Slow page dei Missionari della consolata

Donne altrove. R.D. Congo

Vi racconterò di donne conosciute per il mondo, creature forti e belle che creano, ricreano e si ricreano ogni giorno.

Ho conosciuto una donna. Abitava temporaneamente in una struttura per studenti gestita da un infermiere, fratello missionario. Era in stage presso il centro nutrizionale in cui l’ho incontrata; il tirocinio faceva parte del percorso di studi sociali secondari a cui era iscritta.
Un giorno non è venuta al centro, era a casa malata. La malaria forse aveva aggravato i suoi problemi intestinali. Di ritorno dalla sua malattia era più magra e lenta nei movimenti, ma la forza fisica che utilizzava per il lavoro era comunque superiore alla mia.
Quando è passata a trovarci alla casa provinciale dei missionari della Consolata in cui ero ospite ci ha portato del succo di zenzero preparato da lei, arancione per le polverine dolcissime che al mercato di Isiro vengono vendute per qualche decina di franchi. Le persone le comprano per vestire l’acqua a festa. Mi ha invitato più volte ad andare a trovarla, quando si fosse ripresa.
Alcuni giorni più tardi, un ragazzo (il figlio della sua vicina di casa) si è presentato al portone brandendo il mio nome storpiato come mot de passe (parola d’ordine): dopo qualche incomprensione con l’uomo che stava all’ingresso si è capito che cercava me, e che io ero chiamata ad uscire per seguirlo. Dopo una lunga camminata tra i sentieri della ville de la brousse (città della foresta, come la chiamo io), sono arrivata a destinazione, e Marie mi ha fatta entrare in casa sua.
Della casa di fango e paglia ho visto solo l’entrata, essendo sconveniente che gli ospiti entrino nello spazio privato delle camere da letto.
Seduta sulla sedia più bella, malferma sulla terra battuta tutt’altro che piatta, ho trascorso la maggior parte del tempo da sola – mentre Marie, in cucina, controllava sul fuoco i doni che mi attendevano. La cucina si trovava nella paillotte (capanna) accanto, in comune con le vicine di casa.
Marie viveva lì con la figlia, anche lei all’ultimo anno di secondaria, e altre studentesse. Le sarebbe piaciuto, però, vivere da sola con sua figlia, per evitare il rischio di confondere la ragazza con troppi esempi differenti. Mi ha confidato che progettava di lavorare un anno senza compenso per un padrone, allo scopo di ottenere un piccolo terreno in cui andare a vivere e piantare un orto. Le difficoltà del progetto sarebbero state molte, non ultima le ricorrenti incursioni notturne dei ladri nei campi.
Marie si è fatta fotografare con le sue vicine – sua figlia era via per qualche giorno –, e dopo aver riempito alcune borse in plastica made in China mi ha accompagnata a casa, aiutandomi a ritrovare la strada e a trasportare le banane bollite, il succo di zenzero e i libota (pacchetti) di makayabo (stoccafisso) che aveva preparato per me: un regalo enorme!
Marie non ha superato gli esami di stato e io non sono mai riuscita a preparare un succo di zenzero così buono.
 

Di Nadia Anselmo

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