Slow page dei Missionari della consolata

Io grande, tu piccolo. Noi… nel presepe.

Le figure al centro erano di dimensioni piccole, ognuna di colore diverso, per lo più bambini, di origini intercontinentali, ma con una caratteristica comune: tutti erano rappresentati nell’atto di lavorare…

All’interno 237/11 di via Filadelfia, a Torino, si trova una piccola chiesa moderna, una struttura architettonica poco eloquente, sede di una parrocchia in un quartiere residenziale di periferia. Se la si nota è per caso e se si decide di entrarvi non è per rimanere stupiti: anche l’interno appare essenziale, diciamo pure spoglio.
Eppure non tutto è come sembra. Nel periodo natalizio, sotto l’altare c’era una lampadina a rappresentare la stella cometa nel presepio di cui, avvicinandosi, si scopriva la fattura artigianale. I personaggi intagliati nel legno, dipinti a mano, erano di due categorie. Alcune figure di grandi dimensioni erano simpatici e paciosi personaggi in costume d’epoca: nobili del Seicento che parevano usciti da un libro di fiabe dove accanto al cuoco pasticcione appare una fata e si sogna del principe azzurro senza sottrarsi dalla paura per l’orco cattivo. I grossi personaggi, sistemati in semicerchio a delimitare il presepe, sorridevano dai loro abiti che, larghi, proteggevano le abbondanti riserve addominali. Le figure al centro erano invece di dimensioni più piccole, ognuna di colore diverso, per lo più bambini, di origini intercontinentali, ma con una caratteristica comune: tutti infatti erano rappresentati nell’atto di lavorare (chi scavava, chi portava mattoni, chi un otre d’acqua). Anch’essi sorridevano.
Grandi e piccole figure colorate, la cui dimensione era stata pensata forse per questione di prospettiva o risultata da una casualità tipica delle opere artigianali… Ma ad una più attenta osservazione appariva una terza categoria; quasi piccoli come i lavoratori-bambini, tre personaggi a cavallo: i Re Magi. Le corone sulla testa, i manti in spalla, il portamento nobile… le dimensioni piccole. Perché? E la natività, c’era?
Gesù, Maria e Giuseppe c’erano, e asinello e bue non potevano mancare: statuine classiche che ogni anno contano centinaia di sosia sugli scaffali dei supermercati dove appaiono come per magia da un giorno all’altro grazie all’accurato lavoro di commessi e negozianti. Tutti le conosciamo e, sebbene le più importanti, non importava che risultassero minuscole sullo sfondo del cielo, sapevamo come sono fatte. Quest’anno ci interessava vedere il resto.
Invece, i tre re chiamati dall’Angelo a seguire una stella che li avrebbe guidati in una mangiatoia non sapevano cosa avrebbero visto, non potevano immaginarlo; si incamminarono con fede (e forse un pizzico di curiosità!). Per questo si fecero piccoli, si sbarazzarono dell’altezzosità nobile, seguirono il cammino dei poveri, la meta dei pastori, la spinta di Dio.
Al centro di quella chiesa fredda, la genialità creativa di questo presepe, concepito come ogni anno da un consiglio pastorale attivo e realizzato da un parrocchiano-artista per nulla amatore, ha scaldato il cuore di chi lo ha guardato con il suo messaggio semplice e diretto, anche a chi ne ha colta solo una parte, si è soffermato solo su qualche personaggio.
E noi? Noi globali, noi internauti, continuamente connessi con il mondo se chiusi in casa a parlare con uno schermo piatto; noi che abbiamo bisogno di essere visti per valere; noi che abbiamo bisogno di vedere per credere; noi che vogliamo i colori del mondo addosso, oggetti di altri paesi in casa, cibi esotici nel piatto e nomi stranieri sui biglietti aerei, ma rivendicandone il possesso esclusivo; noi che facciamo del bene, salvo che al nostro vicino più prossimo; noi che ammiriamo la natività, ma che non la adoriamo; noi che pensiamo di avere da dare a chi è diverso da noi, senza pensare che anche lui può insegnarci molto…
Facciamoci piccoli noi, anzi riconosciamoci piccoli, riscopriamo la nostra vera dimensione di essere umano. Potremo incontrare l’altro e scoprire che è meraviglioso nella foresta guardare gli alberi dal basso perché solo così possiamo allo stesso tempo vedere le foglie, il tronco e il cielo, ed essere al riparo dalla pioggia.
 

Nadia Anselmo

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