverso un cammino durato alcuni anni, di un modo particolare di vivere la nostra vocazione di coppia, di famiglia. È stata una «scelta» naturale, maturata grazie alla testimonianza e all’accompagnamento di alcuni padri missionari e alla condivisione con altri giovani, amici, ora famiglie come noi.
Abbiamo conosciuto la Consolata a metà degli anni ’90 a Bevera (Lc): ci ha subito colpito lo spirito di famiglia, la voglia e l’entusiasmo di mettersi in gioco per andare verso gli altri con semplicità e umiltà. Ci è piaciuto poi lo stile di stare in Missione dei Missionari della Consolata…

Potete raccontare la vostra storia missionaria?
Dopo la frequentazione della casa di Bevera e la formazione missionaria, abbiamo scelto di condividere due anni della nostra vita (eravamo sposati da un anno e mezzo) con i missionari e la gente del «Fortìn», un quartiere periferico della metropoli di Guayaquil, in Ecuador, dove la Consolata era presente da alcuni anni. Lì abbiamo «lavorato» nel campo dell’educazione, animazione e pastorale; è stata un’esperienza bella, formativa, importante, forte!
Una volta rientrati e tornati alla solita «routine» abbiamo maturato il desiderio di ripartire coi nostri figli… questa volta però il Signore aveva messo sulla nostra strada non più l’America Latina ma il ricco Nord Est d’Italia!

Potete dire due parole sul «Nord Est»? Quali sono le sue sfide missionarie principali?
Non è facile oggi analizzare il contesto in cui viviamo, la provincia di Treviso… Sicuramente è una terra ricca ma che oggi tocca con mano le difficoltà della crisi economica. La gente pare un po’ smarrita, senza riferimenti, preda in parte della paura di perdere il «benessere», paura che purtroppo si trasforma in chiusura verso chi viene da lontano, è diverso. C’è molto pessimismo e poca voglia di mettersi insieme: «meglio difendere da solo quello che ho conquistato».
Le sfide missionarie sono quindi più difficili, perché partono dall’esigenza di cambiare prima di tutto uno stile di vita, di tornare a sentirsi Chiesa nel senso di appartenenza a una comunità fatta in primo luogo di relazioni, di condivisione, di accoglienza. Ci sembra che la ricchezza materiale abbia offuscato l’importanza di questi valori umani e cristiani fondamentali per il benessere vero. La nostra azione missionaria quindi cerca di andare in questo senso.
È comunque un contesto contradditorio, in quanto in mezzo a tutto ciò non mancano tanti e bellissimi esempi di persone e famiglie che spendono la loro vita «ordinaria» alla luce del Vangelo.

Che lavoro (missionario) state svolgendo oggi?
Formazione missionaria, incontri, testimonianze, convivenze, concerti, ritiri spirituali, attività pratiche, volontariato, campi estivi, animazioni… tutte attività che cercano di mettere al primo posto l’incontro con le persone, e l’incontro con Dio; alla fine la Missione della Chiesa è proprio questa: farsi strumento di un incontro tra Dio e l’uomo.

Quali sono la difficoltà e la soddisfazione più grandi della tua vita missionaria?
…difficoltà? Cambiare l’immaginario comune: missione = aiutare i poveri (lontani).
La soddisfazione è vedere che la casa in cui viviamo è un punto di riferimento per tante persone che qui vengono per coltivare o riscoprire una fede fatta di relazioni.
Essere apprezzati e valorizzati dalla Chiesa locale, dalla diocesi.

Potete raccontare un episodio significativo della vostra vita missionaria?
Siamo tornati dall’esperienza in Ecuador con Chiara incinta al 7° mese di Paola, la nostra prima figlia. Abbiamo condiviso tanto con la gente del Fortìn, ma l’essere genitori, diventare padre e madre, quello no. È difficile da spiegare ma è stato qualcosa che «è mancato». I bambini e le mamme hanno visto crescere la pancia di Chiara senza vederne il frutto… È stato bellissimo quindi tornare dopo 4 anni (nel 2007 accompagnando un gruppo di giovani per un’esperienza estiva) con Paola e Silvia, e ricevere ancora l’accoglienza gioiosa, sincera e riconoscente di tante persone con cui avevamo condiviso un pezzo di vita.

Quali sono, secondo voi, le grandi sfide della missione del futuro?
Intercultura, dialogo interreligioso, giustizia e pace… sono tematiche già da alcuni anni presenti nell’agenda dei missionari. Sicuramente sono gli ambiti di lavoro del futuro, anche se per noi è fondamentale il come, cioè la testimonianza di una comunità missionaria credibile prima di tutto per quello che è, e poi per quello che fa.

Cosa possiamo offrire al mondo come Missionari della Consolata? Quali sono le ricchezze che possiamo condividere con gli altri?
Come dicevamo all’inizio, lo spirito di famiglia, e le perle dell’Allamano, «il bene fatto bene», «prima santi e poi missionari», che da slogan devono essere trasformati in stimoli quotidiani per trasmettere agli altri, a chi ci sta vicino, che quello che abbiamo ricevuto ci è stato donato perché venga a sua volta donato.

Cosa possiamo fare, secondo voi, per avere più impatto nel mondo giovanile?
I giovani hanno bisogno, oggi più che mai, di esempi, di riferimenti a cui affidarsi e a volte aggrapparsi, quello che una volta era rappresentato naturalmente dalla famiglia. Più in generale i giovani hanno bisogno di entusiasmo, di speranza, di sentirsi accolti. Se useremo questi ingredienti faremo più colpo sul mondo giovanile.

Durante queste interviste chiediamo sempre di suggerirci uno slogan da proporre a tutti i giovani che si avvicinano ai nostri centri missionari. Cosa proporreste?
Venite…
Vedrete…
Gusterete…
E annuncerete!

di Luca Lorusso

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