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H2Oro. Perché l’acqua deve restare pubblica.

Testo e filmato completo dello spettacolo che "Itineraria Teatro" ha rappresentato in tutta Italia con oltre 300 repliche, suscitando spesso tra il pubblico animati dibattiti, contribuendo alla presa di coscienza dell’acqua come bene comune essenziale.

Autori: Ongaro Ercole, De Giovanni Fabrizio
• Ongaro Ercole, autore di numerosi saggi di storia contemporanea, è direttore dell’Istituto lodigiano per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea. È autore di numerosi testi teatrali e letture sceniche e portavoce del Comitato lodigiano per l’acqua pubblica. Dal 2008 è membro del Comitato etico di banca Popolare Etica.
• De Giovanni Fabrizio, attore e autore teatrale, è tra i fondatori della Compagnia itineraria, attiva dal 1994. Nel 1991 e nel 1998 ha lavorato in due spettacoli di Dario Fo e Franca Rame e dal 2005 ha partecipato a tutte le loro nuove produzioni. Da oltre un decennio presta la voce alle marionette della Compagnia Carlo Colla e Figli di Milano.
 
Contenuti:
Testo e filmato completo dello spettacolo che "Itineraria Teatro" ha rappresentato in tutta Italia con oltre 300 repliche, suscitando spesso tra il pubblico animati dibattiti, contribuendo alla presa di coscienza dell’acqua come bene comune essenziale, stimolando l’interesse e l’assunzione di responsabilità rispetto alla sua gestione nei territori delle nostre province.
Tutto questo è stato possibile perché in questi ultimi anni l’acqua è stata un tema centrale nell’agenda politica italiana e una questione dirompente in diverse realtà locali, in cui sono venuti al pettine i nodi connessi alla sua privatizzazione.
Ma a dare dimensione nazionale alla questione è certamente stata l’approvazione della Legge Ronchi del 2009, che obbliga tutte le realtà locali alla privatizzazione del servizio idrico, tradizionalmente in mano a consorzi di Comuni.
Ai cittadini, rappresentati dal Forum dei Movimenti per l’acqua pubblica, non è quindi rimasta altra scelta che la raccolta delle firme per chiedere un referendum abrogativo. Un referendum che passerà alla storia per due primati: il numero delle firme raccolte (1.400.000) e il fatto di essere stato promosso non da partiti ma da associazioni.

Prefazione di Dario Fo


GUARDA IL TRAILER cliccando qui.


INDICE

Prefazione, di Dario Fo, 5
Presentazione, di Ercole Ongaro, 7

Prima parte, 11
Seconda parte, 31

Sipario, 65
Una produzione della Compagnia teatrale Itineraria, 66
Sullo spettacolo, 67
Golia è nudo, di Roberto Carusi, 68
L’Associazione Culturale e Teatrale Itineraria, 70
"Ringrazio", 72

Note, 75

Foto di scena, 81
 

PRESENTAZIONE

Prefazione di Dario Fo

La visione che del cosmo ci diedero gli scienziati antichi, diremmo primordiali, sulla dimensione dell’universo è a dir poco minimale. Anche nelle prime pitture di duecento secoli avanti Cristo la Terra è collocata nel centro del disegno e un numero ristretto di astri gira intorno al nostro pianeta. Il sole sta in disparte. Il suo compito è solo quello di illuminarci. Poi è successo che l’uomo al tempo di Galileo Galilei si inventò il primo cannocchiale e proprio Galileo fu un fanatico utilizzatore di quello strumento. E così, puntando gli occhi nell’universo all’istante gli apparvero centinaia, migliaia di nuove stelle che nessuno pensava esistessero. A questo punto qualcuno pensò: vuoi vedere che in quello sconfinato marasma ci si può trovare una gemella del nostro pianeta, con l’aria, gli animali e magari uomini simili a noi e gli alberi e il cielo e l’acqua?
Acqua! Per me questa parola ha un grande significato. Poiché posso ben dire d’esser nato e cresciuto dentro e sull’acqua. Questo magico ambiente era determinato dal Lago Maggiore, che per i miei occhi a quel tempo era un universo intiero. Il lago non era solo una conca piena di liquido azzurro carico di riflessi argentei e proiezioni di montagne che si specchiavano sdraiandosi su quel piano liquido e pulito, ma era un ambiente vitalissimo, con pesci di centinaia di specie diverse, pesci che saltavano a banchi, e uccelli che davano loro la caccia gettandosi in evoluzioni stravolgenti, barche di pescatori e di contrabbandieri che scivolavano leggerissime fra le onde e noi ragazzini che ci si tuffava dalle rocce che sorgevano dai punti più fondi. L’acqua era proprio il nostro ambiente naturale. Ci si nuotava, si giocava inseguendo ragazzine che gridavano fingendo spavento e poi si immergevano fin sul fondo, sfidandoci a seguirle. Si beveva quell’acqua senza preoccuparci se fosse o meno pulita. Ma che dico pulita? Pura!, come appena sgorgata dalla fonte, che stava giusto lassù, in cima alle montagne. Allora non c’erano imbottigliatori d’acqua intorno al lago e nemmeno fra i bricchi delle valli. Le fonti cosiddette miracolose per la salute erano numerose e diverse da non crederci… C’erano acque leggermente amare e altre con un fondo quasi profumato, acque che guarivano malanni alla pelle e al ventre e poi i "bagni" a mezza montagna, dove le donne che faticavano a restare gravide si immergevano e spesso riuscivano nel loro intento: di lì a poco il loro ventre si ingrossava… Qualcuno andava dicendo che intorno a quelle valli c’erano giovani che aiutavano quel miracolo.
Nelle leggi dei Comuni lacustri c’erano regolamenti severi contro chi inquinava quell’acqua versando magari residui di tintoria o scarichi di fabbrica. Ho visto officine chiudere da un giorno all’altro su ordine del mastro delle acque, un evento che oggi sarebbe paradossale e assurdo soltanto a pensarlo. Mi fece grande impressione venire a sapere a scuola che noi esseri umani, così come gli animali, eravamo composti in gran parte d’acqua e altrettanto valeva per le piante e i fiori. Sulla Valtravaglia una doccia altissima d’acqua precipita da più di trecento metri a picco. Sotto, a poca distanza, c’è una chiesa romanica del 1000, si chiama Santa Maria dell’Acqua Chiara e sul transetto c’è scritto in un latino dialettale: «Sacra è l’acqua di questa fonte. Rispettala, tienila da conto, offrila a chi ha sete e benedici pure i nemici tuoi ma non trarre mai vantaggio da essa: è sacrilegio, poiché se ne trai profitto Dio si sente offeso».

Presentazione di Ercole Ongaro

Quando, il 12 gennaio 2006, H2 Oro debuttò a Cologno Monzese, non avremmo mai immaginato che avrebbe superato le 300 repliche e che l’avremmo portato in quasi tutte le regioni d’Italia (escluse, per ora, la Sardegna e la Valle d’Aosta), nei più diversi spazi teatrali, suscitando spesso tra il pubblico animati dibattiti, contribuendo alla presa di coscienza dell’acqua come bene comune essenziale, stimolando l’interesse e l’assunzione di responsabilità rispetto alla sua gestione nei territori delle nostre province.
Tutto questo è stato possibile perché in questi cinque anni l’acqua è stata un tema centrale nell’agenda politica italiana e una questione dirompente in diverse realtà locali, in cui sono venuti al pettine i nodi connessi alla sua privatizzazione. Ma a dare dimensione nazionale alla questione è certamente stata l’approvazione della Legge Ronchi del novembre 2009, che obbliga tutte le realtà locali alla privatizzazione del servizio idrico, tradizionalmente in mano a consorzi di Comuni. Ai cittadini, rappresentati dal Forum dei Movimenti per l’acqua pubblica, non è quindi rimasta altra scelta che la raccolta delle firme per chiedere un referendum abrogativo. Un referendum che passerà alla storia per due primati: il numero delle firme raccolte (1.400.000) e il fatto di essere stato promosso non da partiti ma da associazioni. Ci attendiamo possa conseguire anche un terzo primato: raggiungere il quorum dei partecipanti, che manca agli appuntamenti referendari da una quindicina d’anni.
In questo primo decennio del XXI secolo il sistema finanziario, alla ricerca di investimenti garantiti e protetti, ha posato il suo cupido sguardo su beni comuni e servizi pubblici essenziali alla qualità della vita, nella certezza di rendimenti elevati e sicuri anche in tempo di listini borsistici deludenti. Ma i beni comuni – e l’acqua è il principale di essi, per la sua insostituibilità nel ciclo della vita – non devono essere alienabili né privatizzabili, perché sono di competenza delle comunità di appartenenza e non sono espropriabili o compensabili proprio per il valore che assumono in quei luoghi e per quelle persone. Pertanto non possono essere gestiti in modo appropriato dal mercato, finalizzato al profitto.
Per aggirare l’incompatibilità tra mercato e beni comuni/ servizi pubblici essenziali, è stato escogitato il trucco giuridico della separazione formale tra la proprietà del bene (che rimane pubblico, demaniale) e la sua effettiva gestione economica (affidata a terzi, a operatori economici con capitali pubblici o privati). Ma la proprietà formale conta assai poco, mentre sono i manager, ossia i gestori, ad avere il potere effettivo: poco importa, per esempio, che l’acqua resti parte del demanio pubblico, quando sarà la logica del profitto a fissarne il prezzo, a decidere sul se e sul quanto degli investimenti.
I dati raccolti in tre anni di lavoro presso l’Accademia nazionale dei Lincei e pubblicati nel volume Invertire la rotta mostrano come quasi vent’anni di privatizzazioni in Italia hanno comportato fenomeni costanti: aumento dei prezzi al consumo, declino degli investimenti, aumento del budget per la pubblicità, aumento degli stipendi dei manager, aumento delle spese per consulenze, lottizzazione partitica.
L’uso di un bene comune deve essere regolato. Le modalità principali sono state finora: 1) la statalizzazione a livello nazionale, la municipalizzazione a livello locale; 2) la partnership pubblico-privato; 3) la privatizzazione totale o regolamentata dall’autorità pubblica. In generale in Italia il pubblico, in termini di controllo dei prezzi e di ammontare degli investimenti, ha funzionato meglio del privato, anche quando quest’ultimo è stato regolamentato. Le numerose esperienze di "cattura del regolatore" dimostrano che il potere e la forza del privato possono, anche in un quadro di norme e regole, compromettere la funzione del controllore.
Gli studi di Elinor Ostrom – premio Nobel per l’economia 2009 – stanno aprendo una nuova via di gestione: abbandonare le categorie ideologiche dello "stato" e del "mercato", come regolatori unici nella soluzione dei problemi di interesse collettivo, per sperimentare un’alternativa basata sulla valorizzazione di istituzioni collettive espressione dei movimenti o delle forme organizzate della società.
I beni comuni possono essere gestiti con migliori risultati ambientali e sociali in un ambito di regole e istituzioni comunitarie. Ipotizzare l’attribuzione di un valore comunitario ad alcuni beni e servizi si pone contro il riduzionismo prevalente in ambito giuridico, che assume la proprietà (privata o pubblica) come unica forma di titolarità della ricchezza e di conseguenza "proprietarizza" i beni comuni. In questa prospettiva si potrebbe guardare al modello francese della "democrazia di prossimità", che ha ispirato il processo di ripubblicizzazione dell’acqua di Parigi (sottratta nientemeno che alla multinazionale francese Veolia, la maggiore multinazionale mondiale nel settore idrico).
In Italia un filone di studi del diritto – di cui sono esponenti, tra gli altri, Alberto Lucarelli, Ugo Mattei, Stefano Rodotà – riflette su come riconquistare la sovranità popolare sui beni comuni attraverso la partecipazione dei cittadini: gli organi di governo delle aziende che si occupano a livello locale della gestione dei beni comuni devono essere composti anche da rappresentanti dei cittadini, delle associazioni, dei comitati, dei movimenti, dei lavoratori: una gestione pubblica, partecipata dai cittadini e occasione di crescita e di responsabilità per le comunità, liberata dal controllo delle forze politiche, in sintonia con il dettato della Costituzione che vuole affidati i servizi pubblici essenziali "allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti" (art. 43). Un nuovo modello di "pubblico", un modello di "democrazia partecipata", alternativo al pubblico monopolizzato da partiti allo scopo di raccogliere consenso e estendere il controllo su centri di potere.
Questa è la nuova frontiera della democrazia, in controtendenza con la linea dominante tra le forze politiche e governative: perché la tutela dei beni comuni si connette alla salvaguardia dei diritti dei cittadini, alla difesa dell’ambiente e della qualità della vita sociale, ossia alla possibilità di un futuro non apocalittico. Un futuro alla cui costruzione siamo tutti chiamati e a cui con lo spettacolo H2 Oro abbiamo voluto portare il nostro contributo.

EMI Editrice Missionaria Italiana

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